Donne: La Siria tra cambiamento e sfide
Scritto da Radio Bullets in data Gennaio 4, 2025
DAMASCO – La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha rotto il silenzio sulla questione della stretta di mano non data con i funzionari della nuova amministrazione siriana a Damasco, tra cui Ahmed Al-Sharaa, il leader de facto della Siria.
Baerbock ha dichiarato che al suo arrivo nella capitale siriana, in quella che è considerata una visita storica da parte di un ministro europeo, era chiaro che l’incontro con i nuovi funzionari siriani, non avrebbe avuto le consuete strette di mano tipiche di questo tipo di incontri diplomatici.
I commenti sono arrivati dopo che un video mostrava lei e il suo omologo francese, Jean-Noel Barrot, mentre venivano ricevuti dai nuovi leader siriani. Il video mostra funzionari della nuova amministrazione siriana che si astenevano dallo stringerle la mano al suo arrivo, tra cui Al-Sharaa.
“Per me è stato chiaro che non ci sarebbe stata una normale stretta di mano”, ha spiegato Baerbock. “Credo che anche i miei partner di dialogo ne fossero consapevoli, dato che neanche il ministro degli Esteri francese ha teso la mano”.
Baerbock ha poi voluto sottolineare che lei e la controparte francese hanno chiarito ai nuovi leader che “i diritti delle donne non sono solo una questione femminile, ma un indicatore della libertà della società nel suo complesso“.
Baerbock ha indossato un giubbotto antiproiettile dopo l’atterraggio del suo aereo all’aeroporto internazionale di Damasco.
Lo stesso scenario si è verificato con Al-Sharaa quando ha salutato Baerbock al People’s Palace di Damasco. Le ha fatto un cenno di saluto e le ha sorriso, ma ha stretto la mano alla controparte francese maschile.
Non poteva non essere notato e sono emerse critiche, accusando i nuovi funzionari dell’amministrazione siriana di ignorare i protocolli politici globali in materia di stretta di mano, e alcuni hanno suggerito che stessero tentando di indirizzare il Paese verso un modello simile a quello dell'”Afghanistan governato dai talebani”.
I diritti delle donne e il riconoscimento internazionale
Baerbock e Barrot sono i primi ministri dell’UE a visitare la Siria da quando l’opposizione ha preso il controllo di Damasco l’8 dicembre, costringendo l’ex presidente Bashar al-Assad a fuggire dopo oltre 13 anni di guerra e ponendo fine al governo decennale della sua famiglia.
I due ministri hanno incontrato Al-Sharaa per inviare un messaggio di cauto ottimismo alla nuova amministrazione guidata da Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e per mostrare apertura al riconoscimento dei nuovi governanti siriani, esortandoli al contempo a moderarsi e a rispettare i diritti delle minoranze.
Nel mondo arabo conservatore gli uomini non stringono la mano alle donne, questo non è necessariamente un segno che i diritti delle donne verranno cancellati non appena sarà consacrato il potere delle autorità a interim che hanno però un passato di profonda radicalizzazione
Al Shaara, guidato da Turchia e Qatar, sembra consapevole che non farà gli errori dei talebani se vuole il riconoscimento internazionale. Tuttavia all’apertura verbale ci sono piccoli segnali di confusione a cui probabilmente seguiranno aggiustamenti.
Che cosa ne pensano le donne siriane?
La Siria non è un paese che ha vissuto decenni di dittatura senza avere le donne protagoniste. La varietà etnica e religiosa del paese lo rende un posto dove le donne hanno combattuto, manifestato, resistito, dove sono state arrestate e torturato.
Si pensi alla comunità curda con le sue donne combattenti o quella drusa che non permetterà a nessuno di cancellare la propria emancipazione. Le donne musulmane, che hanno vissuto per anni nelle terre sotto il controllo del gruppo di Al Shaara, rigido e tradizionale, non hanno mai smesso di studiare o di lavorare.
Segnali di allarme
I commenti della neo-nominata responsabile per gli affari femminili hanno scatenato indignazione delle donne. L’emittente statale turca TRT ha chiesto ad Aisha al-Dibs, finora l’unica donna nel governo di transizione siriano dopo la cacciata di Assad dell’8 dicembre, ha chiesto quale “spazio” sarebbe stato concesso alle organizzazioni femministe nel paese.
Dibs ha affermato che se le azioni di tali organizzazioni “supporteranno il modello che intendiamo costruire, allora saranno benvenute”, aggiungendo: “Non aprirò la strada a coloro che non sono d’accordo con il mio pensiero“.
Ha invitato le donne siriane di tutto il mondo “a riunirsi attorno allo stesso tavolo per studiare il modello” che la Siria dovrebbe adottare per sostenere il ruolo delle donne e i loro diritti.
“Perché adottare un modello laico o civile? Vogliamo implementare un modello che sia giusto per la società siriana, e le donne siriane lo renderanno possibile”, ha affermato.
Rivolgendosi alle donne siriane appartenenti alle comunità religiose del paese, ha affermato: “Siamo tutte uguali” e ha invitato “coloro che hanno qualifiche ed esperienza” a candidarsi per incarichi nel settore pubblico.
Ma ha anche invitato le donne a “non andare oltre le priorità della loro natura donata da Dio” e a conoscere “il loro ruolo educativo nella famiglia”.
“Potete parlare dei vostri pensieri… a casa, ma non imponete i vostri pensieri chiedendoci di restare a casa”, ha affermato un’utente di Facebook Batraa Abo Aljadayel.
L’attrice Aliaa Saeid ha dichiarato sul social network X che “siamo state imprigionate affinché potessimo (ottenere il diritto) di esprimere la nostra opinione”.
“Siamo state sfollate, le nostre case sono state distrutte e alla fine siete voi a venirci a dire cosa è permesso e cosa non lo è?” ha aggiunto.
Radio Bullets ha chiesto quotidianamente alla sua assistente per sei giorni di fila di poter incontrare la al Dibs, ci è stato chiesto perfino di mandare le domande, per poi sparire senza riuscire ad avere alcun altro contatto.
Le preoccupazioni
Le donne siriane impegnate nella società civile temono che la nuova amministrazione guidata dagli islamisti si orienti verso un governo religioso che emargini le comunità minoritarie ed escluda le donne dalla vita pubblica.
“Uomini e donne sono uguali, e hanno combattuto insieme, sono una femminista da quando avevo 20 anni, e non ho paura di dire che se siamo riusciti a liberarci di Assad, possiamo farlo di chiunque”, tuona Salma Al Sayad, dell’organizzazione Nisan che offre corsi di emancipazione per le donne, contro la violenza, per la cooperazione politica femminile.
“Sono anni che cerchiamo di lavorare ad una bozza di legge contro la violenza sulle donne che non abbiamo, una violenza che endemica, questa volta con le nuove autorità deve andare meglio, o scenderemo in piazza”.
E queste dichiarazioni che alcuni di loro fanno? “Secondo me stanno cercando di testare i limiti, capire fino a dove possono spingersi, per questo fanno una cosa e poi fanno un passo indietro”.
Sayad si riferisce alle dichiarazioni dopo quelle della capa degli affari femminili, quando il nuovo ministro degli Esteri Assaad al-Shibani ha cercato di calmare la situazione in un post X, affermando che le autorità avrebbero “sostenuto” le donne e “sostenuto pienamente i loro diritti”.
“Crediamo nel ruolo attivo delle donne all’interno della società e abbiamo fiducia nelle loro capacità”, ha affermato, aggiungendo che “le donne siriane hanno combattuto per lunghi anni per una patria libera che preservi la loro dignità e il loro status”.
Evitare gli errori del passato
“Ci vuole consapevolezza e sensibilità, bisogna partire dalle scuole per ricostruire il paese”, ci spiega Raqya Al Shar, avvocata e attivista per i diritti umani. Arrestata e torturata durante le proteste del 2011. Per lei è necessario che la società civile abbia un ruolo, ma perché questo avvenga è necessario lavorare per uno stato di diritto.
“Questo è il momento per le generazioni future di capire cosa è stato il passato e di analizzarlo. Finita la dittatura, la pressione è raddoppiata, ci siamo dovute guadagnare l’emancipazione con una guerra in corso, hanno combattuto, sono state arrestate, violentate, e non permetteremo che nessuno sacrifichi i nostri diritti per risolvere i problemi del paese.
La gaffe del portavoce di Al Shaara
Un altro increscioso evento riguarda il portavoce della nuova autorità di transizione: “Una donna è un elemento importante e onorato della società, ma i suoi compiti dovrebbero essere in linea con i ruoli che può svolgere.
Ad esempio, se diciamo che una donna diventa responsabile del ministero della difesa , è in accordo con il suo essere e la sua natura psicologica e biologica? Non c’è dubbio che non è in accordo “, ha detto Obeida Arnaout, alla stazione televisiva libanese Al-Jadeed .
“Può svolgere i compiti e le responsabilità connesse a questo ruolo come un uomo? Non può, secondo me.”
Arnaout ha aggiunto che alle donne sarà consentito di assumere “qualsiasi ruolo siano in grado di svolgere“, affermando che i ruoli consentiti saranno “specificati da un comitato costituzionale”.
Ha anche affermato che “le donne cristiane e le donne di qualsiasi altra setta” non saranno costrette a indossare l’hijab, dopo che il leader di HTS Ahmad Al-Sharaa ha scatenato polemiche chiedendo a una donna che non indossava l’hijab di indossarlo in sua presenza.
Alla domanda se alle donne sarà consentito di ricoprire la carica di giudice, Arnaout è stato evasivo.
“Per quanto riguarda la possibilità che una donna assuma un incarico giudiziario, questa potrebbe essere un’area di studio e ricerca per specialisti. È troppo presto per parlare di qualcosa del genere per quanto riguarda le donne”, ha detto.
La Siria sarà inclusiva o non sarà
Hanin Hamad sorride al pensiero di quello che ha detto Arnaut. Lei è un’ingegnera civile che lavora per una grossa società che si occupa di ricostruzione civile e sociale.
“Il mio obiettivo è quello di proteggere il ruolo delle donne nella politica. Siamo noi la chiave per una Siria migliore. Siamo state sempre dalla parte della rivoluzione e i nostri occhi sono fissi sul processo politico”.
“Dobbiamo imparare a guardare noi stesse, come cittadini, non come minoranza, Assad ha creato divisioni tra le persone, noi le dobbiamo riunire.
Non ho lasciato il mio paese, ho scelto di restare, la mia famiglia è di Homs, che è stata dilaniata dalla guerra, ho paura di quello che potrebbe succedere ma non mi tiro indietro, la mente siriana è stata manipolata per 50 anni, non abbiamo neanche dei partiti, con un po’ di tempo bisognerà ricostruire tutto”, ci dice con un sospiro pensando a quanto c’è da lavorare.
“E non accetto che mi si tratti più da minoranza, sono pronta a morire per il mio diritto alla cittadinanza. Lavoro sul campo, lavoro con le donne e mi rendo conto delle loro preoccupazioni, dobbiamo proteggere la nostra identità”.
“Sono stata minacciata perché ieri ho fatto un’intervista televisiva parlando delle donne. Siamo a questo punto. Per questo abbiamo bisogno di una visione politica, di parlare insieme e capire quali sono le priorità. Tra meno di 100 giorni finirà il periodo di transizione, sento parlare di dialogo nazionale, ma non sappiamo chi parlerà”.
“Il mio sogno è che non si ripeti il metodo di Assad. Il timore che le milizie sparse nel paese, si sollevino è alto. Prima avevo paura del passato e ora ho paura della mia paura del futuro, ma so che possiamo essere meglio, e per farlo, dobbiamo esserne parte.
Dobbiamo costruire una società civile anche se gli islamici sono molto forti e hanno il sostegno internazionali, noi abbiamo bisogno di tutte quelle persone esperte, dottori, ingegneri, intellettuali che hanno lasciato il paese, devono essere parte del processo politico, perché solo se siamo tutti insieme, possiamo proteggere lo spazio civile, i diritti delle donne e la libertà di stampa”.
Anche la nota attivista siriana Heba Al Gull, non ha preso bene i commenti di Arnaout, e lo ha accusato in una lettera di perpetuare opinioni obsolete e aggressive, si legge sul Syrian Observer.
Ha scritto: “Quale diritto ha di invocare la composizione biologica come base per escludere le donne da qualsiasi posizione, persino dalla presidenza della Repubblica siriana, qualora aspirassero a ottenerla attraverso le urne?”.
Al-Gull ha ricordano la ricca storia siriana di leader donne, tra cui simboli come Zenobia, Ishtar e Julia Domna, così come pioniere moderne come la capitano Nazik al-Abed, che ha svolto un ruolo fondamentale nel primo esercito siriano, e Alice Kandelft, la prima delegata permanente della Siria alle Nazioni Unite.
Ha ricordato ad Arnaout le pietre miliari significative che le donne siriane hanno raggiunto molto prima delle loro controparti europee, tra cui l’ottenimento del diritto di voto e la definizione attiva del panorama politico e sociale della nazione.
“Lasciate che le donne traccino i propri percorsi. Siate loro alleate, non loro avversarie”, ha chiesto Al-Gull, avvertendo che non abbracciare l’inclusività avrebbe ripetuto i fallimenti dei regimi passati.
La rivoluzione siriana non è stata combattuta solo per far cadere un regime ma anche per dare ad un popolo dignità giustizia e uguaglianza, principi troppo nobili per essere compromessi.
Il clamore suscitato dai commenti di Arnaout, delle mani non strette, delle parole non dette, sottolinea le sfide più ampie che il governo di transizione siriano deve affrontare mentre si confronta con l’equilibrio di prospettive diverse e si sforza di ricostruire una nazione dilaniata dalla guerra.
La nuova amministrazione farà tesoro delle critiche? Forse no, ma le attiviste per l’uguaglianza e la partecipazione in Siria su una cosa sono state chiare, che la lotta non è finita.
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