Gaza, anche il personale umanitario sotto attacco
Scritto da Angela Gennaro in data Maggio 17, 2025
Lavorava con i bambini e le bambine. Era un’operatrice umanitaria ed è morta sotto le bombe israeliane.
È la storia di Nora Sultan, 40 anni, morta nelle ultime ore a Gaza insieme al marito, ai quattro figli e al suocero.
Il raid è parte dell’operazione Carri di Gedeone che Israele ha lanciato in queste ore per conquistare la Striscia, causando circa 120 vittime. 19mila gli sfollati.
Ascolta il podcast
Vittime umanitarie
Dal 7 ottobre 2023 412 operatori e operatrici umanitari sono morti nei raid a Gaza, come calcola il Norwegian Refugee Council.
Nora non è ancora un numero di questa drammatica conta, il dato è aggiornato ad aprile.
La donna faceva “un lavoro importante: portare educazione ai bambini di Gaza, anche assistendo quelli traumatizzati da 19 mesi di guerra e fame”, racconta sul pullman diretto a Rafah Valentina Venditti, responsabile Medio oriente e Nord Africa dell’Organizzazione Ciss.
Nora, per molti anni, è stata una collega.
Era nella sua casa quando il raid ha colpito lei e la sua famiglia.
Valentina Venditti racconta il senso di questa carovana mentre il pullman che trasporta a delegazione entra ad Al Arish, decaduta località turistica a pochi chilometri dal varco di Rafah che congiunge l’Egitto con la striscia di Gaza.
Una carovana di parlamentari delle opposizioni, docenti universitari, associazioni, ONG e giornalisti che attraversa il Sinai militarizzato per “entrare a Gaza per rompere questo silenzio insopportabile”.
La delegazione promossa da AOI, ARCI e Assopace Palestina è in viaggio verso il valico di Rafah, diretta alla Striscia di Gaza.
Crisi di umanità
“Le testimonianze raccolte nei giorni scorsi da rappresentanti delle organizzazioni della società civile palestinese, da giornalisti e operatori umanitari ci restituiscono un quadro della situazione ancora più drammatico di quanto le immagini e i numeri riescano a raccontare, dicono le associazioni”.
Gaza è un luogo in cui non si muore solo sotto le bombe, ma anche di fame, di sete, di abbandono.
“Il grido che ci è stato affidato è chiaro: non voltatevi dall’altra parte”.
Quella in corso non è più solo una crisi umanitaria. È una crisi di umanità.
“Le leadership europee e la comunità internazionale non possono continuare a ignorare l’evidenza. Hanno il dovere politico e morale di esigere il cessate il fuoco immediato e l’ingresso degli aiuti umanitari senza ulteriori ostacoli. Basta complicità
Bloccare gli aiuti significa infliggere una crudeltà pianificata, che colpisce indiscriminatamente una popolazione civile già stremata.
AOI, ARCI e Assopace Palestina continueranno a denunciare, testimoniare e mobilitarsi fino a quando non prevarrà il diritto alla vita, alla dignità, alla giustizia”.
Bloccare gli aiuti ma anche le persone.
Il personale umanitario, target inaccettabile. Ma anche ormai osteggiato e “sotto embargo”, che può entrare a Gaza e in Cisgiordania solo a determinate condizioni per Israele. Lo spiega Meri Calvelli dell’Associazione di cooperazione e solidarietà (Acs) – Italia.
Ti potrebbe interessare anche:
- Panama: “Stupri su migranti nel Darién”
- “Gaza, la fase finale del genocidio”
- Il libro: Sotto la sabbia
- Ucraina: tre anni di guerra
- Gaza oltre il confine: missione al Cairo
- Carovana solidale a Rafah: Non ci fermeremo
- Gaza e la fine dell’impunità a Rafah
- Gaza tomba del diritto internazionale?
- Il cellulare vibra: chiamata dall’inferno
- Gaza, fame di umanità
E se credi in un giornalismo indipendente, serio e che racconta il mondo recandosi sul posto, puoi darci una mano cliccando su Sostienici
