La boa “acchiappa tsunami”

Scritto da in data Luglio 10, 2019

 

Posizionata al largo di La Spezia, la boa misurerà il livello del mare per anticipare il rischio di tsunami. Al via la fase di test per dotare il Mediterraneo di una tecnologia già utilizzata in Giappone. Una ricerca che vede la collaborazione tra l’Istituto superiore per l’ambiente (Ispra) e il Centro comune di ricerca (CCR) della Commissione europea.
Raffaella Quadri per Radio Bullets. Musica: Una rotonda sul mare – Fred Bongusto
Photo credits: EU 2019

Dagli otto ai nove mesi di test e verifiche. Sono questi i tempi di un esperimento che ha preso il via lo scorso 2 luglio nelle acque di fronte a La Spezia. Un esperimento importante per monitorare il livello del mare e identificare gli eventi che potrebbero portare a uno tsunami.

Ricerca europea

Tempo di mare e di nuotate. Da piccola ricordo che le mie temerarie escursioni marittime in compagnia dell’adorato salvagente finivano proprio con l’arrivo a una boa, ma la protagonista di questo esperimento è ben altra cosa che il punto di approdo delle avventure di una bambina di tre anni.
Si tratta di una ricerca scientifica che mette in gioco le competenze di scienziati italiani ed europei ed è realizzata grazie alla collaborazione di IspraIstituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – e del CCRCentro Comune di Ricerca – della Commissione europea, l’organismo che ha il compito di fornire supporto e consulenze scientifiche alla Commissione.

La boa misura mare

La studio prevede il posizionamento di una boa oceanografica, in sostanza un sofisticato rilevatore che permette di eseguire in continuo misurazioni del livello del mare.
Le strumentazioni di ultima generazione di cui è dotata le permettono, attraverso la tecnica del GPS differenziale e l’uso di apposite antenne, di misurare l’altezza relativa, ovvero la differenza di quota, tra la boa e un punto fisso che costituisce la base della rilevazione e che è situato sulla costa. Questo metodo permette di effettuare quindi una stima del livello del mare con variazioni anche di pochi centimetri. Le antenne GPS della boa inviano i dati racconti a un server con una cadenza di 5 secondi.
Nel frattempo un software integrato nella sonda allerta gli enti preposti – in Italia l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) – in caso siano rilevati segnali anomali provenienti dal moto ondoso.
Da questo punto di vista, la collocazione della boa oceanografica è un aspetto importante, in quanto, come spiegano gli esperti, a differenza dei dispositivi sinora usati – anche nel Mediterraneo – e posizionati a terra, essendo collocata a circa 10-15 chilometri dalla costa permette di lanciare l’allerta prima che le onde raggiungano terra e quindi con uno scarto temporale importante.
Tutti i dati sono poi resi disponibili in internet in un sito web approntato dal CCR e possono quindi essere consultati da chiunque.

Il Giappone ne sa

La boa effettua un monitoraggio molto stretto e accurato, dunque, che consente di rilevare anche la minima anomalia.
Questo metodo si è già dimostrato utile in altre zone del mondo, come in Giappone dove è utilizzato da tempo e dove, però, il costo delle tecnologie è più elevato. Il pregio della ricerca europea è anche di avere adottato soluzioni con un peso economico più contenuto.
Se i risultati dei test eseguiti a La Spezia saranno soddisfacenti, i ricercatori hanno già in progetto di riposizionare la boa nelle aree del sud Italia, precisamente nel Mar Ionio o nel Canale di Sicilia, dove – spiegano al CCR – il rischio di tsunami potrebbe essere maggiore.

Insomma la tecno boa farà da vigile occhio sul mare nostrum, nella speranza che non rilevi mai nulla di preoccupante.

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