Neda: la sfida di abitare

Scritto da in data Marzo 16, 2025

Trovare un alloggio dove poter vivere? Un’impresa se sei un rifugiato. Gli ostacoli sono ostacoli, tra cui la complessità e la lunghezza del processo di documentazione, che spesso ci pone in una posizione precaria.

Nell’agosto 2021, dopo la caduta del governo afghano e l’arrivo dei talebani, un numero significativo di  afghane è giunto in Italia. Molte di queste rifugiate hanno trascorso quasi due anni in vari centri di accoglienza, inclusi quelli per famiglie e giovani.

Tuttavia, dopo un periodo di due o tre anni, al termine del loro soggiorno in questi centri, ci siamo trovate ad affrontare serie difficoltà nell’accesso all’abitazione.

La sfida di trovare casa

Trovare una casa in affitto rappresenta una vera sfida, e convincere i proprietari a dare un immobile a una famiglia rifugiata è un’ulteriore complicazione.

Spesso, manca sensibilità nei confronti di queste situazioni, e noi rifugiate ci troviamo ad affrontare stereotipi e pregiudizi che ci rendono vulnerabili all’interno della società.

Sorprendentemente, alcune di queste famiglie, dotate di due o tre contratti di lavoro a tempo indeterminato, riescono a garantire la loro stabilità lavorativa quando effettuano una telefonata ai potenziali proprietari.

Tuttavia, una volta che si trovano di fronte al proprietario, per spiegare la loro situazione di persona e visitare l’immobile, spesso le cose cambiano. In queste occasioni, la disponibilità del proprietario a condurre l’affitto svanisce, rivelando un aspetto difficile e ingiusto di questo processo.

Non c’è casa per gli studenti rifugiati

Questa situazione diventa ancora più complessa per gli studenti rifugiati. Una volta arrivati in Italia, l’accesso agli alloggi universitari si trasforma in una vera sfida.

Gli alloggi sono spesso riservati agli studenti provenienti dall’estero, e gli studenti rifugiati, che durante gli studi non possono generalmente stipulare un contratto di lavoro fisso, si trovano in difficoltà.

Essendo già residenti in Italia, affrontano ulteriori problemi nell’accesso a questi alloggi. In molte università, esistono sportelli di informazione dedicati agli studenti italiani e a quelli internazionali, ai quali possono rivolgersi per ricevere supporto durante il processo di iscrizione.

Tuttavia, per gli studenti rifugiati, questa risorsa è spesso assente. Il processo di iscrizione per gli studenti rifugiati presenta specificità e complessità che lo differenziano sia da quello degli studenti italiani che da quello degli studenti internazionali.

Senza un punto di riferimento dedicato, gli studenti rifugiati si sentono disorientati e privi del supporto necessario per navigare in un sistema che richiede una buona conoscenza delle procedure.

Questa mancanza di assistenza contribuisce a rendere ancora più difficile il loro accesso agli alloggi universitari e all’iscrizione stessa.

La famiglia Sarvari

La famiglia Sarvari cercava casa a Roma. Arrivata in Italia in cerca di sicurezza e nuove opportunità, ha dovuto affrontare una serie di ostacoli nella loro lotta per trovare un alloggio adeguato.

Composta da sette membri, tra cui due bambini, la loro storia mette in evidenza le difficoltà che molti rifugiati e stranieri sperimentano nel processo di integrazione.

“Quando siamo arrivati a Roma, eravamo pieni di speranza e aspettative per una nuova vita. Tuttavia, la nostra ricerca di un appartamento si è trasformata in un vero e proprio incubo.

Siamo una famiglia di sette persone, con due bambini piccoli, e abbiamo subito capito che trovare un alloggio adeguato non sarebbe stato facile.

Spesso ci siamo trovati di fronte a proprietari che preferivano affittare ai residenti italiani, pensando che fossero più ‘stabili’.

La nostra nazionalità sembrava contare di più della nostra situazione, e ci sentivamo sempre un po’ in secondo piano. Inoltre, i proprietari richiedevano enormi depositi cauzionali, di solito da due a tre mesi di affitto, e volevano anche il pagamento anticipato.

Non avevamo la possibilità di sostenere una spesa così alta, soprattutto all’inizio. Molti proprietari ci hanno anche chiesto una prova di reddito e un contratto di lavoro a tempo indeterminato, ma noi eravamo appena arrivati e non avevamo ancora un’occupazione stabile.

Questo ci ha esclusi da molte opportunità. Anche affittare tramite un’agenzia si è rivelato complicato: le commissioni erano più alte di quanto potessimo permetterci e spesso le agenzie non comunicate in inglese, rendendo la situazione ancora più frustrante.

Abbiamo anche scoperto che alcuni appartamenti disponibili non erano ufficialmente registrati. Questo ci ha messo in una posizione precaria, poiché, come stranieri, avevamo bisogno di regolarizzare la nostra residenza per poterci stabilire.

Il rischio di avere problemi legali ci ha resi nervosi. Roma ha una domanda alta per gli affitti, e ogni giorno che passava si riducevano le nostre possibilità di trovare un posto dove stare.

La situazione ci ha messo a dura prova, ma alla fine, grazie all’aiuto di alcune organizzazioni locali e la nostra determinazione, siamo riusciti a trovare un appartamento che ci potesse accogliere.

Ma è stata una battaglia estenuante, e non avremmo voluto che altre famiglie come la nostra vivendo la stessa angoscia”.

Mahdia Sharifi, è un’atleta di Taekwondo nel programma Olimpico dei rifugiati, studentessa di scienze politiche all’Università̀ di Roma 3.

Attualmente sta facendo un tirocinio in Global advocacy presso JRS (Jesuit Refugee Services) e collabora come volontaria con ASDD ( associazione di solidarietà donne per le donne) per promuovere gender equality e istruzione in Afghanistan.

Dal 2022 collaboro anche al progetta di VOC (volontari nella comunità̀) di Intersos_UNHCR Italia come referente della mia comunità.

Immagine di copertina creata con AI

Neda: la voce delle donne afghane in Italia

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