Neda: la voce delle donne afghane in Italia

Scritto da in data Febbraio 28, 2025

ROMA – Il tram 8 arranca verso un centro città che sembra lontanissimo nella sua lentezza cosmica. È affollato ma non troppo. I volti, gli abiti, sono perfettamente distinguibili anche se sfuocati in un contrasto di storie che raccontano di altri paesi, di lavori complicati, di ragazzi appena usciti da scuola.

Una donna siede composta, il velo le incornicia il viso e una mascherina che glielo nasconde. Non vedo molto, ma mi sembra di riconoscerla, è più una questione di sensazioni che di reale percezione fisica. Vorrei salutarla, ma l’ipotetica figuraccia, mi frena.

Mi alzo, mi avvicino, lei solleva lo sguardo e sorride sotto la mascherina, levandosela immediatamente e lanciandosi in un abbraccio di quelli pieni, intensi, sentiti.

Lei è un’afghana, era una politica di Herat, suo marito è stato ucciso nel tentativo di uccidere lei, e nell’agosto 2021 con la figlia era tra le migliaia di professioniste che sono state esfiltrate dall’Afghanistan regalato dagli Stati Uniti e dalla Nato ai talebani dopo 20 anni di guerra.

Mi racconta nel tempo di qualche fermata che sta bene, ma che la vita da profuga è dura. Che la burocrazia è letale, che sua figlia risulta figlia di suo nonno, perché hanno sbagliato a compilare i moduli.

Anche un’altra amica chirurga, a Milano mi dirà che è disperata, perché le hanno detto che può fare solo la badante in Italia. E il motivo per cui è stata salvata, ovvero essere una donna che ha studiato e ha un mestiere utile, non è abbastanza in Italia per continuare a farla essere quello per cui è venuta via.

“Se sono stata salvata per fare la badante, allora potevo restare in Afghanistan chiusa in casa a fare la badante a casa mia”. Le mancano i documenti, perché quando è scappata quel maledetto agosto 2021, non ha fatto in tempo a trovarli.

Il lavoro, gli affitti, lo studio, la difficoltà linguistica non aiutano la diaspora che già lotta con il trauma di aver lasciato tutto per salvarsi la vita. Ma una vita non riconosciuta, è davvero vita?

Chi segue Radio Bullets, chi ci legge, chi ci ascolta, chi ha letto Burqa Queen conosce il rapporto di amore che ho per il paese e le donne afghane. Per il loro coraggio, la loro forza.

Nel paese del genericidio, dove le donne vengono lentamente uccise dalla mancanza di lavoro, sanità, libertà e istruzione e mortificate perché alla mercè di uomini che prendono decisioni per loro, noi, e non solo, ci siamo in qualche modo ribellate, mantenendo sempre accesso un riflettore, facendo scrivere, grazie ad una serie di associazioni sensibili, una giornalista afghana perché lavori per noi, visto che non può farlo in Afghanistan solo perché donna.

E non ci fermiamo, arriva un nuovo progetto al quale siamo orgogliose di partecipare.

In Italia ci sono molte donne afghane, migliaia, voci non ascoltate, voci che vengono spente nel buio del mainstream, sono come lucine di un grande cielo stellato che bisogna accendere.

Il progetto Neda

Il Cir (Consiglio italiano per i Rifugiati), Nove Caring Humans sostengono la diaspora afghana in Italia con “Neda”, un’iniziativa che fornisce percorsi formativi e strumenti di empowerment a un gruppo di donne afghane rifugiate in Italia, affinché possano diventare protagoniste attive nella difesa dei loro diritti.

La nostra parte riguarda la pubblicazione di pezzi in cui loro saranno protagoniste e autrici delle storie che decideranno di raccontare.

Il progetto si propone di diffondere i valori della dignità e della solidarietà, contribuendo a ridefinire la percezione e il riconoscimento dei diritti di genere e stimolando un cambiamento positivo nella società.

Neda”, che in lingua dari significa “Voce”, parlerà delle sfide legate all’integrazione in Italia, valorizzando l’esperienza della diaspora afghana.

 Il progetto mette in luce le difficoltà del percorso di inclusione e accoglienza, ma anche i successi e la determinazione di queste donne nel contribuire attivamente alla loro comunità.

“Sosteniamo le donne afghane rifugiate in Italia e, allo stesso tempo, operiamo instancabilmente in Afghanistan per offrire supporto alla popolazione, con un’attenzione speciale alle donne.

Attraverso iniziative concrete, promuoviamo inclusione, formazione e autonomia economica, affinché possano costruire un futuro dignitoso e indipendente”, afferma  Livia Maurizi, Direttrice di Nove Caring Humans.

Ma questo, chi ci segue lo sa. In Afghanistan Radio Bullets e Nove, si intrecciano spesso come i cammini nelle strade sterrate che percorrono ogni giorno le donne che lottano per non essere cancellate.

Afghanistan: uomini che odiano le donne

Le protagoniste

Le protagoniste di “Neda” sono Sediqa Mushtaq (l’amica del tram), Nesa Mohammadi, Mahdia Sharifi, Zahra Muradi e Negin Ahmadi: cinque donne afghane che vogliono farsi portavoce del cambiamento.

“Crediamo fermamente nell’importanza di sostenere chi ha vissuto l’esperienza dell’esilio e può essere testimone diretto di ciò che accade in Afghanistan”, dice Daniela Di Rado, responsabile del Settore legale per il Consiglio Italiano per i Rifugiati.

Queste donne hanno bisogno di essere lette, perché sono persone speciali, eroine non riconosciute che ogni giorno ci scorrono accanto, alcune studiano, altre lavorano, prendono i mezzi, respirano libertà, ma ancora combattono in una società che spesso non le vede perché sembrano diverse.

E noi insieme, vogliamo preservarle, aiutarle, far sì che quando sarà possibile, potranno tornare nel loro paese più forti, sapendo che l’Italia le ha aiutate e non affondate.

Ci proviamo, ma abbiamo bisogno di voi perché scegliere la cosa giusta, è sempre un’occasione per salvare anche noi.

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