Pronti a raddoppiare la produzione

Scritto da in data Febbraio 18, 2019

 

In Venezuela la produzione alimentare è quasi inesistente. La confisca delle terre, la nazionalizzazione di molte industrie, il calo del petrolio, la mancanza di manutenzione degli ultimi anni, ha fatto si che l’economia del paese precipitasse.

“La ragione per la mancanza di cibo che abbiamo in Venezuela in questi tempi è perché non abbiamo più una produzione nazionale, 12 anni fa la produzione nazionale provvedeva al 70 per cento del consumo nazionale, ora malamente arriva al 20 per cento”. Ci spiega Aquiles Hopkins Gonzalez, presidente Confederacion Nacional de Asociaciones de Productores Agropecuarios, una specie di Confagricoltura venezuelana. Voci di corridoio dicono che in un governo futuro potrebbe essere il candidato a ministro dell’Agricoltura, ma lui non si sbilancia: “Se mi chiederanno vedremo, ora quello che conta è che questo paese riparta”

Perché in Venezuela non c’è più una produzione alimentare interna?

Non c’è appoggio della politica nazionale, una politica di stimolo alla produzione, il governo preferisce importare invece che sostenere la produzione interna. Perché? Perché c’è un grande affare dietro alle importazioni, in Venezuela abbiamo due valute parallele. Parliamo di un giro di affari di 3 miliardi di dollari. Nel 2018 ci è stato detto che il governo non aveva soldi per sostenere la produzione nazionale, ma non era vero, i soldi c’erano, ma sono stati usati per importare il mais, il riso, mentre noi avevamo bisogno di sementi, fertilizzanti, agrochimico, medicine.

Perché?

Corruzione. Vedi, il Venezuela ha avuto un default del debito e i soldi che avevano invece di essere usati per pagare i debiti sono stati usati per importare. Potevano essere usati per produrre qui ma non è stato fatto. L’importazione alimentare qui è in mano ai militari. Il Venezuela ha quattro cose che producono denaro: il petrolio, gestito dai militari, i minerali gestiti dai militari, il cambio della valuta, quando ricevi dollari al tasso officiale del governo, e l’importazione di alimenti sempre in mano ai militari. Per questo il governo ha il sostegno dei militari.

Quindi non ci sono possibilità che i militari passino dall’altra parte?

Oggi il governo ha il sostegno dei militari, ma penso anche che il Venezuela abbia intrapreso un cammino di non ritorno. L’obiettivo di riportare la democrazia in Venezuela viene dall’occidente.

Cina e Russia si oppongono…

La Cina non sta facendo niente, sta guardando, qualche giorno fa c’è stata una riunione a Washington con la delegazione di Guaidò. La Russia promuove il dialogo, ha un interesse politico che però si scontra con quello capitale. La Russia non si confronterà con gli Stati Uniti su questo. Credo che per Trump il Venezuela e il Nicaragua siano un obiettivo per la sua uscita politica. Ma torniamo all’agricoltura, ora non abbiamo un’ offerta sufficiente di alimenti, c’è roba nei supermercati, ma la varietà è limitata, visualmente può sembrare che ci siano gli scaffali pieni ma in realtà, non è così e questo perché la gente non ha soldi da spendere. Il salario minimo è di sei dollari e con questo non mangi in Venezuela. I nostri costi per produrre sono dollarizzati, ma non possiamo prendere dollari quando vendiamo. Il problema è che il governo non pensa ai venezuelani ma al suo profitto personale. Potremmo fare molto in questi giorni, ma non ci riusciamo, con un governo che appoggia la sua produzione interna garantendo una sicurezza legale, personale, che permetta investimenti e regole chiare.

Per esempio, un kilo di mais fissato dal governo costa 515 bolivares oggi, il prezzo precedente a novembre, due mesi fa era di 16 bolivares al kg. Ora mi spiego: quando il governo ha imposto il prezzo di 16 bolivares era il 25 per cento del prezzo di quello che serviva a noi per recuperare. Quel prezzo non copriva i nostri i costi. Il governo ha fissato un prezzo quando c’è stata la raccolta. Il raccolto è stato comunque tutto venduto e tutti i produttori di mais ci hanno rimesso e questa è la produzione più  importante del paese. Il mais è stato comprato da intermediari locali a 16 boliveres per kg, pochi giorni la vendita di tutto, ai produttori è stato detto che il nuovo prezzo era di 515 bolivares. E a questo prezzo vendevano gli intermediari con un guadano pazzesco. Chi sono gli intermediari? Gente legata al governo. Enchufados…Praticamente è una frode legale, in Venezuela c’è un solo ciclo di produzione del mais, si semina tra aprile e giugno e si raccoglie tra settembre e dicembre. In altri paesi ci sono due raccolti, e il governo dice che in nome di un secondo ciclo che non c’è, è legale avere questo prezzo.

La gente non protesta?

Certo, ma se lo facciamo troppo si va in galera, per questo deve cambiare il governo.

Se il governo cambiasse, qual è il primo provvedimento da prendere secondo lei nel settore agricolo?

La prima cosa necessaria è la sicurezza legale, il rispetto delle leggi, un governo deve fornire le condizioni, ci vuole una ristrutturazione finanziaria. Stiamo già cercando aiuto dalla banca mondiale, dal fondo monetario. Si sta lavorando da almeno un anno per fare accordi con le varie istituzioni. Tutto è stato contemplato. Ormai siamo al punto di non ritorno. Per quello che riguarda noi siamo pronti a duplicare la produzione in un anno da 20 per cento a 40, e a 60 in due anni.

Il presidente Maduro non potrebbe combattere per non perdere il potere?

Non ha denaro, né ha appoggio popolare.

Ne è sicuro?

Assolutamente. Non ha appoggio, l’unico appoggio gli rimane sono i vertici militari. Ora possiamo solo andare ad elezioni e tentare di fare la differenza. Se il governo avesse cura dei poveri, sarebbe il primo a sostenere la produzione interna che dà lavoro e cibo. Qui si è vissuto per anni sull’assistenzialismo, la gente non ha imparato niente, ai poveri è stato insegnato a vivere di quello che veniva dato, non c’è stato empowerment, c’è un’intera mentalità da cambiare, ma bisogna affrontare questa situazione. Bisogna che tutti siano in grado di lavorare, di imparare, di credere in loro stessi.

Riguardo agli aiuti che dovrebbero entrare il 23?

Non so come ma entreranno nel bene o nel male, trovo riprovevole che ci sia gente che muore di fame e non si accettino gli aiuti umanitari solo per una questione politica. E’ inaccettabile. Gli aiuti umanitari non sono per qualcuno in particolare, sono per tutti quelli che hanno bisogno, le medicine servono a persone che stanno morendo perché non si fa la dialisi, non si opera, non ci sono medicine per la pressione. I venezuelani soffrono e non entrano le medicine? E’ follia.

Due settimane fa c’è stata una riunione tra il governo e i produttori di uova, pollo e maiale, il governo ha chiesto di comprare tutta la produzione. Il prezzo sarebbe stato dollarizzato per l’occasione, ma ha proposto di pagare in contanti. Nel mondo l’unico commercio che si fa in contanti sono transazioni illegali, immaginate un governo che paga in contanti. Durante la riunione qualcuno ha detto che un milione di dollari pesa 14 kg, chi sa quanto pesa un milione di dollari? Solo chi li ha già pesati… Gli industriali hanno detto di no, come puoi gestire milioni di dollari in contanti che vengono dalla vendita di oro. Quando una repubblica fa questo tipo di affari, bisogna stare attenti. L’altra cosa importante della riunione è perché volevano questi alimenti: per i soldati in caso di conflitto armato. Hai un paese che muore di fame e vuoi dar da mangiare ai soldati? Vogliono fare come i russi, nutrire le truppe e lasciare morire la gente. Non è questo il Venezuela che voglio.

—> Questo assignment in Venezuela è stato finanziato dai sostenitori e amici di Radio Bullets. Se credete in un giornalismo indipendente, serio e che racconta dai posti, potete farlo andando su Sostieni.

In questi giorni stiamo cercando di capire cosa stia succedendo in Venezuela e abbiamo parlato con diverse persone che spiegano come si è arrivati a questo punto con una storicacosa potrebbe essere fatto ce lo spiega l’economista  e soprattutto come si vive in un paese dove lo stipendio medio è di 5 euro e una scatola di tonno, tra l’altro oggi introvabile, ne costa 7: Il prezzo della crisi. 

Per ascoltare tutti i nostri podcast e aggiornamenti dal Venezuela, dalla nostra inviata a Caracas, cliccate qui.


Opinioni dei Lettori
  1. giorgio   On   Febbraio 23, 2019 at 6:09 am

    Buongiorno sto cercando da tempo di intervistare qualcuno in videoconferenza sull’argomento.Siete disponibili?

I commenti sono chiusi.


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