Uno sguardo sulla libertà di stampa
Scritto da Radio Bullets in data Marzo 13, 2019
Reporteros Sin Fronteras presenta il suo Informe Anual sulle condizioni della libertà di informazione nel mondo. Da un’analisi dettagliata, paese per paese, emerge uno scenario allarmante con un bilancio finale di almeno 80 giornalisti uccisi, 348 incarcerati nonché ripetuti e generalizzati tentativi di limitare il potere della stampa. Francesca Giannaccini da Madrid per Radio Bullets
Reporteros Sin Fronteras, la sezione spagnola dell’omonima ong francese, ha presentato lo scorso 8 febbraio un Informe anual stante le condizioni della libertá di informazione nel mondo, considerando il clima politico generale, il trattamento riservato alla categoria dei giornalisti, i soprusi, le violenze documentate e le iniziative legislative che riguardano l’attivitá di diffusione dell’informazione.
Europa
In Europa i due peggiori attentati alla libertá di stampa, si riferiscono agli omicidi dei giornalisti investigativi Jan Kuciak, (ritrovato senza vita nel suo appartamento in Slovacchia nel febbraio 2018), e della giornalista Viktoria Marinova, aggredita e uccisa in un parco lo scorso ottobre in Bulgaria. Nonostante non siano ancora del tutto chiare le circostanze degli efferati delitti, si ricorda che entrambi stavano svolgendo indagini su presunte frodi nella gestione di fondi europei.
Reporteros sin Fronteras, denuncia inoltre, un’allarmante tendenza all’autocensura della stampa per paura di rappresaglie e una riduzione del pluralismo informativo dall’avanzata dei governi di estrema destra, in paesi come Austria, polonia e ungheria.
Il Regno Unito si distingue come il peggior qualificato dell’Europa occidentale nella classificazione mondiale sulla libertá di stampa di RSF. Il motivo é che in molti casi l’elemento “sicurezza nazionale” é stato preso come scriminante al fine di limitare la libertá di stampa nel paese.
Un incremento di tutele alla libertá di stampa arriva invece da Svizzera e Portogallo. Nel primo caso i cittadini hanno votato a favore del mantenimento circa il finanziamento alla radio televisione pubblica che, in caso contrario, sarebbe stato abolito. In Portogallo, invece, sono state emanate leggi che incrementano le sanzioni per crimini commessi contro soggetti che legittimamente svolgono attivitá di informazione.
L’Italia occupa il posto 46 su 180 paesi nella classificazione mondiale sulla libertá di stampa nel mondo. Le maggiori preoccupazioni di Reporteros Sin Fronteras riguardano le intimidazioni e le aggressioni subite dai giornalisti, come quella da parte dell’ex ministro Landolfi ai danni di Daniele Lupo o del presidente di Federbalneari Roberto Papagni contro il giornalista di Report, Giorgio Mottola. Si tiene conto, inoltre, della minaccia politica di sottrarre la scorta al giornalista Roberto Saviano da parte Ministro dell’Interno Matteo Salvini.
In Russia si respira un clima asfissiante. La pressione sui mezzi di comunicazione antigovernativi ha costretto tanti alla chiusura dopo la perdita del finanziamento pubblico e l’arresto di numerosi giornalisti e collaboratori. Inoltre, il motore di ricerca russo Yandex ha eliminato qualsias i riferimento di ricerca ai media bloccati.
Lo scorso anno in Turchia si sono conclusi i primi processi a carico di giornalisti, accusati di aver partecipato al tentativo di colpo di stato nel luglio 2016. Sono state emanate condanne all’ergastolo e altre che vanno dagli 8 e ai 15 anni di carcere.
Medio Oriente e Maghreb
Nel 2018 in Medio Oriente e Maghreb sono stati uccisi 8 giornalisti e 10 informatori locali.
Dei 171 giornalisti incarcerati nel mondo 71 sono detenuti nella zona. Reporteros Sin Fronteras racconta come un tweet, un post o un messaggio sui social, possa costituire un pretesto valido a sostenere un’accusa in giudizio finalizzata a detenere il soggetto in forma “provisionale”, per mesi se non in certi casi anni.
Il caso del giornalista saudita Jamal Khashoggi, ucciso il 2 ottobre scorso a Istanbul nel consolato del suo paese, ha aperto gli occhi sulla manifesta impunitá in cui agisce l’Arabia Saudita contro i dissidenti.
In Egitto il fotogrado Mohamed Abu Zeid, meglio conosciuto come Shawkan, é stato finalmente liberato il 4 marzo 2019 dopo aver scontato 5 anni di prigione per “omicidio e affiliazione a un’organizzazione criminale”. Il regime Al Sisi ha annunciato a fine anno 2018 l’emanazione di una nuova legge che obbligherá i giornalisti online a pagare per poter continuare a pubblicare contenuti.
Siria, Iran e Yemen si confermano come i paesi piú pericolosi in cui esercitare la professione, per le ripetute e gravi aggressioni e per l’estrema situazione umanitaria in cui versa la popolazione di questi territori.
In Libia, dopo la pubblicazione del reportage della CNN sui casi di schiavitú nei centri di raccolta di migranti subsahariani, si é ampliamente limitata la possibilitá di accesso al territorio ai giornalisti stranieri.
Nei territori palestinesi e Israele il picco della violenza si é registrato in occasione della “Grande Marcia del Ritorno” durante la quale sono stati uccisi 2 giornalisti, di 25 e 31 anni, mentre molti altri sono stati gravemente feriti.
Africa
In Africa nel 2018 sono stati uccisi sei giornalisti, tre in Somalia dove imperversa da anni la guerra civile fra il governo riconosciuto a livello internazionale e i gruppi terroristici armati e tre nella Repubblica Centroafricana.
In Mali un giornalista é stato sequestrato, picchiato e costretto a bere la propria urina al chiuso degli uffici della “Commissione sulla veritá e la riconciliazione del paese” che si era permesso di criticare per la sua sostanziale inerzia.
Reporteros sin fronteras considera Eritrea e Guinea Equatoriale come veri e propri “buchi neri dell’informazione” considerata la chiusura di numerose testate, la censura assoluta e totale e l’alto numero di giornalisti arrestati.
La tendenza generale é quella di rafforzare le leggi che limitano l’informazione e la libertá dei media in tutti i paesi. In Mauritania, ad esempio, é stata promulgata una nuova legge sulla blasfemia che puó essere punita con la morte (condanna applicabile anche retroattivamente) anche in caso di pentimento.
Africa é il continente con il maggior numero di autoritá politiche e organizzazioni definite da Reporteros Sin Fronteras come “predatori della libertá di informazione”. Per questo la maggior parte dei paesi africani occupa gli ultimi posti della Classificazione Mondiale sulla libertá di stampa nel mondo e nessuno risulta tra i primi venti posti.
America
Reporteros Sin Fronteras ha registrato un timido miglioramento sulle condizioni della libertá di stampa in Sudamerica ma la situazione rimane drammatica considerato il numero totale di 19 giornalisti uccisi solo nel 2018. Il Messico detiene il triste primato con 9 omicidi in un anno.
Il Venezuela perde 6 posizioni nella classificazione mondiale occupando ora la numero 143. Nel 2017 il governo del presidente Nicolas Maduro si é infatti distinto per i suoi eccessi autoritari mentre la stampa indipendente, come quella straniera, é stata costantemente bersaglio della polizia e dei servizi segreti.
Le misure di protezione per il giornalisti in America Centrale risultano inefficaci a garantire una tutela adeguata specie per gli operatori locali.
Nel 2018 in Brasile si sono registrati 4 assassini. In un contesto di estrema tensione e di polarizzazione politica, la libertá di informazione non risulta infatti una prioritá. Anche se le aggressioni a danno dei giornalisti sono leggermente diminuite, continuano ad essere estremamente frequenti.
In Colombia la firma degli accordi di pace tra il Governo e la Forza armada rivoluzionaria colombiana (FARC) nel 2016 aeva dato ben sperare ma invano. Il paese é tuttoggi uno dei piú pericologi del continente.
Nel primo anno di governo del Presidente Trump, gli Stati Uniti perdono due posizioni nella classificazione mondiale ritrovandosi al 45esimo posto. Nel 2018 si registra l’omicidio di un blogger in circostanze ancora non chiare mentre quattro giornalisti e un’assistente hanno perso la vita nell’assalto al giornale The Capital Gazzette.
Il Canada avanza invece di quattro posizioni grazie all’adozione da parte del Parlamento all’unanimitá della “shield law” federale intitolata Journalistic Source Protection Act, volta alla protezione della confidenzialitá delle fonti.
Asia
Quello asiatico risulta, per il secondo anno consecutivo, il continente piú pericoloso in cui esercitare la professione. Quasi una trentina, infatti, gli informatori uccisi, senza contare gli arresti, le pressioni, le intimidazioni quotidiane.
Reporteros Sin Fronteras denuncia come queste tendenze negative non provengano solo da autoritá istituzionali ma anche da ampie parti della popolazione e, nella maggioranza dei casi, per motivi religiosi.
In Afghanistan, che conta 14 giornalisti uccisi nel solo 2018, il fanatismo religioso é la causa principale degli assassini.
In Pakistan si contano 3 omicidi mentre in Vietnam é stata emessa la pena di reclusione piú alta di sempre per attivitá strettamente connesse con l’informazione.
In Myanmar l’incarcerazione e la condanna dei due giornalisti dell’agenzia Reuters, ha reso evidente al mondo l’inflessibilitá del governo di Aung San Suu Kyi specialmente dopo la condanna militare che vuole l’Esercito birmano responsabile della mattanza di civili della comunitá Rohingya.
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