12 gennaio 2021 – Notiziario in genere

Scritto da in data Gennaio 12, 2021

«Risarcire le donne di conforto», è scontro Seul-Tokyo. Twitter rimuove un post dell’ambasciata cinese negli Stati Uniti: si affermava che le donne uigure sono state “emancipate” dal governo di Pechino. Papa: l’aborto è come affittare un sicario per risolvere un problema. Nel frattempo il Vaticano dà nuovi ruoli alle donne (ma no, non possono essere ordinate al sacerdozio). La Germania vuole le quote rosa per legge nei cda delle aziende.

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Corea del Sud e Giappone

Wikimedia Commons / US Army | Schiave sessuali catturate a Myitkyina il 14 agosto 1944

Alta tensione sulle ‘schiave sessuali’ di occupazione coloniale

L’irrisolto, si sa, torna sempre a galla. Ed è così che i fatti della Seconda Guerra Mondiale restano sospesi nella tensione tra due paesi, la Corea del Sud e il Giappone. E affiorano periodicamente. È quello che sta succedendo a causa della decisione di una corte sudcoreana che ha accolto la richiesta di 12 donne coreane, obbligate a lavorare come “schiave del sesso” per l’esercito imperiale nipponico nel corso dell’occupazione giapponese, e ha intimato al Giappone di risarcire ognuna di loro con la cifra di 100 milioni di won − ovvero 75 mila euro. Una sentenza, quella del tribunale, che ha fatto letteralmente infuriare Tokyo: il Giappone ha convocato d’urgenza l’ambasciatore di Seul e ha definito la decisione «assolutamente inaccettabile». Secondo Yoshihide Suga, premier giapponese, il tribunale sudcoreano non ha considerato la “immunità dello Stato”, ovvero quel principio legale che si richiama al diritto internazionale e per cui un Paese sovrano non è assoggettabile alla giurisdizione di un altro Stato. La decisione, dice ancora il premier, non considera poi la firma del trattato bilaterale del 1965, avvenuta in occasione dell’inizio della normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Giappone e Corea del Sud: un trattato che aveva come scopo quello della composizione dei nodi irrisolti nel corso del periodo coloniale della penisola, tra il 1910 e il 1945, e che quindi includeva anche il dossier, scottante, delle “donne di conforto”. Questa definizione viene utilizzata dalla storiografia per descrivere la storia di circa 200 mila donne − principalmente sudcoreane ma anche cinesi, filippine e indonesiane − che erano state ridotte in schiavitù sessuale nel corso dell’occupazione dell’esercito nipponico.

Rispetto a questo quadro il Giappone, ricostruiscono le cronache, non afferma che non sia successo nulla. Ma certamente ha un atteggiamento di minimizzazione. Il premier precedente, Shinzo Abe, e la sua amministrazione non hanno mai avuto un atteggiamento di apertura verso le molteplici domande di scuse formali avanzate da Seul in relazione al passato storico del Sol Levante. Cinque anni fa, nel 2015, Shinzo Abe ha firmato un’intesa con l’allora presidente Park Geun Hye, con la decisione di stanziare un fondo di un miliardo di yen (7,5 milioni di euro) come contributo alle donne superstiti e alle loro famiglie per risolvere la questione in maniera «finale e irreversibile». Ma l’arrivo sulla scena del presidente coreano Moon Jae-in ha nuovamente riaperto la ferite, soprattutto in alcune fette dell’opinione pubblica che hanno sempre criticato la moralità giapponese nella vicenda. Sono 140 le statue che in tutto il mondo sono state realizzate grazie al finanziamento della società civile e di fondazioni coreane e che rappresentano giovani donne, per non dimenticare questa storia. Statue che il Giappone non vede di buon occhio e che sono occasione di tensione diplomatica tra i due paesi. Il capo di Gabinetto Katsunobu Sato ha spiegato che il Giappone non si appellerà alla sentenza: se lo facesse riconoscerebbe la potestà giudiziale di Seul. Nei prossimi giorni è, invece, attesa a Seul un’altra causa legale che riguarda 20 donne e da cui potrebbero arrivare indennizzi ancora più importanti.

Cina

Wikimedia Commons/Sean Chiu

«Violava le nostre regole»

Social e censura. Non si parla d’altro, da quando Twitter e Facebook hanno deciso di bannare il profilo dell’uomo più potente del mondo (uscente) Donald Trump, dopo i fatti del 6 gennaio a Capitol Hill e una “insurrezione” che ha visto l’assalto al Congresso americano e delle vittime e per cui Trump è ritenuto come l’istigatore di fatto. Secondo The Guardian, nei giorni scorsi Twitter ha rimosso un post dell’ambasciata cinese negli Stati Uniti in cui si sosteneva che le donne uigure sono state “emancipate” dal governo di Pechino nell’ambito di un «processo di sradicamento dell’estremismo». Sotto al tweet c’era il link a un articolo di China Daily dedicato alla condizione dello donne uigure che «grazie all’intervento dello stato non sono più macchine per fare i bambini ma sono più sicure e indipendenti». Il tweet era stato etichettato da Twitter con l’avviso di «violare le regole di Twitter». Gli uiguri sono una minoranza musulmana che vive nella provincia nordoccidentale dello Xinjang. Pechino ha sempre negato di aver tentato di controllare la crescita della popolazione nella regione mediante la sterilizzazione forzata delle donne, una pratica definita dagli esperti «campagna demografica di genocidio». Nel 2019 la Cina ha annunciato un piano per rendere l’Islam «più compatibile con il socialismo» introducendo provvedimenti per “sinizzare” la religione entro quattro anni: tra le restrizioni, il divieto del velo per le donne e per gli uomini quello di portare la barba lunga.

Vaticano

Wikipedia/Gabriel Andrés Trujillo Escobedo | Papa Francesco

«L’aborto è come affittare un sicario per risolvere un problema»

«Possiamo dire che questa è la cultura dello scarto. Quello che perde l’utilità si scarta. Si scartano tante cose: le persone che non sono utili si scartano. Si scartano i bambini, non volendoli, o mandandoli al mittente quando si vede che hanno qualche malattia, o quando semplicemente non sono voluti: prima della nascita si cancellano dalla vita». Sono le parole di papa Francesco in un’intervista al Tg5 andata in onda nei giorni scorsi su Canale 5. «Qualcuno dice che se c’è una cosa si può fare, la religione ci capirà», dice il Pontefice nella sua conversazione con il vaticanista di Madiaset, Fabio Marchese Ragona esprimendosi contro il diritto all’aborto. «È un problema di etica umana». «Io ho il diritto di fare questo? – si chiede Bergoglio – La risposta scientifica: la terza settimana, quasi la quarta, ci sono tutti gli organi del nuovo essere umano nel grembo della mamma, è una vita umana. Io faccio questa domanda: è giusto cancellare una vita umana per risolvere un problema, qualsiasi problema? No, non è giusto. È giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Uno che uccida la vita umana? Questo è il problema dell’aborto. Scientificamente e umanamente».

Papa: nuovi ruoli alle donne, apre a Lettorato e Accolitato

Nel frattempo Papa Francesco ha stabilito con un Motu proprio che i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato siano d’ora in poi aperti anche alle donne, in forma stabile e istituzionalizzata con un apposito mandato. Al momento ci sono già donne che leggono la Parola di Dio durante le celebrazioni liturgiche o svolgono un servizio all’altare, grazie a una prassi autorizzata dai vescovi. Ma tutto questo, fino a ora, succedeva al netto di un mandato istituzionale. Ora secondo la decisione del pontefice le donne possono ufficialmente accedere ai ministeri del Lettorato e dell’Accolitato (lettura durante le liturgie e servizio all’altare). «La scelta di conferire anche alle donne questi uffici, che comportano una stabilità, un riconoscimento pubblico e il mandato da parte del vescovo, rende più effettiva nella Chiesa − spiega lo stesso Papa Francesco in una lettera al Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Luis Ladaria − la partecipazione di tutti all’opera dell’evangelizzazione». Ma sia chiaro: questa decisione ufficiale non porta con sé un’apertura al sacerdozio delle donne. «Rispetto ai ministeri ordinati la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale», dice Bergoglio citando Giovanni Paolo II.

Germania

Wikimedia Commons / Avda / avda-foto.de | Berlino

Quote rosa nei consigli di amministrazione

Arriva l’obbligo, per le società quotate in Germania, di avere nei consigli di amministrazione una quota di donne. Una decisione che rientra in una legge concordata dal governo di Berlino per dare una risposta al divario di genere: soluzione che fino a questo momento non si è trovata in altra maniera. Il progetto di legge dovrà essere votato in parlamento e prevede che le società quotate con quattro o più dirigenti nominino obbligatoriamente almeno una donna nei loro consigli. La legge manda «un segnale molto forte», spiega la ministra della Giustizia Christine Lambrecht, esortando le multinazionali a «sfruttare l’opportunità offerta da donne altamente qualificate».

In copertina Wikimedia Commons /David Stanley | Donne Uigure

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