13 dicembre 2022 – Notiziario in genere

Scritto da in data Dicembre 13, 2022

Russia: madri e compagne dei soldati russi al fronte contro il governo. Tunisia: a cinque anni dalla promulgazione di una legge contro la violenza sulle donne, Human Rights Watch ne denuncia la non efficacia. Spagna: manifestazioni contro le proposte di cambiamento alla “Ley trans”. India: la diciannovesima legislatura ha meno del 10% di rappresentanza femminile in molti stati.

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Russia

Arrestate tre donne, tra cui la leader del Consiglio delle madri e mogli che avevano protestato contro l’assenza di informazioni sui soldati probabilmente morti al fronte. Contro di loro si è aperto un processo per diffusione di materiale estremista. L’associazione, fondata da Olga Tsukanova (tra le arrestate), ha servito da catalizzatore per molte donne che non sapevano nulla dei propri parenti al fronte, sebbene per fonti di stampa vicine al Cremlino sarebbero legate a oppositori stranieri. L’unica prova, al momento, sarebbe la presenza di media bielorussi in esilio in una delle videoconferenze dell’associazione, ma le denunce stanno continuando ad arrivare. Le donne del Consiglio si difendono affermando che al momento «stanno difendendo la Russia più di quanto faccia l’esercito».

Oltre alla ricerca dei soldati di cui non si sa nulla, uccisi o in prigionia, le donne dell’associazione chiedono che la mobilitazione in Ucraina sia giusta, coinvolgendo anche figli di alti funzionari e persone legate al governo. Altre irregolarità hanno riguardato la mobilitazione di cittadini di altre cittadinanze, chiamati al fronte anche se uzbeki o bielorussi.

Meno problemi ha avuto finora il Comitato delle Madri dei Soldati della Russia, l’organizzazione più prestigiosa nel suo genere nel paese. Fondata nel 1989 in Unione Sovietica, riunisce più di cinquanta gruppi locali, ed è riuscita a rimanere fuori dallo screening subìto da altre associazioni grazie alla propria assoluta neutralità. Il loro ruolo in questa guerra è stato limitato alla raccolta di denaro, cibo, vestiti e medicine per i militari, oltre a offrire assistenza legale a quanti sono stati mandati al fronte sebbene ritenessero di non soddisfare i criteri per la coscrizione.

Tunisia

Le autorità tunisine non riescono a proteggere le donne dalla violenza domestica nonostante l’emanazione di una legge del 2017, secondo quanto riportato da Human Rights Watch in un rapporto. Le autorità non riescono a rispondere, indagare, offrire sistematicamente protezione alle donne che denunciano violenze, e la mancanza di finanziamenti per i servizi di supporto, come i rifugi, lascia le sopravvissute senza reali alternative. Kenza Ben Azouz, autrice del rapporto, ha dichiarato che «cinque anni dopo [la promulgazione della legge] molte donne continuano ad affrontare gravi abusi da parte dei propri coniugi e di altri membri della famiglia, e si vedono negare le protezioni e l’assistenza che le autorità devono loro». Human Rights Watch ha rilevato che la maggior parte delle donne tunisine, specialmente se vivono in zone rurali o sono analfabete, non sono a conoscenza delle misure e dei servizi disponibili per proteggerle dalla violenza, ai sensi della legge 58, per mancanza di campagne di informazione pubblica adeguate, ma anche per l’assenza di informazioni dalle autorità.

La legge 58 del 2017

La legge 58 del 2017 prevede misure di protezione temporanee che la polizia può, su richiesta delle sopravvissute, richiedere ai pubblici ministeri, nonché ordini di protezione a lungo termine che i tribunali possono emettere senza che la sopravvissuta debba presentare una denuncia penale o una petizione di divorzio. Questo consente alle autorità di vietare ai presunti abusatori di avvicinarsi alle donne e ai loro figli, consentendo loro di rimanere al sicuro nelle proprie case mentre decidono i prossimi passi. Tuttavia, sembra che le autorità non emettano molto spesso queste ordinanze. Ci sono 130 unità di polizia specializzate in tutto il paese ai sensi della legge 58, ma le donne intervistate hanno riferito che la polizia non sempre ha spiegato loro i diritti cui potevano appellarsi né quali possibilità avessero, anzi, a volte ha risposto alle loro denunce con disprezzo o le ha esortate a riconciliarsi con i loro aggressori.

La maggior parte delle unità specializzate sono aperte solo durante l’orario amministrativo e limitatamente ai giorni feriali, e mancano risorse umane e materiali sufficienti, come i veicoli per portare le donne in ospedale per visite mediche. La polizia insiste spesso anche su requisiti probatori arbitrari, come un certificato medico molto recente che attesti l’abuso, prima di accettare di aprire un’indagine o chiedere ordini di protezione, nonostante la legge non lo richieda.

Human Rights Watch ha anche scoperto che le donne che vanno in tribunale, sia per presentare denunce penali che per chiedere ordini di protezione a lungo termine, spesso non ricevono assistenza legale gratuita, come richiesto dalla legge, oppure notano che  il sostegno è di scarsa qualità. Tutti problemi che peggiorano per le cause di lungo corso. La legge garantirebbe anche il diritto delle sopravvissute a cure mediche e psicologiche, ma nella maggior parte delle regioni sono stati rilasciati gratuitamente solo certificati medici, e le visite (e relativi costi di trasporto) sono rimaste a carico delle donne. Infine, mancano le risorse per dare alle donne sopravvissute alla violenza rifugi e alloggi a lungo termine, quindi spesso le donne si ritrovano nell’impossibilità materiale di lasciare le case degli abusanti.
La Tunisia ha attualmente dieci rifugi, per lo più irraggiungibili dalle aree rurali. Il ministero degli Affari Femminili prevede di aprire ulteriori rifugi per garantire che almeno un rifugio sia operativo in ciascuno dei ventiquattro governatorati del paese entro il 2024. Secondo Human Rights Watch, oltre ad aumentare il numero di rifugi, la Tunisia ha bisogno di seri sforzi di sensibilizzazione per uscire dallo stigma che grava sulle donne che fuggono di casa, nonché di finanziamenti per aiutarle a trovare un alloggio a lungo termine.

India

La rappresentanza femminile in India è molto bassa: in media sotto il 15%, ma in diciannove stati è sotto il 10%. Recentemente alcuni partiti avevano cercato di introdurre quote al 30% per la partecipazione femminile alla politica, ma lo scioglimento della quindicesima legislatura ha bloccato il processo di approvazione già alcuni anni fa.

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