19 giugno 2021 – Notiziario Africa

Scritto da in data Giugno 19, 2021

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  • Costa d’Avorio: rientrato in patria trionfante dopo dieci anni l’ex presidente Laurent Gbagbo, dopo
    essere stato assolto dalla CPI
  • Sahel: catturato dalle forze armate francesi un capo jihadista dell’IS-GS
  • Etiopia: forte scontro fra Addis Abeba e l’inviato dell’Unione Europea, mentre il paese va al voto
  • Rd Congo: esercito accusato di possibili crimini di guerra
  • Nigeria: dopo l’ennesimo rapimento di studenti, il presidente Buhari in visita nel nord
  • Rwanda: chiesto l’ergastolo per l’eroe di Hotel Rwanda
  • Guinea: ufficialmente finita la nuova epidemia di ebola

Costa d’Avorio

Dopo dieci anni di esilio all’estero, l’ex presidente della Costa d’Avorio Laurent Gbagbo è atterrato in patria giovedì dopo aver ricevuto il permesso di tornare dal governo dell’attuale presidente Alassane Ouattara, suo rivale di lunga data. Gbagbo è stato accolto da una folla festante, tanto che si sono registrati alcuni incidenti con le forze di sicurezza, che hanno usato gas lacrimogeni per disperdere le persone. “Sono felice di essere tornato in Costa d’Avorio e in Africa”, ha detto. “In prigione, tutta l’Africa mi ha sostenuto così come la mia gente, la maggior parte dell’Africa”.

Dieci anni fa, Gbagbo aveva rifiutato di concedere la sconfitta alle elezioni presidenziali all’attuale leader Ouattara. La sua resistenza a dimettersi aveva scatenato mesi di violenza con la morte di oltre 3mila ivoriani e aveva portato alla sua estradizione alla Corte penale internazionale dell’Aia nel 2011. Dopo un’attesa di otto anni per il suo processo con l’accusa di crimini di guerra, un giudice lo ha assolto nel 2019, affermando che i pubblici ministeri non erano riusciti a dimostrarne le responsabilità. Il verdetto è stato impugnato ma confermato alla fine di marzo, aprendo la strada a Gbagbo per lasciare il Belgio, dove aveva trascorso gli ultimi due anni.

Intanto, mentre gli osservatori che si chiedono quale impatto avrà il suo ritorno sulla stabilità politica della nazione, le vittime e gli oppositori ritengono che dovrebbe affrontare la giustizia in Costa d’Avorio per le violenze elettorali del 2010. Ancora non è noto se l’ex presidente 76enne cercherà di rientrare in politica. Secondo i suoi sostenitori, le accuse nei suoi confronti erano ingiuste e politicamente motivate. Durante la detenzione, Gbagbo ha scritto un’autobiografia in cui fra l’altro accusa la Francia di pesanti ingerenze nella politica ivoriana e di averlo “tolto di mezzo” a causa della sua resistenza a seguire i dettami di Parigi.

Sahel

Rhissa al-Sahraoui, braccio destro del leader dello Stato Islamico nel Grande Sahara (IS-GS) Abu Walid
al-Sahrawi, è stato catturato dalle forze francesi impegnate nel Sahel. Si ritiene che sia uno dei quattro
quadri dell’IS-GS intercettati durante le recenti operazioni nel nord-est del Mali. Secondo fonti della sicurezza nigerine, coinvolte nei combattimenti, Rhissa al-Sahraoui è stato catturato nella retata effettuata la scorsa settimana durante un’operazione condotta congiuntamente dalle forze Barkhane e dall’esercito nigerino. Al-Sahrawi è noto per la sua padronanza dei droni, che i terroristi usano sempre più spesso per pianificare i loro attacchi.

È un duro colpo per l’IS-GS, che tre settimane fa aveva perso anche il suo numero 2, Abdel Hakim al-
Sahrawi, a seguito di una malattia. Queste operazioni giungono all’indomani dell’annuncio di Macron sulla futura chiusura dell’operazione barkhane e testimoniano il suo riorientamento d’azione verso il Niger.

Etiopia

Flickr | Abiy Ahmed

Nuovo capitolo nella guerra diplomatica fra Etiopia e paesi occidentali. Ieri Addis Abeba ha accusato l’inviato speciale dell’Ue di aver rilasciato false dichiarazioni, addirittura con connotazioni coloniali. Gli etiopi riferiscono di un incontro di martedì tra il finlandese Pekka Haavisto e una commissione del Parlamento europeo durante il quale l’inviato speciale ha accusato le autorità etiopi di voler “sradicare il popolo tigrino per 100 anni”. L’inviato speciale ha riferito che diversi alti funzionari etiopi avevano formulato osservazioni estremiste contro i tigrini. “I rappresentanti etiopi hanno davvero utilizzato questo tipo di linguaggio, che avrebbero distrutto i Tigrini, che li avrebbero sradicati per un secolo. Per me si riferisce ad atrocità molto gravi, violazioni dei diritti umani e crimini. Se sradichi un’intera minoranza… Non puoi distruggere l’intera popolazione del Tigray. È evidente che dobbiamo reagire a quella che sembra una pulizia etnica. È molto grave, se è vero”.

Non è noto quali funzionari avrebbero rilasciato queste dichiarazioni. In ogni caso, la reazione etiope è stata virulenta. Il ministero degli Esteri ha smentito, ritenendo che Pekka Haavisto abbia avuto “un’allucinazione o un vuoto di memoria” e ha accusato il diplomatico di “palesi bugie”, di “affermazioni grottesche prive di contesto e di comprensione”, aggiungendo che l’inviato speciale stava dimostrando “il suo stato d’animo colonialista e soddisfatto di sé” e concludendo: “In queste condizioni è difficile per noi accettare il signor Haavisto come mediatore credibile”.

Intanto il paese, in questo clima, si prepara ad andare al voto lunedì, nelle elezioni rimandate il cui rinvio, ufficialmente a causa della pandemia, aveva acceso la miccia che ha poi provocato l’esplosione di violenza nel Tigray. Il primo ministro Abiy Ahmed, apparendo davanti a migliaia di sostenitori in occasione dell’ultimo evento della campagna elettorale, ha delineato la sua visione di un’Etiopia pacifica, unita e prospera. Il discorso, forzatamente ottimista, arriva mentre non solo è in corso la guerra nel Tigray, ma anche si registrano diffusi disordini etnici e difficoltà economiche.

Repubblica Democratica del Congo

Il presidente congolese Félix Tshisekedi, durante l’atteso e più volte rinviato viaggio nel martoriato est del Paese, si è recato in visita nel giorni scorsi a Goma, poi a Beni e Butembo, nel nord Kivu, prima di approdare a Bunia, capoluogo della provincia dell’Ituri. Tshisekedi ha difeso lo stato d’assedio stabilito in queste province. Secondo lui, dovrebbe consentire di porre fine all’insicurezza ma anche agli “imbrogli” dell’esercito nella gestione dei fondi delle operazioni.

Negli ultimi mesi, in queste province, le forze dell’ordine sono state accusate di atti ancora più gravi. Il gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha documentato diversi casi di possibili crimini di guerra nel suo ultimo rapporto pubblicato mercoledì 16 giugno. La più grave è avvenuta in Ituri lo scorso anno. Il gruppo di esperti ha intervistato una cinquantina di testimoni, alcuni oculari, ma anche vittime e membri delle forze dell’ordine. Diverse unità sono accusate di aver commesso violenze, esecuzioni sommarie, stupri, distruzione e saccheggio di villaggi. Questi abusi hanno preso di mira in particolare le popolazioni Bira e Lendu, considerate vicine ai due principali gruppi armati locali. Il 25 giugno 2020, in un villaggio, sono state addirittura giustiziate 13 persone. Alcuni dei casi documentati potrebbero costituire crimini di guerra, secondo gli esperti delle Nazioni Unite. Secondo questo rapporto, alcuni ufficiali e un battaglione dell’esercito regolare si sarebbero macchiati anche di contrabbando di cacao e di oro, non ché di fornire armi ai gruppi armati che dovrebbero in teoria combattere.

Nigeria

Uomini armati hanno attaccato una scuola in Nigeria, nello stato nord-occidentale di Kebbi, uccidendo un agente di polizia e rapendo almeno 80 studenti e insegnanti. È l’ultimo di una serie di rapimenti scolastici a scopo di riscatto che hanno messo in luce la crescente insicurezza nel nord della Nigeria, il terzo nell’ultimo mese. Per fronteggiare il fenomeno dilagante, i legislatori sono pronti a votare su un disegno di legge che criminalizza i pagamenti di riscatti. Il disegno di legge, che imporrebbe dure pene detentive, è però criticato dai parenti delle vittime di rapimenti. In tale situazione, giovedì 17 giugno il presidente Muhammadu Buhari, criticatissimo per la mancata gestione della crisi securitaria, ha visitato la grande città di Maiduguri, un anno e mezzo dopo la sua ultima visita, nel febbraio 2020. Una visita lampo, ma altamente simbolica. Muhammadu Buhari ha voluto “prendere coscienza della situazione della sicurezza” e dare il via a progetti di sviluppo, in particolare la costruzione di 10mila case per gli sfollati interni che si stanno radunando nelle capitali del Borno.

Il capo dello Stato ha ammesso che “molto lavoro resta da fare per riportare la pace nel nord-est”, in preda all’insurrezione jihadista. Il presidente ha anche fatto riferimento alle “attività dei banditi armati nel centro-nord e nord-ovest, nonché ad altre sfide alla sicurezza in tutta la Nigeria”. Mentre il paese è alle prese con questa forte crisi, stride la notizia che la banca centrale nigeriana sta preparando un progetto pilota di valuta digitale che potrebbe essere lanciato già alla fine di quest’anno. La Nigeria ha vietato alle sue banche e istituzioni finanziarie di trattare o facilitare le transazioni in criptovalute a febbraio dopo la crescita esponenziale dei trasferimenti mensili di criptovaluta da e verso l’Africa.

Rwanda

I pubblici ministeri ruandesi hanno chiesto l’ergastolo per Paul Rusesabagina, l’uomo che ha ispirato il film Hotel Rwanda, accusato dal governo di terrorismo, mentre la sua famiglia dice che deve affrontare maltrattamenti e un processo iniquo. Paul Rusesabagina, una volta elogiato per aver salvato centinaia di tutsi dal genocidio ruandese del 1994 come direttore di un hotel, è accusato di aver sostenuto gli attacchi di un gruppo armato antigovernativo all’interno del Rwanda nel 2018 e nel 2019.

Paul Rusesabagina, cittadino belga e residente negli Stati Uniti, ha negato le accuse, affermando che il suo caso è motivato politicamente per via delle sue prese di posizione estremamente critiche verso il presidente del Rwanda Paul Kagame, alla guida del paese dal 1994. Rusesabagina è stato catturato con l’inganno l’anno scorso su un volo che da Dubai doveva portarlo in Burundi e che è invece atterrato a Kigali, dove è stato arrestato. Un tribunale rwandese ha però stabilito che non si sia trattato di rapimento.

“Mio padre Paul Rusesabagina è un prigioniero politico. È accusato di accuse inventate e nessuna prova contro di lui è stata presentata nel tribunale rwandese”, ha twittato sua figlia Carina Kanimba dopo che l’accusa ha chiesto l’ergastolo, che da mesi si batte per la liberazione del padre. Il caso ha ricevuto attenzione in tutto il mondo. Questo mese, la Fondazione Lantos per i diritti umani e la giustizia ha dichiarato di aver presentato una richiesta formale agli Stati Uniti raccomandando sanzioni contro il ministro della giustizia ruandese Johnston Busingye e il capo dell’ufficio investigativo del Ruanda, il colonnello Jeannot Ruhunga, per il loro ruolo nella sua detenzione.

Guinea

Oggi la Guinea organizza una cerimonia per celebrare la fine ufficiale dell’epidemia di Ebola, 46 giorni
dopo il secondo test negativo dell’ultimo paziente colpito dal virus. Il bilancio, nella regione di Nzérékoré, è stato di 23 casi registrati, con 12 morti e 11 guariti. La precedente epidemia, tra il 2014 e il 2016, aveva ucciso 11mila persone. Stavolta la Guinea è riuscita a porre fine all’epidemia in meno di quattro mesi. Secondo il dottor Rémy Lamah, ministro della salute guineano, il Paese ha imparato molto dalla precedente epidemia e ha beneficiato di nuove cure e vaccini: “I nuovi farmaci ci hanno permesso di tagliare la catena di trasmissione […] La disponibilità di sale di trattamento costruite in tutto il paese ci ha permesso di affrontare rapidamente i pazienti sospetti e confermati” ha affermato.

Liberia

L’ex leader dei ribelli liberiani Alieu Kosiah è stato condannato ieri per crimini di guerra in Liberia. La sentenza è stata pronunciata in Svizzera, davanti al Tribunale penale federale. All’inizio degli anni ’90, durante la guerra civile in Liberia, Alieu Kosiah comandava una milizia all’interno del movimento armato Ulimo che si opponeva ai ribelli di Charles Taylor. Qualche anno dopo si è trasferito in Svizzera, dove è stato arrestato nel 2014. La giustizia penale svizzera ha emesso questo venerdì una condanna storica, condannando l’ex leader dei ribelli liberiani a 20 anni di carcere per crimini di guerra. Alieu Kosiah è stato condannato per 21 delle 25 accuse, inclusa l’ordine o la partecipazione all’uccisione di 17 civili e due soldati disarmati. È stato condannato per stupro, uso di bambini soldato, saccheggi e “trattamenti crudeli, disumani e degradanti” ai civili.

La giustizia svizzera si è occupata del caso in virtù della “giurisdizione universale”, principio che consente di processare le persone sospettate di crimini internazionali, indipendentemente dal luogo in cui sono stati commessi. Tra il 1989 e il 2003, le due guerre civili liberiane hanno causato più di 250mila vittime. Nessun processo ha avuto luogo finora in Liberia.

Mauritania

Migliaia di persone hanno manifestato ieri, venerdì, all’uscita delle moschee per condannare la recrudescenza di omicidi, furti e stupri registrati negli ultimi mesi nel Paese, soprattutto nella capitale Nouakchott. I manifestanti hanno chiesto l’applicazione della sharia, la legge islamica, contro gli autori di questi crimini. Dopo aver camminato dalla Grande Moschea al centro della città, sono stati violentemente dispersi dalla polizia antisommossa che ha usato gas lacrimogeni. La scorsa settimana il governo mauritano ha annunciato un rafforzamento delle misure per combattere l’insicurezza in tre zone della capitale.

Camerun

Mentre il consiglio esecutivo del Fondo monetario internazionale dovrebbe riunirsi a breve per decidere un nuovo prestito da concedere al Camerun, Ong e organizzazioni della società civile si stanno attivando per chiedere all’organizzazione internazionale di chiedere in cambio misure anticorruzione al governo per questo prestito. Come Radio Bullets vi aveva raccontato, a metà maggio era trapelato un audit della Camera dei conti della Corte suprema del Camerun che rivelava come diversi miliardi di franchi CFA prestati dall’FMI per combattere la pandemia erano stati sottratti. Secondo HRW, l’audit trapelato riguarda solo due dei dieci ministeri che hanno ricevuto fondi Covid. Per questo diverse ong chiedono un audit completo e indipendente di tutte le spese relative al covid e che i responsabili di sottrazioni rendano conto alla giustizia.

Burundi

Si è celebrato ieri in Burundi il primo anno di governo del presidente Evariste Ndayishimiye. Se la Presidenza mostra un bilancio positivo, la società civile esprime perplessità. Celebrata la ricorrenza con una tre-giorni di preghiera nella capitale Gitega, in effetti la presidenza di Ndayishimiye ha segnato l’inizio della fine dell’isolamento internazionale in cui era precipitato sotto l’ultima presidenza di Pierre Nkurunziza.

Ndayishimiye ha già visitato nove paesi africani dalla sua ascesa al potere, ha avviato un processo di normalizzazione con il vicino Rwanda e da febbraio sono in corso discussioni con l’Unione europea in vista della revoca delle sanzioni in vigore da sei anni. Ndayishimiye ha ereditato un Paese classificato dalla Banca Mondiale nel 2020 come il più povero del mondo e per questo ha fatto dello “sviluppo economico e della lotta alla corruzione” le sue massime priorità.

Human Rights Watch elenca “alcuni gesti positivi”: la liberazione di giornalisti del giornale Iwacu, la grazia presidenziale a migliaia di prigionieri, una minore repressione poliziesca, lo slancio nella lotta alla corruzione… Tuttavia, continuano a essere commesse gravi violazioni dei diritti umani. “Ha fatto dei gesti positivi, ma non c’è ancora stato un vero cambiamento, soprattutto in termini di esecuzioni extragiudiziali e abusi contro gli oppositori”, secondo il direttore di HRW per l’Africa Centrale, Lewis Mudge. A ciò si aggiunge la già pesantissima situazione economica, peggiorata dalla pandemia.

Zambia

Un lutto nazionale di 21 giorni è stato dichiarato in Zambia dopo la morte, avvenuta giovedì, del padre dell’indipendenza Kenneth Kaunda all’età di 97 anni. E si susseguono tributi, in particolare, dall’Africa
meridionale. Come lo Zambia, il Sudafrica ha dichiarato dieci giorni di lutto nazionale con effetto immediato, in ricordo, ha detto Cyril Ramaphosa, di questo “grande leader” che “stava al fianco del popolo sudafricano
quando ne avevamo più bisogno”, ricordando che “Lo Zambia ha fornito rifugio, assistenza e sostegno ai
combattenti per la libertà costretti a fuggire dal loro Paese di origine”. Sette giorni di lutto nazionale sono stati decretati anche in Botswana in onore, afferma il suo presidente, di “uno statista emblematico, altruista”, “giustamente venerato come il padre dell’indipendenza e dell’unità africana”, la cui leadership è stata “fonte di ispirazione e resilienza”.

Kenneth Kaunda era “determinato a liberare la nostra regione dal colonialismo”, ha twittato il presidente della Namibia. Da parte sua, “la SADC, la Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe, piange il presidente dello Zambia, uno degli ultimi pionieri dell’indipendenza in Africa”, mentre l’Unione Africana afferma che “l’Africa ha perso uno dei suoi figli migliori”.

Botswana

Un enorme diamante del peso di oltre mille carati, che potrebbe essere il terzo più grande estratto della storia, è stato scoperto in Botswana. La gemma di alta qualità del peso di 1.098,3 carati è stata dissotterrata all’inizio di questo mese nella miniera di Jwaneng di proprietà di Debswana, la società mineraria di proprietà congiunta del governo del Botswanan e del gruppo De Beers. Il grande diamante – 73 millimetri di lunghezza, 52 millimetri di larghezza e 27 millimetri di spessore. Il grande diamante sarebbe una buona notizia per l’assediata economia del Botswana che ha subìto una significativa flessione durante la pandemia di COVID-19. I diamanti rappresentano circa i due terzi dei proventi delle esportazioni del Botswana.

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