26 luglio 2022 – Notiziario in genere

Scritto da in data Luglio 26, 2022

Donne afrodiscendenti. Il 25 luglio si è celebrata la giornata internazionale delle donne afrodiscendenti. Iran. Donne contro l’hijab obbligatorio. Colombia. Un terzo del Parlamento al femminile: un risultato storico. Regno Unito. Donne migranti escluse da interventi contro la violenza di genere.

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Donne afrodiscendenti

Il 25 luglio di ogni anno, dal 1992, una giornata internazionale ricorda le donne afrodiscendenti, in commemorazione dell’incontro che si svolse in Repubblica Domenicana e diede vita alla Rete delle Donne Afrolatinoamericane, del Caribe e della Diaspora. Da quell’anno si celebra una giornata per riflettere, scambiare pratiche e opinioni, lotte, contributi e aspirazioni. Sulla pagina della Rete si legge come l’origine delle riflessioni risalga addirittura al 1981, a Cuba, nella ricerca di specificità femministe delle donne nere nella regione latinoamericana. La giornata del 25 luglio è stata però particolarmente ricca di iniziative anche in Spagna, dove la popolazione afrodiscendente arriva quasi al milione e mezzo di individui e in particolare in Andalusia e a Valencia, dove sono presenti collettivi e gruppi. Secondo organizzazioni e associazioni sul territorio spagnolo, il 60% delle persone afrodiscendenti (in maggioranza donne) non si sentono parte del paese e soffrono discriminazioni altissime sul posto di lavoro (nell’82% dei casi) e anche i servizi sociali adottano spesso comportamenti non inclusivi nei confronti di queste persone, che incontrano gravi difficoltà anche solo nel trovare un alloggio.

Iran

Alcune donne, in coincidenza con la giornata nazionale dell’hijab e della castità (il 12 luglio nel calendario iraniano), hanno deciso di togliersi il velo e mostrarsi nelle reti sociali senza, mentre attraversavano luoghi pubblici. Questo accadeva nello stesso giorno in cui le autorità celebravano l’uso del velo come protezione islamica, con manifestazioni di donne. La campagna contro il velo obbligatorio, però, è diventata virale, con lo slogan “No è no, questa volta no all’hijab obbligatorio”, a volte usato anche contro le autorità di regime e non solo per la specifica lotta. Almeno 5 attiviste sono state arrestate in seguito alla protesta, secondo quanto riportato dall’emittente persa della BBC. La campagna ha ottenuto il consenso anche di alcuni uomini, mentre per parte governativa  è stata criticata come frutto di influenze occidentali.

Colombia

Quasi il 30% dei seggi, con 85 deputate e senatrici, per la Colombia, in percentuale, il 9% in più rispetto alla legislatura precedente. Una di loro, Maria Fernanda Carrascal, il giorno in cui si è insediato il Congresso, il 20 luglio, ha sollevato un cartello: “Ascolta, Ivan (riferendosi a Duque, il presidente colombiano, che aveva negato l’esistenza del diritto di interrompere la gravidanza), il diritto di aborto esiste”, introducendo un tema chiave di questa legislatura. Infatti, la Corte Costituzionale ha rimandato al Parlamento la legiferazione in merito, pronunciandosi a favore dell’interruzione volontaria di gravidanza fino alla ventiquattresima settimana. Non tutte le neo-elette sono sostenitrici del diritto di aborto, o femministe, ovviamente, ma si presentano comunque altri temi chiave, come una legge sulla violenza di genere, che potrebbero ricevere ampio consenso, leggi a tutela della maternità, delle donne indigene o delle donne trans. In ogni caso, a fronte di un raddoppiato numero di elettrici, la Colombia ha finalmente raggiunto la “quota rosa” che la legge stessa, oltre che le raccomandazioni Onu, promuovevano, rendendo più vicina al reale la percentuale di donne presenti.

Regno Unito

“Nessuna donna dovrebbe dover scegliere tra uscire dalla violenza e la possibilità di essere deportata”, così si è espressa Hillary Margolis, ricercatrice di Human Rights Watch, a fronte delle nuove norme che escluderebbero le donne migranti dai servizi contro la violenza di genere, in particolare in quei casi in cui abbiano problemi di residenza. Molte donne migranti che subiscono violenza, infatti, sarebbero a rischio di rimpatri e deportazioni perché con residenze irregolari o legate agli abusanti. L’esclusione più generale delle persone migranti da servizi di alloggio o lavorativi perpetua le condizioni che legano le donne a situazioni di violenza. L’esclusione delle donne non britanniche è tanto più forte ora che il governo ha deciso di ratificare la Convenzione di Istanbul, ma solo per chi sia in regola con la cittadinanza. Inoltre, è anche interessante notare come tali esclusioni non siano legate a un solo paese, ma di fatto, molte nazioni tendano a escludere le donne migranti dai propri servizi contro la violenza domestica, come rivelato da una ricerca condotta in questo caso in Australia, in cui si evidenzia come non solo le politiche tendano a non aiutare donne non cittadine, ma le giudichino e intrappolino anche in una presunta cultura “diversa”.

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