Il profumo sa chi sei
Scritto da Valentina Barile in data Ottobre 30, 2020
Profumi, sensazioni. Emozioni. Quanto è visibile il filo che lega l’uomo alla terra. Alle sue paure. Al suo coraggio. Di quanta creatività sono capaci le donne e gli uomini per riprendere un percorso interrotto. Ripartire. Dare e darsi una possibilità. Valentina Barile ne parla su Radio Bullets con Cristina Caboni – autrice de “Il profumo sa chi sei” (Garzanti) – e Betzabeth Ortega Luján, storica e consulente culturale e artistica, dal Perù.
Ascolta l’intervista
Perché il profumo sa chi sei?
Qualcuno diceva: «Siamo fatti della stessa stoffa di cui sono fatti i sogni». Sì, il termine era stuff, vale a dire stoffa. Purtroppo, però, in italiano si traduce non con “stoffa” − letterale, in un inglese antico e ricercato, non a caso scelto dall’autore William Shakespeare nel suo capolavoro Tempesta − ma con l’approssimativo sostanza. «Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni». Sostanza è un termine generico, stoffa, invece, è una sostanza particolare: nasce dalla tessitura di fili, da un disegno che crea quella particolare, unica sostanza, dal nulla. Come il profumo. Cristina Caboni, autrice de “Il profumo sa chi sei” e di molti altri libri legati alla natura e alle emozioni, per noi, ai microfoni di Radio Bullets: «La personalità di ognuno è legata al profumo. Questo è sicuramente dovuto, a mio parere, dal fatto che tutto quello che è olfatto, che è odore, che sono le nostre percezioni, risiedono in una parte del cervello che è quella limbica, una parte arcaica prettamente legata all’istinto. Dunque, in questo senso, tutto quello che ci piace come odore, o tutto quello che troviamo respingente è puro istinto. Non si avvale di quelli che sono i ragionamenti. In questo concetto, c’è il senso della verità del profumo, il senso che il profumo è legato intimamente a quello che noi siamo. E c’è da considerare anche che quando, appunto, ti piace qualcosa, in genere corrispondi a un archetipo interiore, a un archetipo a cui appartieni per tutta una serie di motivi. È una cosa molto curiosa, molto simpatica, a tratti anche interessante, che meriterebbe sicuramente anche un po’ di approfondimento. Io ho giocato, in questo romanzo, con quelle che erano le sensazioni, le emozioni, e soprattutto mi sono legata al fatto che se ami questo profumo, se ti piace questo odore, questa fragranza, è possibile che tu sia così… o viceversa».
Gli alberi, le farfalle, le foglie. Le api, la pioggia, un filo d’erba sono la creatività già esistente prima dell’uomo. E l’uomo, che molto spesso dimentica, è il prolungamento in carne e ossa dei rami, dei ronzii, di un battito d’ali. Cristina Caboni: «Ho avuto il privilegio di crescere in campagna, a contatto con la natura, in un modo che, probabilmente, adesso sarebbe ritenuto piuttosto singolare. Discendo anche da una famiglia di donne molto forti e molto legate alla natura. Della mia prozia che cantava per le api ho anche raccontato in un romanzo “L’agosto delle mele e delle api”. Per me, la natura è sempre stata fondamentale. Mi ha permesso di vedere le cose da un altro punto di vista. E quando sei anche un apicoltore, tu vivi tutto in maniera diversa. Questo mi ha agevolato. Ma credo che la natura, in fondo, sia così radicata all’interno della mia personalità, io sia così estremamente legata a lei, che quando scrivo, in qualche maniera, essendo una tematica così fondamentale, così importante, affiora in quello che io, appunto, scrivo. Io credo che la natura sia il luogo perfetto nel quale noi, esseri umani che di natura siamo fatti, possiamo trovare la nostra dimensione. E se ci lasciamo andare semplicemente alla contemplazione di quello che può essere un prato, di quello che può essere un bosco, della sensazione olfattiva, sensoriale che ci circonda quando noi siamo in un luogo naturale, in una spiaggia mentre il vento ci accarezza anche i capelli, la pelle, mentre stiamo aspirando l’aria salmastra, noi ci ricordiamo che in questi luoghi possiamo essere solo noi stessi e stare benissimo».
Scrivere è creare…
Qual è il mezzo adatto per scrivere, insieme al foglio? E di quale foglio parliamo? I temi che vengono scelti, che arrivano alla porta di chi li racconta, sono condizionati dai mezzi utilizzati dal narratore? Cristina Caboni conclude, per noi, su Radio Bullets: «Scrivere a mano mi aiuta a concretizzare il pensiero. A dargli una tridimensionalità con la quale io, poi, posso interagire. Non è semplicemente scrivere, la cosa fondamentale, ma è proprio tutto il processo: la mano, le penne, la carta, le idee che prendono vita. Le emozioni che da questo gesto scaturiscono, le suggestioni. Tutto procede in una direzione, che è quella poi della storia. Credo che sia un approccio differente; è molto diverso dal digitare, è molto diverso da assistere. Scrivendo noi diventiamo attivi in una dimensione dove il fare è fondamentale, il fare è molto, molto importante. È un approccio diverso rispetto a quello che si potrebbe pensare, perché ti pone al centro della questione. E per me è molto, molto importante. Ritengo che tutto quello che ha a che vedere con noi, con l’espressione della nostra anima sia prezioso, e dunque, debba essere seguito. Da sempre sono stata affascinata dalla carta, dalle penne e da tutto quello che è scrivere, disegnare, esprimersi».
Creatività o creazione?
I personaggi della narrazione di Cristina Caboni creano, viaggiano, ritornano. Sono leggeri, fragili, coraggiosi proprio come i fiori e i profumi. Per Radio Bullets, da Lima (Perù), Betzabeth Ortega Luján approfondirà il senso della creatività e della creazione, rimarcandone il confine: «Parlando di creazione e di creatività, è giusto sottolineare l’intenzione di dare importanza, dal 2005 in avanti, al concetto di economia creativa, e renderlo popolare per sostituirlo alla vecchia definizione di industria culturale che si è diffusa nel Ventesimo secolo. La politica di Tony Blair, del Regno Unito, cominciò a diffondere questo termine per cercare di dare un nuovo volto ai settori produttivi in modo tale da generare dei cambiamenti negli impieghi di molti Paesi del mondo. L’Onu, dal 2008, cominciò a considerarlo per dare una impronta all’economia nel mondo. Pertanto, stabilire una linea di confine tra creatività e creazione aiuta a comprendere cosa vuol dire innovazione, tecnologia, modernizzazione. E tutto ciò che include le economie creative nel mondo, vale a dire la pubblicità, la rete sociale, i mezzi di comunicazione, i servizi di informazione. Tutto ciò si sovrappone al termine creazione, se solo consideriamo la creazione come una definizione abbastanza limitata e non relazionata all’attività umana che è vincolata a un’idea, a un processo di elaborazione legato all’identità della persona e che non interessa altri settori produttivi, economicamente parlando. Creazione e creatività si differiscono soprattutto per gli elementi di modernizzazione e innovazione che l’economia globale pone al di sopra di ogni cosa».
Betzabeth Ortega Luján, Lima (Perù)
I consigli letterari della settimana:
LIBRERIA TREBISONDA di Malvina Cagna
via Sant’Anselmo, 22 – 10125 Torino
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