Prossima fermata: reportage in Siria

Scritto da in data Dicembre 21, 2024

BEIRUT – Il tassista che sfreccia per le strade di Beirut, in una notte di luna quasi piena, racconta che non avrebbe mai immaginato di vedere questo momento in Siria.

Quasi sessantenne, di origini siriane, vive in una città costantemente sull’orlo di una crisi che sia economica, politica o militare.

Beirut, una città surreale, resiliente, forte, coraggiosa piena di bellezza quanto di idiosincrasie.

A sole due ore di macchina, Damasco in Siria.

Un altro paese martoriato, chiuso, spezzato, che per decenni ha subito una delle più serrate dittature la mondo.

Siria, crocevia del mondo

Il crocevia del mondo: è stata per anni considerata così la Siria, che ora si trova a un giro di boa, tra l’entusiasmo delle persone per aver visto cadere un regime, e la preoccupazione per il futuro – come sempre avviene quando tutto è imminente, sconosciuto, quando gli interessi non sono solo quelli del proprio popolo e del suo desiderio di libertà, ma quello di molti protagonisti esterni che ne tengono le mani in pasta.

Dopo che Bashar al-Assad è fuggito in Russia, i siriani euforici hanno gioito per le strade.

Chi non ha visto le belle immagini di uomini e donne che uscivano ad annusare il profumo della libertà?

Sono emersi video commoventi e strazianti di prigionieri politici liberati dopo aver sopportato decenni di torture nelle famigerate prigioni del regime.

Molti si teme siano ancora imprigionati, e non si sa dove potrebbero essere.

Quello che è sicuro è che la caduta della famiglia di Assad è una rara spinta unificante per un paese fratturato, composto da religioni, fazioni, etnie diverse.

Ma le domande che nascono sono tante.

Dopo decenni di controllo e oppressione, 14 anni di guerra, sarà possibile guarire le ferite e garantire una nuova fase di libertà, giustizia e riconciliazione?

La rivolta popolare che ha entusiasmato nel marzo 2011 è stata violentemente repressa da Assad.

Era composta di giovani, società civile, uomini e donne.

Piano piano si è trasformata in tante piccole guerre per procura che hanno coinvolto i soliti noti: Stati Uniti, Russia, Israele, Iran, Turchia, gruppi armati, tra cui Al Qaeda e l’Isis.

Un pentolone di interessi internazionali

È diventato un pentolone di interessi dove a un certo punto era perfino diventato difficile capire chi fosse più con chi.

Mai il detto “il nemico del mio nemico, è mio amico” è stato più vero.

Crimini di guerra efferati e violazioni dei diritti umani sono stati  commessi da tutte le parti  durante la guerra, che ha ucciso oltre 350mila persone.

Nella più grande crisi di sfollamento forzato del mondo, oltre 13 milioni di siriani e siriane sono fuggiti dal loro paese o sono stati sfollati all’interno dei suoi confini.

La guerra ha danneggiato le infrastrutture della Siria, mentre le sanzioni occidentali hanno ulteriormente distrutto l’economia siriana.

La povertà è diffusa e più della metà della popolazione attualmente lotta contro l’insicurezza alimentare.

L’arrivo e il cambiamento di Hayat Tahir al Sham

Poi all’improvviso – almeno all’improvviso per noi occidentali, concentrati sul nostro cortile di casa – arriva Hayat Tahrir al-Sham (HTS), un gruppo un tempo alleato di Al Qaeda in Siria, in gran parte responsabile del rovesciamento di Assad l’8 dicembre.

Da anni controllava e amministrava una parte del paese, dandoci la possibilità di capire – qualora lo si volesse – come si sono comportati prima della svolta di questi giorni.

Designato  dagli Stati Uniti come organizzazione terroristica, HTS ha una sua storia di  brutalità  in Siria.

Il leader del gruppo ribelle, Abu Mohammed al-Jolani, ha fondato il Fronte Al Nusra, un tempo aveva legami con l’ISIS, anche se oggi gli Stati Uniti hanno tolto la taglia di 10 milioni di dollari  che aveva sulla testa.

Lui si è dichiarato moderato e il mondo occidentale e i siriani hanno sicuramente bisogno di crederci.

Ma solo i fatti potranno farci capire se a lungo andare questo sia vero: le parole possono essere fraintese, possono cambiare, le voci sono tante e le persone diverse, tante teste, tanti problemi.

I fatti invece, raccontano e impongono la loro narrazione.

Jolani ha chiaramente detto di aver rinunciato ai suoi legami con Al Qaeda e ha recentemente dichiarato di sostenere il pluralismo religioso in Siria.

Sarà vero?

Solo vivendo la Siria possiamo capirlo.

Due punti a favore di Jolani, che in realtà preferisce essere chiamato Ahmed Hussein al-Sharaa, abbandonando il nome di battaglia: da una parte ha la Turchia, che sa esattamente come avere a che fare con l’Occidente.

E il Qatar, che in quanto a organizzazione è tra i paesi più efficienti del Medio Oriente.

I diritti delle donne?

I diritti delle donne saranno rispettati, ha detto Al Sharaa, che probabilmente alle prossime elezioni che hanno promesso nel giro di poco più di un anno, diventerà presidente.

Se prima non verrà ucciso, ovviamente.

Però qualche giorno fa il portavoce del gruppo ha fatto un paio di commenti che hanno congelato l’entusiasmo delle donne della società civile.

Mettendo in dubbio che le donne possano essere giudici, per esempio.

Tuttavia, un momento di confusione, soprattutto all’inizio, è nelle cose: e tutti dicono tutto perché ancora non ci si è messi d’accordo sulla linea.

Ma sono anche momenti delicati, ed è anche vero che stiamo vivendo in un periodo in cui nel mondo gli estremismi (che siano politici, ideologici, o religiosi) sono sempre più forti.

Si pensi ai talebani, che hanno celebrato la caduta del regime di Assad, ma che dovranno anche fare i conti con un gruppo, l’HTS, che potrebbe essere riconosciuto velocemente dal resto del mondo, proprio perché hanno parlato di inclusività, mentre i talebani anelano disperatamente a essere riconosciuti, ma non lo saranno senza certe condizioni.

HTS insegna ai talebani che un atteggiamento più moderato è vincente.

E che chissà che questo non rafforzi quella linea all’interno del nucleo talebano che pensa che tutto sommato alcune condizioni, come la scuola alle donne, si possano accettare, in nome di una maggiore considerazione del resto del mondo.

Cosa accadrà con Israele? E la Turchia? E i curdi? E la Russia?

Dopo la caduta di Assad Israele ha lanciato centinaia di attacchi aerei e ha sequestrato illegalmente altro territorio oltre alla sua  illegale occupazione, durata 57 anni, delle alture del Golan in Siria.

Resta da vedere se la Turchia rinuncerà alle terre occupate nella Siria settentrionale, soprattutto se i curdi siriani finiranno per formare una regione autonoma all’interno del paese.

Nel frattempo, l’esercito statunitense occupa ancora parte della Siria, compresi i giacimenti petroliferi nel nord-est, e non è chiaro quando gli USA ritireranno i restanti 900 soldati.

E le sanzioni?

Verranno tolte?

Uguaglianza, libertà e giustizia

I siriani sono sempre stati orgogliosi della loro ricca diversità etnica e religiosa.

Un governo inclusivo e democratico che garantisca l’uguaglianza dei diritti di tutti i siriani è essenziale per garantire che il paese rimanga unito e non precipiti nel caos settario – vedi il vicino Iraq, o la Libia.

Sarebbe tragico se un governante autoritario venisse sostituito da un altro o se il paese si balcanizzasse in fazioni armate.

L’incertezza regna sovrana in questo momento in Siria, e i siriani e le siriane e le loro esigenze dovrebbero essere la priorità.

Le società civili internazionali dovranno sostenere, ora più che mai che la gente, uomini e donne possano costruire una Siria pacifica che sfrutti la propria straordinaria forza, coraggio, i loro sogni e speranze, che fino a ora li aiutati a sopravvivere per arrivare a vivere questo preciso momento.

Ed questa è la storia che Radio Bullets, con l’aiuto di chi ci segue, vuole raccontare.

Restano da raccogliere 3200 euro per pagare, fixer, hotel, trasporti e volo.

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