Siria: annunciato il nuovo governo

Scritto da in data Marzo 31, 2025

Il nuovo governo siriano, dominato dalla cerchia ristretta del presidente ad interim Ahmed al-Sharaa, si trova ad affrontare la difficile sfida di guadagnarsi la fiducia dei siriani, nonché quella dei paesi occidentali, per ottenere la revoca delle sanzioni ancora in vigore.

Il governo di transizione composto da 23 membri, senza un primo ministro, è stato annunciato sabato, più di tre mesi dopo che il gruppo islamista di Sharaa Hayat Tahrir al-Sham (HTS) ha guidato un’offensiva che ha rovesciato il presidente di lunga data Bashar al-Assad.

Una nuova leadership, ma vecchi volti e poteri concentrati

La formazione del governo, che succede alle autorità provvisorie in carica da dicembre, segue una dichiarazione costituzionale firmata ed entrata in vigore all’inizio di questo mese, che, secondo esperti e gruppi per i diritti umani, concentra il potere nelle mani di Sharaa e non prevede sufficienti tutele per le minoranze.

Alcuni dei più stretti sostenitori di Sharaa e altre figure a lui vicine costituiscono la maggioranza del governo.

La maggior parte dei membri è musulmana sunnita, il che riflette la composizione demografica della Siria, governata per decenni dal clan Assad, che appartiene alla minoranza alawita.

I portafogli chiave sono stati assegnati a “ex compagni d’armi che facevano già parte del Governo di Salvezza che governava la provincia di Idlib” nella Siria nord-occidentale, bastione ribelle controllato da HTS prima della caduta di Assad.

Chi sono i principali min

Tra questi c’è Assaad al-Shaibani, che in qualità di ministro degli Esteri ad interim, ha incontrato numerosi funzionari occidentali e mediorientali e ha mantenuto il suo incarico di gabinetto nel nuovo governo.

Il ministro della Difesa Murhaf Abu Qasra, che come comandante ribelle ha guidato l’offensiva che ha rovesciato Assad, ha anche mantenuto il suo ruolo. La sfida principale per lui è la costruzione di un nuovo esercito nazionale.

Anas Khattab, sanzionato dalle Nazioni Unite, è stato nominato ministro degli Interni dopo aver ricoperto la carica di capo dell’intelligence ad interim.

Il ministero della giustizia è andato a Mazhar al-Wais, anche lui del governo ribelle di Idlib. Ha sostituito Shadi al-Waisi, che come ministro ad interim ha dovuto affrontare critiche da parte di attivisti e gruppi per i diritti dopo che sono riemersi vecchi filmati che lo collegavano alle esecuzioni sommarie di due donne accusate di prostituzione.

Il leader dei Caschi Bianchi, i soccorritori siriani che lavoravano nelle zone controllate dai ribelli, Raed al-Saleh, è ​​stato nominato ministro delle situazioni di emergenza e dei disastri.

Inclusione simbolica e tensioni con l’amministrazione curda

Nonostante le richieste internazionali di una transizione inclusiva, il nuovo governo ha quattro ministri provenienti da gruppi minoritari in Siria (un cristiano, un druso, un curdo e un alawita), a nessuno dei quali sono stati affidati incarichi chiave.

Yarub Badr, alawita e prima della guerra membro del governo di Assad, è stato nominato ministro dei trasporti.

La veterana figura dell’opposizione Hind Kabawat, appartenente alla minoranza cristiana siriana e da tempo oppositrice di Assad, è stata nominata ministro degli Affari sociali e del Lavoro, la prima donna a essere nominata da Sharaa.

L’amministrazione autonoma curda nella Siria nordoccidentale ha respinto domenica la legittimità del nuovo governo nazionale, affermando che “non riflette la diversità del Paese”.

Circa il 15 percento della popolazione siriana è curda.

L’unico membro curdo del nuovo governo non è affiliato all’amministrazione regionale, che all’inizio di questo mese aveva stretto un accordo con le autorità nazionali per integrarsi nelle istituzioni statali, puntando all’unità dopo oltre un decennio di guerra civile.

Alcuni analisti hanno espresso preoccupazione per il fatto che l’accordo sia di fatto morto sul nascere, dato che anche l’amministrazione curda ha criticato la dichiarazione costituzionale transitoria.

Dopo Assad: i curdi reclamano il loro posto

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