11 novembre 2020 – Notiziario

Scritto da in data Novembre 11, 2020

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  • Palestina: addio a Saeb Erekat, storico capo dei negoziati (in copertina).
  • Arabia Saudita pensa al rilascio di alcune attiviste donna in vista del G20.
  • Marocco: il re ordina la vaccinazione di massa per il coronavirus, non è chiaro con quale vaccino.
  • Chiudono campi sfollati iracheni, 100 mila persone rischiano di finire per strada.
  • Il conflitto in Etiopia si estende oltre il confine, in fuga migliaia di persone.
  • Perù: rimosso il presidente.
  • Stati Uniti: Trump licenzia il Segretario della Difesa
  • Messico: giornalista ucciso e un altro nelle Filippine.
  • Pakistan: tycoon dei media rilasciato su cauzione.

Questo e molto altro nel notiziario di Radio Bullets, a cura di Barbara Schiavulli. Musiche di Walter Sguazzin

Arabia Saudita

L’Arabia Saudita potrebbe rilasciare diverse attiviste incarcerate nel regno prima del vertice del G20 di questo mese, ha indicato l’ambasciatore dell’Arabia Saudita nel Regno Unito, Khalid Bin Bandar Bin Sultan bin Abdulazis al-Saud. Riyadh ha dovuto affrontare crescenti pressioni sulla sua situazione in materia di diritti umani in vista del vertice internazionale, che inizierà il 21 novembre. L’Arabia Saudita ha pubblicizzato l’evento di quest’anno come un evento incentrato sull’emancipazione femminile. Il principe ambasciatore ha aggiunto che il ministero degli Esteri dell’Arabia Saudita sta soppesando il costo della continua detenzione degli attivisti.

Tra le persone detenute ci sono Loujain Al-Hathloul, Nassima Al-Sada, Samar Badawi, Mayaa al-Zahrani e Nouf Abdulaziz, che avevano tutti spinto per un aumento dei diritti delle donne, inclusa la fine delle leggi sulla tutela maschile e il diritto di guidare. Loujain Al-Hathloul, 31 anni, è in sciopero della fame dal 26 ottobre e si dice che la sua salute stia peggiorando. La scorsa settimana un comitato per i diritti delle donne delle Nazioni Unite ha espresso allarme per le sue condizioni.

Iran

L’Iran ha liberato 157 persone arrestate durante le manifestazioni antigovernative, ha detto ieri la magistratura del Paese, mentre gli Stati Uniti sembravano pronti a imporre sanzioni agli iraniani coinvolti in una violenta repressione dei manifestanti. Il portavoce della magistratura iraniana Gholamhossein Esmaili ha detto che i 157 “detenuti” sono tra le 2.301 persone liberate in seguito alla grazia concessa dal leader supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei, come parte degli eventi che segnano l’anniversario della nascita del Profeta Maometto, hanno riferito i media di stato. I 157 detenuti erano stati condannati «per propaganda contro il sistema, assemblea (illegale) e collusione, e per aver preso parte a rivolte dopo essere stati arrestati durante le proteste antigovernative negli ultimi anni», ha detto il portavoce della magistratura. I gruppi per i diritti umani stimano che migliaia di persone siano state arrestate durante le proteste del 2019, scoppiate per l’aumento del prezzo della benzina e rapidamente diventate politiche, con i manifestanti che chiedevano che gli alti funzionari si dimettessero.

Iraq

La decisione dell’Iraq di chiudere una serie di campi sfollati rischia di lasciare più di 100.000 persone senza casa con l’avvicinarsi dell’inverno e la pandemia di coronavirus che si diffonde, hanno avvertito le organizzazioni umanitarie. Più di tre anni dopo che il gruppo dello Stato Islamico ha perso il controllo del suo territorio in Iraq, almeno un milione di civili sono ancora sfollati, con centinaia di migliaia che vivono nei campi. Alcuni non hanno una casa in cui tornare, mentre altri temono che la percezione di appartenenza al gruppo militante li renderà vulnerabili agli abusi.
Il ministero dell’Iraq per gli sfollati ha dichiarato alla fine di ottobre che stava procedendo con le chiusure come parte di un programma di “ritorno sicuro e volontario”. Gruppi umanitari e ricercatori sui diritti umani affermano che, in pratica, ai civili viene spesso ordinato di lasciare il loro campo di sfollati con breve preavviso e senza che sia chiaro se sarà possibile tornare nelle zone da cui provengono. «Chiudere i campi prima che i residenti siano disposti o in grado di tornare alle loro case fa ben poco per porre fine alla crisi degli sfollati. Al contrario, mantiene decine di sfollati iracheni intrappolati in questo circolo vizioso di sfollamento, lasciandoli più vulnerabili che mai, specialmente nel bel mezzo di una furiosa pandemia», ha dichiarato Jan Egeland, segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati.

Giordania

Ieri i giordani hanno votato per il rinnovo del parlamento, sotto strette misure sanitarie a causa del coronavirus. C’erano 1693 candidati divisi in 294 liste che si sono disputati 130 seggi, 15 dei quali riservati alle donne. Affluenza del 28,88%, la più bassa in molti anni: il voto coincide con un profondo malcontento pubblico, mentre la Giordania è alle prese con una crisi economica, disoccupazione e aumento della povertà a causa del Covid-19.

Israele e Palestina

La morte del «fratello e amico, il grande combattente» Saeb Erekat è «una grande perdita per la Palestina e il nostro popolo», ha detto il presidente palestinese Mahmoud Abbas aggiungendo di «provare un profondo dolore per la sua perdita, specialmente alla luce di queste difficili circostanze che deve affrontare la causa palestinese». Erekat, 65 anni, storico negoziatore palestinese − per almeno 40 anni ha partecipato a ogni colloquio di pace − è stato ricoverato per il coronavirus un paio di settimane fa in un ospedale israeliano. Nel 2017 aveva subito negli Stati Uniti il trapianto di un polmone. Persona sensibile, appassionata, dedita, ha creduto che la pace con Israele sfociata negli accordi di Oslo nel 95 fosse possibile. Nel corso dei decenni successivi, Erekat è stata una presenza costante nei media occidentali, dove ha sostenuto instancabilmente una soluzione negoziata di due stati al conflitto israelo palestinese, ha difeso la leadership palestinese e ha incolpato Israele per il mancato raggiungimento di un accordo. Tre giorni di lutto sono previsti in Cisgiordania e a Gaza. Lascia la moglie, 4 figli e 8 nipoti.

Etiopia

Il presidente della commissione dell’Unione africana (Ua), Moussa Faki Mahamat, ha chiesto la «cessazione immediata delle ostilità» nella regione dei Tigray, a nord dell’Etiopia, dove i militari del governo federale hanno lanciato un’offensiva contro i soldati regionali. Ha anche esortato il governo centrale e le autorità dello Stato regionale del Tigray a impegnarsi nel dialogo per arrivare a una soluzione pacifica del conflitto. Il leader tigrino, Debretsion Gebremichael, domenica aveva chiesto all’Ua di intervenire per impedire al Paese del Corno d’Africa «una spirale nella guerra civile», invitando il governo federale a negoziare. Ma il primo ministro etiope, Abiy Ahmed, ha affermato ieri via Twitter che l’offensiva militare cesserà «dopo il disarmo della giunta criminale, il ripristino della legittima amministrazione nella regione, l’arresto dei fuggitivi e il loro essere portati al cospetto della giustizia».
Il conflitto è esploso la scorsa settimana dopo diversi mesi di tensione tra l’amministrazione di Ahmed e il partito Fronte di liberazione del popolo del Tigray (Tplf), uscito vittorioso dalle elezioni locali del settembre scorso. Il voto nel territorio tigrino è stato organizzato nonostante il divieto del governo centrale a causa della pandemia. Intanto migliaia di persone sono fuggite in Sudan in cerca di protezione mentre il leader regionale del Tigray ha accusato l’Eritrea di attaccare su richiesta del governo federale dell’Etiopia. Il flusso di rifugiati è il primo segno visibile di una crescente crisi umanitaria che colpisce milioni di persone nel cuore del Corno d’Africa. Il Tigray rimane quasi completamente tagliato fuori dal mondo quasi una settimana dopo che le comunicazioni sono state interrotte e Ahmed ha annunciato un’offensiva militare in risposta a un presunto attacco a una base militare. Le Nazioni Unite e i partner in Sudan si stanno preparando ad accogliere 20.000 rifugiati, almeno inizialmente.

Mozambico

La BBC, Al Jazeera e altri organi di stampa, citando i media statali e la polizia, riferiscono di oltre 50 persone aggredite e decapitate durante il fine settimana da militanti islamici nella provincia di Cabo Delgado. La provincia è da anni afflitta dagli attacchi dei militanti di Al-Shabaab, che è allineato con il cosiddetto Stato Islamico. In un tweet martedì sera, François-Philippe Champagne, ministro degli Esteri canadese, ha definito le decapitazioni riportate «un atto orribile e spregevole» e ha affermato che il suo ministero monitorerà da vicino la situazione. «Siamo profondamente preoccupati per la situazione in corso», ha detto. «I civili devono essere protetti e la violenza deve cessare».

https://twitter.com/FP_Champagne/status/1326344837361266689

Testimoni hanno raccontato che gli aggressori hanno portato gli abitanti del villaggio in un campo di calcio, dove sono state eseguite le decapitazioni. Il mese scorso Amnesty International ha dichiarato in un rapporto che oltre 2.000 persone sono state uccise in attacchi militanti dal 2017, sfollando più di 300.000 persone che sono fuggite dalle loro case per scampare alla violenza. Medici Senza Frontiere questa settimana ha affermato che il numero è già cresciuto fino a superare i 400.000. Il gruppo militante ha cercato di sfruttare la povertà locale per stabilire il dominio nella provincia, che ospita anche un ricco giacimento di petrolio e gas al largo delle sue coste.

Mali: l’ex presidente del Mali Amadou Toumani Touré, che ha guidato la nazione del Sahel per 10 anni prima di essere estromesso da un colpo di Stato nel 2012, è morto in Turchia all’età di 72 anni

Francia

Per il presidente francese Emmanuel Macron, il terrorismo che colpisce l’Europa ha bisogno di una «una risposta rapida e coordinata», ha detto durate la visita del cancelliere austriaco Kurtz in occasione del minivertice europeo in video conferenza.  Per il presidente francese, la risposta europea deve concentrarsi in particolare sullo «sviluppo di database comuni, su scambi di informazioni o sul rafforzamento delle politiche penali« e su una «applicazione completa e rigorosa dell’arsenale di misure» di cui l’Europa si è già dotata.

La Corte europea dei diritti umani (Cedu) a Strasburgo ha condannato la Russia a pagare 8.500 euro per danni morali all’oppositore russo Aleksey Navalny per la violazione dei suoi diritti avvenuta nel 2012. Il 6 maggio di quel anno Navalny stava manifestando nella piazza moscovita di Bolotnaya, quando fu arrestato “brutalmente”, tenuto in detenzione amministrativa per oltre 15 ore e poi processato.

Austria

La polizia austriaca ha fatto irruzione in più di 60 abitazioni presumibilmente collegati a radicali musulmani, con l’ordine di interrogare 30 sospetti: lo riferiscono  i pubblici ministeri. L’operazione è avvenuta una settimana dopo che un sostenitore del gruppo dello Stato Islamico ha ucciso quattro persone in una sparatoria nel cuore di Vienna, ma i pubblici ministeri hanno affermato che i raid non sono collegati all’attacco. Il ministro dell’Interno Karl Nehammer ha detto che l’azione della polizia era volta a «tagliare le radici dell’Islam politico».

Coronavirus

A Mosca nuove restrizioni, situazione sempre più critica. In Libano ripristinato il lockdown fino al 30 novembre. Il re del Marocco Mohammed VI ha ordinato una vaccinazione di massa, a partire dalla prossima settimana, dai 18 anni in su a partire dal personale sanitario, autorità pubbliche, forze dell’ordine, insegnanti oltre che gli anziani e le persone vulnerabili. Non è chiaro quale tipo di vaccino useranno anche se il Marocco ha partecipato con quasi 1.000 volontari alla sperimentazione del vaccino cinese Sinopharm. Il Brasile sospende la sperimentazione del vaccino cinese Sinovac dopo la morte di un volontario che, è stato specificato, non è correlata al farmaco.

Nagorno-Karabakh

La polizia armena ha ripreso il controllo della sede del governo e del parlamento a Erevan, dopo che i manifestanti avevano fatto irruzione durante la notte di due giorni fa, non contenti della firma del “cessate il fuoco” che segnava la sconfitta del paese nel Nagorno-Karabakh. Intanto il ministro degli Esteri turco ha twittato, commentando l’accordo che il caro Azerbaijan ha ottenuto un importante risultato sul terreno e al tavolo dei negoziati. «Il Karabakh ora è libero. Il Karabakh è Azerbaijan. La Turchia resterà a fianco dell’Azerbaijan sia sul terreno che al tavolo dei negoziati», ha scritto su Twitter Ibrahim Kalin, portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Ieri peacekeeper russi sono stati dispiegati in Nagorno-Karabakh nell’ambito di un accordo che ha interrotto sei settimane di combattimenti tra le forze azere ed quelle etniche armene, bloccando le conquiste territoriali dell’Azerbaijan.

Pakistan

La Corte Suprema del Pakistan ha concesso la libertà su cauzione al proprietario di uno dei più grandi gruppi mediatici del Paese, dopo una detenzione di mesi condannata da gruppi per i diritti come repressione della stampa. «Il tribunale ha concesso la libertà su cauzione a Mir Shakeel-ur-Rehman, che verrà rilasciato dopo aver trascorso più di 200 giorni in detenzione», ha detto all’agenzia di stampa AFP Rana Jawad, direttore delle notizie di Geo TV. Il gruppo Jang di Mir Shakeel-ur-Rehman, che comprende alcuni dei più grandi giornali pakistani e la rete televisiva Geo TV, è stato spesso critico nei confronti del governo del primo ministro Imran Khan e del potente esercito del Paese. Era stato arrestato a marzo per presunta corruzione in una transazione fondiaria risalente al 1986, accusa smentita dai suoi rappresentanti che a loro volta hanno affermato che il watchdog della corruzione del Pakistan lo ha preso di mira perché il gruppo dei media di Rehman ha esaminato il funzionamento dell’agenzia.

Stati Uniti

Il capo della polizia dell’Arkansas, Lang Holland, e un suo capitano, entrambi convinti sostenitori di Trump, sono stati costretti a dimettersi dopo aver invocato l’esecuzione dei sostenitori di Biden e invitando la gente ad attaccarli non avendo il diritto di vivere dopo quello che hanno fatto.

Lunedì, il presidente Trump ha annunciato su Twitter di aver licenziato il segretario alla Difesa Mark Esper. Il presidente ha detto che Esper sarà sostituito dal direttore del Centro nazionale antiterrorismo Christoper Miller (svolse un ruolo chiave nell’invasione dell’Afghanistan), che sarà capo a interim del Pentagono. L’annuncio di Trump è arrivato dopo che i media avevano affermato che Esper stava preparando le sue dimissioni, sebbene il Pentagono lo avesse negato. Si diceva che Esper e Trump si fossero scontrati su alcune questioni, in particolare quando Esper si espresse contro l’invocazione dell’Insurrection Act per sedare i disordini civili scoppiati dopo l’uccisione di George Floyd, sebbene Esper avesse precedentemente definito le proteste “campo di battaglia” e che “i governatori dovevano dominare”. Quando si trattava di politica estera, Esper, ex lobbista della Raytheon, aveva spinto per maggiori spese militari per affrontare Russia e Cina, una maggiore presenza militare nel Pacifico, e ha promosso un piano per aggiungere centinaia di navi alla flotta della Marina Militare. Appena venuto a conoscenza del licenziamento di Esper si è dimesso anche il sottosegretario alla Difesa per la politica, James Handerson.

Messico

Un giornalista che scriveva di crimini violenti nello stato centrale di Guanajuato è morto per ferite da arma da fuoco, hanno confermato le autorità locali: è il secondo omicidio di un giornalista in meno di un mese. Il Messico è da anni una delle nazioni più pericolose del mondo per i giornalisti.
Israel Vazquez stava per dare in diretta la scoperta di resti umani in sacchetti di plastica nel comune di Salamanca per il portale online El Salmantino quando è stato colpito almeno 11 volte, scrivono i media locali. «È stato un gesto davvero vigliacco… Siamo sotto shock», ha detto un collega. Non è chiaro chi sia dietro l’attacco. L’ufficio del procuratore di Guanajuato ha confermato la morte di Vazquez e il governatore dello stato Diego Rodriguez su Twitter ha promesso alla sua famiglia sostegno e protezione. Per l’anno in corso, l’Osservatorio dei giornalisti uccisi, gestito dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO), ha registrato cinque vittime in Messico. Vazquez non è incluso in quel conteggio.

Perù

Il presidente del Parlamento peruviano, Manuel Merino, ha giurato ieri come presidente e porterà avanti il compito di guidare la nazione fino alle elezioni politiche previste per aprile 2021, dopo la destituzione di Martín Vizcarra votata due sere fa dal Congresso. Merino è membro del partito Azione popolare, di centrodestra, e dovrà completare il mandato di governo di cinque anni, fino a luglio 2021. Vizcarra, ormai ex presidente, è accusato di aver accettato tangenti da una società di costruzioni mentre era precedentemente governatore. Sebbene tutti sapessero che il voto era programmato, la rimozione di Vizcarra è sembrata cogliere di sorpresa molti all’interno del sistema politico del Perù. Molti politici e organi di stampa hanno descritto la mossa come illegittima. George Forsyth, il principale candidato alla presidenza, lo ha definito un «colpo di Stato sotto mentite spoglie». La candidata alla presidenza di sinistra Veronika Mendoza ha chiesto ai peruviani di scendere in piazza per difendere la democrazia. L’Instituto de Defensa Legal (IDL) lo ha definito un colpo di Stato del Congresso.

Filippine

Due uomini armati su una motocicletta hanno ucciso un giornalista radiofonico fuori dalla sua casa nelle Filippine ieri, ha dichiarato la polizia, quattro anni dopo che il giornalista era sopravvissuto a un tentativo di omicidio quasi identico. Virgilio Maganes, 62 anni, con base nella provincia di Pangasinan, a nord-ovest di Manila, è stato colpito sei volte ed è morto sul posto. La task force presidenziale sulla sicurezza dei media ha descritto l’omicidio come “un atto di codardia” e ha promesso di dare la caccia ai responsabili. Maganes era sopravvissuto al precedente attentato alla sua vita nel novembre 2016 fingendosi morto. «Chiediamo che le autorità lavorino velocemente per trovare gli assassini, che potrebbero essere collegati al fallito attentato precedente», ha detto in una nota l’Unione Nazionale dei Giornalisti delle Filippine (NUJP). Nonostante la reputazione di essere una delle scene mediatiche più liberali dell’Asia, le Filippine sono uno dei paesi più mortali al mondo per i giornalisti, con almeno 190 morti negli ultimi 35 anni. Le emittenti provinciali sono tra quelle più prese di mira. Il presidente Rodrigo Duterte ha reso la creazione della task force per la sicurezza dei media una priorità quando si è insediato nel 2016, ma i suoi critici affermano che la libertà di stampa si è deteriorata sotto il suo governo, puntando il dito contro le invettive verbali e le azioni legali nei confronti delle organizzazioni dei media e la sua incapacità di condannare il trolling online e le minacce contro i media fatte dai suoi irriducibili sostenitori.

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