Egitto: oltre i confini la caccia ai dissidenti
Scritto da Radio Bullets in data Ottobre 13, 2020
L’Egitto è diventato uno dei paesi più ostili alla libertà di espressione e alla dissidenza politica. Basta un post su Facebook o la partecipazione a una protesta per finire in prigione. Non solo stana i suoi critici in patria o quando arrivano all’aeroporto di rientro da qualche parte, ma sono riusciti a stringere accordi anche con altri paesi per estradare persone ritenute non allineate.
L’ultimo caso lo riporta il quotidiano kuwaitiano al-Qabas con la deportazione da parte del Kuwait a Il Cairo di tre egiziani che avevano mostrato sostegno alle proteste contro il presidente Abdel Fattah el-Sisi. Ieri l’apparato di sicurezza nazionale ha consegnato tre residenti egiziani all’Interpol con l’accusa di “incitamento al caos e richieste di proteste attraverso i social media”.
«Dopo aver raccolto tutte le informazioni – si legge sul quotidiano – è stata costituita una Divisione per le indagini sulla sicurezza dello Stato che li ha arrestati nel governatorato di Farwaniya, e dopo che le indagini sono state completate, sono stati consegnati all’Interpol egiziana». Sempre secondo il giornale, c’è stato «un intenso coordinamento tra le autorità di sicurezza kuwaitiane e le loro controparti egiziane nel quadro di accordi congiunti per lo scambio di criminali».
Le proteste
L’Egitto è stato testimone di proteste a livello nazionale contro el-Sisi dal 20 settembre scorso, che ha segnato il primo anniversario delle più grandi proteste antigovernative a cui il Paese abbia assistito negli ultimi cinque anni. Le proteste sono esplose in più di 40 villaggi in tutto l’Egitto e sono continuate per più di una settimana, nonostante una repressione della polizia. Il dissenso è scoppiato in risposta a una chiamata del dissidente in esilio Mohamed Ali, che aveva acceso le contestazioni nello stesso periodo l’anno scorso, dopo che diventarono virali le sue testimonianze video che denunciavano la corruzione del presidente e del suo entourage.
Secondo Amnesty International, i servizi di sicurezza hanno arrestato almeno 1.943 persone dall’inizio delle recenti proteste, e secondo l’avvocato per i diritti umani Khaled Ali, almeno 4.000 sono state arrestate durante la repressione dello scorso anno.
Un’inchiesta di Middle East Eye lo scorso anno ha rivelato che le autorità egiziane usano l’Interpol, organo di polizia internazionale, per colpire gli avversari politici di el-Sisi all’estero.
Citando una serie di casi, il rapporto MEE dimostra i tentativi egiziani di estradare dissidenti esiliati utilizzando l’avviso rosso dell’Interpol e i sistemi di avviso di diffusione, che consentono agli Stati membri di richiedere l’arresto di presunti criminali fuggiti all’estero.
Nella classifica sulla libertà di stampa di Reporters senza Frontiere 2020, su 180 paesi l’Egitto si trova al 166° posto, scendendo di 3 posti dall’anno scorso. E nelle carceri egiziane si stima ci siano 60.000 prigionieri politici.
Foto di copertina: 愚木混株 Cdd20 from Pixabay
Ti potrebbe interessare anche:
- Amnesty international: uccisi manifestanti durante le proteste
- Venezuela: combattere per i diritti umani
- Doha: al via i colloqui intrafgani
- Il ministro degli Esteri russo annuncia il cessate il fuoco tra Armenia e Azerbaijan
- Bielorussia: ancora proteste, decine di arresti
- Egitto: Scrittore e critico del presidente muore pochi giorni dopo essere stato rilasciato di prigione
- Sfida a suon di suono
- 73 per cento delle profughe africane denuncia aumento violenza domestica durante il Covid
- Thailandia: decine di migliaia di persone in protesta
- Extinction rebellion
E se credete in un giornalismo indipendente, serio e che racconta recandosi sul posto, potete darci una mano cliccando su Sostienici