Afghanistan: gli americani uccidono il leader di al-Qaida

Scritto da in data Agosto 2, 2022

Ayman al-Zawahiri, settantuno anni, e leader di al-Qaida, era in bella vista in una casa a Kabul in Afghanistan, nonostante una taglia di venticinque milioni di dollari sulla sua testa. Appariva regolarmente all’aperto, sul balcone. Ma anche se ormai anziano, gli Stati Uniti non hanno mai rinunciato a perseguire uno dei pianificatori degli attentati dell’11 settembre 2001, e successore di Osama Bin Laden dopo la sua morte ad Abbottabad in Pakistan nel 2011.

La notizia che erano stati lanciati due missili americani da un drone su Kabul, sabato, era rimbalzata nelle pagine dei giornali locali. I talebani avevano negato, nonostante la colonna di fumo che si elevava dal quartiere di Sherpur. Il portavoce dei talebani ha poi ammesso un attacco aereo su una casa residenziale, ma sostenendo di «non conoscere la natura dell’incidente», e comunque condannando l’attacco aereo definendolo «una violazione dei principi internazionali».

Fuori dall’Afghanistan, invece, Rahmatullah Nabil, ex capo dei servizi segreti del governo precedente (NDS), ha dichiarato che i droni erano americani, pensando però che avessero attaccato una cellula dell’Isis-k.

Poi, ieri, l’annuncio del presidente americano Joe Biden: dopo anni passati a dargli la caccia, le forze armate statunitensi hanno lanciato due missili Hellfire da un drone in volo sopra la capitale afghana, colpendo il rifugio di al-Zawahiri e uccidendolo.

Funzionari statunitensi, in condizione di anonimato, hanno descritto un’operazione meticolosamente pianificata, come quella che ha ucciso Osama bin Laden nel suo nascondiglio in Pakistan nel 2011, un successo che portò alla rielezione del presidente Obama.

Che il leader del violento gruppo jihadista fosse in Afghanistan non sorprende: da quando i talebani intransigenti hanno ripreso il controllo ad agosto, al-Qaida si è sentita più a casa, affermano gli analisti. Ma trovarlo è stato comunque difficile. Secondo le prime speculazioni, si trovava nella casa di un aiuto del ministro degli Interni talebano Sirajuddin Haqqani, legato alla famigerata rete di Haqqani, da sempre considerata l’anello di congiunzione tra i talebani e al-Qaida. Il ministro, al momento dell’attacco, era impegnato in una riunione con un gruppo di rappresentanti del governo pakistano.

Gli Stati Uniti hanno cercato al-Zawahiri per due decenni, ma solo quest’anno i servizi segreti statunitensi hanno appreso che la famiglia — sua moglie, sua figlia e i suoi figli — si erano trasferiti nella capitale afghana. Al-Zawahiri li ha poi seguiti per riunirsi con loro. Sono stati attenti ma non abbastanza. Gli americani hanno osservato la casa per mesi. «Abbiamo identificato al-Zawahiri, in più occasioni, per lunghi periodi di tempo sul balcone», ha riferito un funzionario americano.

Un piano di attacco sviluppato tra maggio e giugno. Gli Stati Uniti hanno costantemente monitorato la residenza a più piani per capire il modello di vita della famiglia.

Il rifugio di al-Zawahiri

Hanno studiato la costruzione della casa, con l’obiettivo di colpire al-Zawahiri senza minacciare l’integrità strutturale dell’edificio, per ridurre al minimo il rischio per i civili, forse memori dell’attacco dell’agosto dell’anno scorso a Kabul che vide la morte della persona sbagliata, con dieci bambini che gli correvano accanto.

Funzionari della difesa e dell’intelligence hanno finalizzato il piano a giugno e lo hanno presentato a Biden alla Casa Bianca il primo luglio, utilizzando un modello dettagliato della residenza, come è stato fatto prima che avvenisse il raid per Osama bin Laden. Biden ha posto domande dettagliate sulla struttura, sui problemi meteorologici e sul rischio per i civili, ha affermato il funzionario. Infine, il 25 luglio, Biden, ancora positivo al Covid-19, ha preso la decisione.

Il briefing finale si è svolto con i funzionari chiave del Gabinetto che si sono uniti al gruppo, facendo eco all’incontro della Casa Bianca del 28 aprile 2011 in cui il presidente Barack Obama decise di schierare militari delle operazioni speciali statunitensi per entrare in Pakistan e catturare o uccidere bin Laden. A quel tempo Biden era vicepresidente ed espresse dubbi. I rischi che le cose andassero male erano alti, Osama bin Laden non era stato chiaramente identificato e le relazioni con il Pakistan avrebbero potuto risentirne, ha ricordato in seguito.

Con al-Zawahiri, invece, nessun soldato americano avrebbe dovuto mettere piede nel paese, portando a zero il rischio che ci potessero essere vittime americane; al-Zawahiri era stato chiaramente identificato e i rapporti con i talebani sono prossimi all’inesistente, nonostante appena qualche giorno prima una delegazione americana guidata dall’inviato Thomas West si fosse incontrata con una talebana a Doha, secondo le dichiarazioni ufficiali, per discutere dei soldi afghani congelati nella banche estere, circa sette miliardi di dollari. Ma nessuno esclude che gli americani abbiano accennato all’incapacità o alla non volontà dei talebani di combattere contro l’Isis e al-Qaida.

L’attacco ha coinvolto un drone statunitense, armato con due missili Hellfire a guida di precisione, che sono stati lanciati alle 6:18 di sabato, ora di Kabul. Al-Zawahiri è stato «ucciso sul balcone», ha dichiarato un funzionario come si legge sui giornali americani. Sembra che i missili non fossero normali Hellfire — la cui potenza esplosiva avrebbe potuto distruggere la casa — e le prime foto apparse dell’edificio mostrano solo alcune finestre esplose e il resto intanto.

Potrebbe essere stata usata una versione non esplosiva dell’Hellfire, l’R9X, che dispiega una serie di lame simili a coltelli dalla sua fusoliera distruggendo il suo bersaglio, ma lascia intatte le persone e gli oggetti vicini. Il cosiddetto missile “ginsu volante” è stato utilizzato una mezza dozzina, o più, volte dalle forze statunitensi per uccidere altri leader di gruppi jihadisti, senza ferire chi non fosse troppo vicino.

Secondo gli americani non ci sarebbero stati altri feriti, ma per il momento non possiamo confermare la dichiarazione: altri membri della famiglia erano sicuramente presenti e non è escluso che siano stati presi e portati in salvo dai talebani.

Le reazioni dei talebani all’attacco

L’attacco con i droni è il primo attacco statunitense noto, all’interno dell’Afghanistan, da quando le truppe e i diplomatici americani hanno caoticamente lasciato il paese nell’agosto 2021. Prima del ritiro, gli Stati Uniti, quando c’era ancora Trump, hanno stretto un accordo di pace con i talebani (quattro paginette) noto come “accordo di Doha”.
Una dichiarazione dell’Emirato Islamico in Afghanistan dice che i talebani «condannano fermamente questo attacco e lo definiscono una chiara violazione dei principi internazionali e dell’accordo di Doha». Tali azioni sono una ripetizione delle esperienze fallite degli ultimi venti anni e sono contro gli interessi degli Stati Uniti d’America, dell’Afghanistan e della regione», si legge nella dichiarazione. Gli Stati Uniti, dal canto loro, affermano che i talebani hanno già «grossolanamente violato l’accordo di Doha» proteggendo al-Zawahiri in primo luogo.

«Di fronte alla riluttanza o all’incapacità dei talebani di rispettare i propri impegni, continueremo a sostenere il popolo afghano con una solida assistenza umanitaria, e a sostenere la protezione dei loro diritti umani, in particolare delle donne e delle ragazze», ha dichiarato il Segretario di Stato americano Antony Blinken. Il presidente Biden ha detto che giustizia è stata fatta. «Non importa quanto tempo ci vorrà, non importa dove ti nascondi: se sei una minaccia per il nostro popolo, gli Stati Uniti ti troveranno e ti porteranno fuori», ha mormorato Biden in diretta televisiva.

L’Arabia Saudita ha accolto con favore la morte del leader di al-Qaida, con un portavoce del governo che ha dichiarato ai media statali: «Al-Zawahiri è considerato uno dei leader del terrorismo che ha guidato la pianificazione e l’esecuzione di efferate operazioni terroristiche negli Stati Uniti e in Arabia Saudita».

La coppia del terrore

Al-Zawahiri e Bin Laden si erano conosciuti negli anni Ottanta quando il primo, chirurgo esperto, lavorava con la Mezzaluna Rossa. Ha poi aiutato Bin Laden a creare al-Qaida e ne ha assunto la guida nel 2011, dopo che Bin Laden venne ucciso dagli americani.

Negli anni successivi, attacchi aerei americani hanno ucciso una serie di vice di al-Zawahiri, indebolendo la capacità del leader egiziano di coordinarsi a livello globale. Si ritiene che al-Zawahiri fosse coinvolto in alcune delle più eclatanti operazioni di al-Qaida e che sia il vero artefice degli attacchi dell’11 settembre 2001, quando quattro aerei furono dirottati e fatti volare verso il World Trade Center e non solo.

Prima della formazione di al-Qaida, al-Zawahiri ha guidato il gruppo della Jihad islamica in Egitto negli anni Novanta ed è stato una figura di spicco nella campagna per rovesciare il governo e creare uno stato islamico purista.

Prima dell’11 settembre si crede anche che al-Zawahiri abbia pianificato un attacco alla nave USS Cole nello Yemen, in cui rimasero uccisi diciassette marinai statunitensi, e ne ferì più di altri trenta il 12 ottobre 2000. In precedenza è stato anche incriminato per il suo ruolo nel bombardamento delle ambasciate statunitensi in Kenya e Tanzania, nel quale il 7 agosto 1998 rimasero uccise duecentoventiquattro persone e più di cinquemila ferite.

Quanto era importante?

Al-Zawahiri è il leader di al-Qaida dal 2011 e ha preso il potere dopo che il suo fondatore, Osama bin Laden, è stato ucciso dalle forze statunitensi in Pakistan quello stesso anno. Considerato il principale organizzatore e stratega, ma privo di carisma e travolto dalla concorrenza del rivale Isis, che ne ha ostacolato la capacità di ispirare attacchi spettacolari in occidente. Con la sua personalità inflessibile e combattiva, tuttavia al-Zawahiri è riuscito a coltivare gruppi vagamente affiliati in tutto il mondo, cresciuti fino a condurre devastanti insurrezioni locali, alcune delle quali radicate nei disordini derivanti dalla primavera araba. La violenza ha destabilizzato un certo numero di paesi in Asia, Africa e Medio Oriente. Prima di diventare leader, al-Zawahiri ha svolto un ruolo importante all’interno del gruppo terroristico, fungendo da vice leader dal 1998.

Dopo che gli Stati Uniti hanno invaso l’Afghanistan nel 2001, al-Zawahiri ha ricostruito la leadership di al-Qaida nella regione di confine afghano-pakistana e ha rimodellato il gruppo, per farlo diventare una struttura decentralizzata assemblando reti di rami autonomi nella regione.

Al-Zawahiri è stato spesso visto come il volto del gruppo terroristico, che diffondeva continui flussi di messaggi video mentre Osama bin Laden era al riparo. Al-Zawahiri ha anche svolto un ruolo negli attentati ai treni del 2004 a Madrid, e negli attentati alla metropolitana di Londra nel 2005.

Era anche considerato da alcuni un leader pungente e divisivo, con alcune figure chiave nella leadership di al-Qaida che lo definivano eccessivamente controllante e riservato rispetto a Osama bin Laden. La sua morte è ampiamente considerata come il più grande colpo inferto al gruppo terroristico dalla morte di Osama bin Laden, 11 anni fa. Di fatto, però, i giorni di al-Qaida come rete gerarchica e diretta di complotti che hanno attaccato gli Stati Uniti l’11 settembre 2001, erano già ormai lontani. Invece, la militanza è tornata alle sue radici nei conflitti a livello locale, guidata da un mix di rimostranze locali e incitamento da parte delle reti jihadiste transnazionali che utilizzano i social media.

La prima volta di al-Zawahiri

La prima volta che il mondo ha sentito parlare di al-Zawahiri è stato mentre si trovava in una gabbia in un’aula di tribunale, dopo l’assassinio dell’allora presidente egiziano Anwar al-Sadat nel 1981. «Ci siamo sacrificati e siamo ancora pronti per altri sacrifici, fino alla vittoria dell’Islam», gridava al-Zawahiri indossando una tunica bianca, mentre i compagni imputati, infuriati dal trattato di pace di Sadat con Israele, intonavano slogan. Al-Zawahiri ha scontato una pena detentiva di tre anni per possesso illegale di armi, ma venne assolto dalle accuse principali.
Chirurgo esperto — uno dei suoi pseudonimi era The Doctor — al-Zawahiri è andato in Pakistan dopo il suo rilascio, e ha lavorato con la Mezzaluna Rossa curando i guerriglieri mujaheddin islamici feriti in Afghanistan che combattevano le forze sovietiche.

Durante quel periodo conobbe Osama bin Laden, ricco saudita che si era unito alla resistenza afghana. Assumendo la guida della Jihad islamica in Egitto nel 1993, al-Zawahiri è stato una figura di spicco nella campagna di metà anni Novanta per rovesciare il governo e creare uno stato islamico purista. Più di milleduecento egiziani vennero uccisi. Le autorità egiziane hanno attuato una forte repressione della jihad islamica dopo il tentativo di omicidio dell’allora presidente Hosni Mubarak ad Addis Abeba, nel giugno 1995. Al-Zawahiri, dal turbante bianco e grigio, rispose ordinando un attacco, nel 1995, all’ambasciata egiziana di Islamabad. Due auto piene di esplosivo sfondarono i cancelli del complesso, uccidendo sedici persone.

Nel 1999, un tribunale militare egiziano ha condannato al-Zawahiri a morte in contumacia. A quel punto, ha vissuto la vita spartana del militante dopo aver aiutato Osama bin Laden a formare al-Qaida. Una videocassetta trasmessa da Al Jazeera nel 2003 mostrava i due uomini che camminavano su una montagna rocciosa, un’immagine che l’intelligence occidentale sperava potesse fornire indizi sulla loro ubicazione.

Ha assunto la guida di al-Qaida nel 2011, dopo che i Navy Seals degli Stati Uniti hanno ucciso Osama bin Laden nel suo nascondiglio in Pakistan. Da allora, con un AK-47 al suo fianco durante i videomessaggi, ha ripetutamente invocato la jihad globale.

In un elogio per Osama bin Laden, al-Zawahiri ha promesso di perseguire gli attacchi all’Occidente, ricordando la minaccia del militante di origine saudita, che «avrebbero sognato la sicurezza finché non l’avrebbero vissuta come una realtà, e finché non avessero lasciato (gli occidentali) le terre dei musulmani».

Le origini di al-Zawahiri

Al-Zawahiri non è uscito dai bassifondi de Il Cairo, come altri attratti da gruppi militanti che promettevano una nobile causa. Nato nel 1951 da un’importante famiglia de Il Cairo, al-Zawahiri era nipote del grande imam di al-Azhar, una delle moschee più importanti dell’Islam.

Al-Zawahiri è cresciuto nel verdeggiante sobborgo di Maadi de Il Cairo, luogo prediletto dagli espatriati delle nazioni occidentali contro cui si è poi scagliato. Figlio di un professore di farmacologia, al-Zawahiri ha abbracciato per la prima volta il fondamentalismo islamico all’età di quindici anni. È stato ispirato dalle idee rivoluzionarie dello scrittore egiziano Sayyid Qutb, un islamista giustiziato nel 1966 con l’accusa di aver tentato di rovesciare lo stato. Le persone che hanno studiato con al-Zawahiri alla Facoltà di Medicina dell’Università de Il Cairo negli anni Settanta descrivono un giovane vivace che andava al cinema, ascoltava musica e scherzava con gli amici. «Quando è uscito di prigione era una persona completamente diversa», ha detto un medico che ha studiato con al-Zawahiri, in condizioni di anonimato.

Nella gabbia dell’aula, dopo l’assassinio di Sadat, durante una parata militare al-Zawahiri si è rivolto alla stampa internazionale, dicendo che i militanti avevano subito gravi torture, tra cui frustate e attacchi di cani in prigione. «Hanno arrestato le mogli, le madri, i padri, le sorelle e i figli in un processo per esercitare pressioni psicologiche su questi prigionieri innocenti», ha detto. Secondo i compagni di prigionia, quelle condizioni hanno ulteriormente radicalizzato al-Zawahiri e lo hanno avviato sulla strada della jihad globale.

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