Dopo lo Sri Lanka, quali altri paesi sull’orlo della crisi?

Scritto da in data Luglio 29, 2022

Le manifestazioni hanno spinto il presidente a lasciare il paese e a trovare rifugio per le prossime due settimane a Singapore. Si spezza così una dinastia, due fratelli al potere da anni che si sono ritrovati con un paese allo sbando. Lo Sri Lanka, oggi, è alla disperata ricerca di aiuto per superare la peggiore crisi della sua recente memoria. Le scuole sono chiuse. Il carburante è finito. Medicine e cibo scarseggiano ogni giorno di più. La richiesta di una negoziazione per un salvataggio dal Fondo Monetario Internazionale è stata ostacolata dalla gravità della crisi finanziaria, ha affermato senza peli sulla lingua il primo ministro.

Ma non è l’unica economia a essere in seria difficoltà con i prezzi di cibo, carburante e altri beni di prima necessità aumentati vertiginosamente “grazie” alla guerra in Ucraina. Suonano campanelli d’allarme per molte economie del mondo, dal Laos al Pakistan, dal Venezuela alla Guinea.

Circa 1,6 miliardi di persone in novantaquattro paesi stanno affrontando almeno una dimensione di crisi nei sistemi alimentari, energetici e finanziari, senza contare il clima, e circa 1,2 miliardi di loro vivono in paesi con una “tempesta perfetta”, gravemente vulnerabili per la crisi del costo della vita e altri tensioni a lungo termine, secondo un rapporto del mese scorso del Global Crisis Response Group del Segretario generale delle Nazioni Unite.

La Banca Mondiale stima che quest’anno il reddito pro-capite delle economie in via di sviluppo sarà di un 5% al ​​di sotto dei livelli pre-pandemia. Le tensioni economiche stanno alimentando le proteste in molti paesi, anche perché, nel frattempo, i prestiti a breve termine, con interessi più elevati per aiutare a finanziare i pacchetti di aiuti per la pandemia, hanno accumulato debiti negli stessi paesi che già lottano per soddisfare gli obblighi di rimborso. Secondo le Nazioni Unite, più della metà dei paesi più poveri del mondo è in difficoltà o è ad alto rischio.

E visto che piove sempre sul bagnato, alcune delle crisi peggiori si verificano in paesi già devastati da corruzione, guerra civile, colpi di Stato o altre calamità.

Afghanistan

L’Afghanistan è stato sconvolto da una terribile crisi economica da quando i talebani hanno preso il controllo del paese nell’agosto scorso, dopo il tradimento degli Stati Uniti e della Nato. Gli aiuti esteri si sono fermati praticamente dall’oggi al domani e i governi hanno imposto sanzioni, sospeso i bonifici bancari e paralizzato il commercio, rifiutandosi di riconoscere il governo talebano. L’amministrazione Biden ha congelato sette miliardi di dollari delle riserve di valuta estera afghana trattenute negli Stati Uniti. Circa la metà dei trentaquattro milioni di abitanti del paese affronta livelli di insicurezza alimentare pericolosi per la vita e la maggior parte dei dipendenti pubblici, inclusi medici, infermieri e insegnanti, non vengono pagati da mesi. Come se non bastasse, un recente terremoto ha ucciso più di mille persone, aggiungendosi alle  miserie esistenti.

Libano

Il Libano condivide con lo Sri Lanka una combinazione tossica di crollo valutario, povertà, livelli di inflazione, fame crescente, file serpeggianti per il gas e una classe media decimata. Il paese ha subito una lunga guerra civile, la cui ripresa è stata ostacolata da disfunzioni del governo e attacchi terroristici. Le tasse proposte alla fine del 2019 hanno acceso una rabbia di lunga data contro la classe dirigente e mesi di proteste. La valuta ha iniziato ad affondare e il Libano è risultato inadempiente nel restituire un valore di circa novanta miliardi di dollari all’epoca, ovvero il 170% del PIL, uno dei più alti al mondo. Nel giugno 2021, con la valuta che ha perso quasi il 90% del suo valore, la Banca Mondiale ha affermato che la crisi è stata classificata come una delle peggiori che il mondo abbia visto in più di centocinquanta anni.

Pakistan

Come lo Sri Lanka, il Pakistan ha avviato colloqui urgenti con il FMI, sperando di rilanciare un pacchetto di salvataggio da sei miliardi di dollari che è stato poi sospeso dopo che il governo del primo ministro Imran Khan è stato estromesso ad aprile. L’impennata dei prezzi del greggio ha spinto al rialzo i prezzi del carburante, che a loro volta hanno prodotto altri costi, spingendo l’inflazione oltre il 21%. L’appello di un ministro del governo a ridurre il consumo di tè per ridurre la fattura di seicento milioni di dollari per il tè importato, ha fatto arrabbiare molti pakistani. La valuta del Pakistan, la rupia, è scesa di circa il 30% rispetto al dollaro americano, nell’ultimo anno. Per ottenere il sostegno del FMI, il primo ministro Shahbaz Sharif ha aumentato i prezzi del carburante, abolito i sussidi per il carburante e imposto una nuova “super tassa” del 10% alle principali industrie per aiutare a riparare le finanze a brandelli dello stato. Alla fine di marzo, le riserve valutarie del Pakistan erano scese a 13,5 miliardi di dollari, equivalenti a soli due mesi di importazioni. «I rischi macroeconomici sono fortemente orientati al ribasso», ha avvertito la Banca Mondiale nella sua ultima valutazione.

Turchia

Il peggioramento delle finanze pubbliche e un crescente disavanzo commerciale e del conto capitale hanno aggravato i problemi della Turchia, con un debito elevato e in aumento, inflazione oltre il 60% e alta disoccupazione. La Banca Centrale ha fatto ricorso all’utilizzo delle riserve estere per respingere la crisi valutaria, dopo che la lira assediata è scesa ai minimi storici rispetto al dollaro americano e all’euro alla fine del 2021. I tagli alle tasse e ai sussidi al carburante per attutire il colpo dell’inflazione hanno indebolito le finanze pubbliche. Le famiglie stanno lottando per acquistare cibo e altri beni, mentre il debito estero della Turchia rappresenta circa il 54% del suo PIL, un livello insostenibile dato l’alto livello del debito pubblico.

Egitto

Il tasso di inflazione dell’Egitto è salito a quasi il 15% in primavera, causando problemi a quasi un terzo dei suoi centotré milioni di abitanti che vivono in povertà. Stavano già soffrendo per un ambizioso programma di riforme che include dolorose misure di austerità, come la fluttuazione della valuta nazionale e il taglio dei sussidi per carburante, acqua ed elettricità. La Banca Centrale ha aumentato i tassi di interesse per frenare l’inflazione e svalutato la moneta, aumentando le difficoltà nel ripagare il considerevole debito estero dell’Egitto. Le riserve estere nette dell’Egitto sono diminuite. I vicini — Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti — hanno promesso ventidue miliardi di dollari in depositi e investimenti diretti come assistenza.

Zimbabwe

L’inflazione in Zimbabwe è salita oltre il 130%, sollevando timori che il paese possa tornare all’iperinflazione del 2008  accumulando problemi per la sua già fragile economia. Lo Zimbabwe fatica a generare un adeguato afflusso di biglietti verdi, necessari per la sua economia locale in gran parte dollarizzata, martoriata da anni di deindustrializzazione, corruzione, bassi investimenti, basse esportazioni e alto debito. L’inflazione ha lasciato i cittadini dello Zimbabwe diffidenti nei confronti della valuta, aumentando la domanda di dollari americani. E così molti sono costretti a saltare i pasti, mentre lottano per sbarcare il lunario.

Argentina

Circa quattro argentini su dieci sono considerati poveri e la Banca Centrale sta esaurendo pericolosamente le riserve estere, mentre la valuta si indebolisce. L’inflazione potrebbe superare il 70% quest’anno. Milioni di argentini sopravvivono in gran parte grazie alle mense dei poveri e ai programmi di welfare statali, molti dei quali sono incanalati attraverso movimenti sociali politicamente potenti legati al partito al governo. Un recente accordo con il FMI per ristrutturare un debito di quarantaquattro miliardi di dollari deve far fronte a dubbi sulle concessioni che, secondo i critici, ostacoleranno la ripresa.

Laos

Il piccolo Laos, senza sbocco al mare, è stato una delle economie in più rapida crescita fino allo scoppio della pandemia. I suoi livelli di debito sono aumentati e, come lo Sri Lanka, è in trattative con i creditori su come rimborsare prestiti per miliardi di dollari. È una questione urgente, date le deboli finanze pubbliche del paese. Le riserve estere sono pari a meno di due mesi di importazioni, ha affermato la Banca Mondiale. Un deprezzamento del 30% della valuta locale, il kip, ha aggravato questi problemi. L’aumento dei prezzi e la perdita di posti di lavoro a causa della pandemia minacciano un incremento della povertà.

Myanmar

La pandemia e l’instabilità politica hanno colpito l’economia del Myanmar, soprattutto dopo che l’esercito ha preso il potere nel febbraio 2021 sostituendo il governo eletto di Aung San Suu Kyi e portando con sé le sanzioni occidentali contro le proprietà commerciali controllate dall’esercito, che dominano l’economia. L’economia si è contratta del 18% lo scorso anno, e si prevede che crescerà a malapena nel 2022. Più di settecentomila persone sono fuggite o sono state costrette a lasciare le proprie case a causa di conflitti armati e violenze politiche. La situazione è così incerta che un recente aggiornamento economico globale della Banca Mondiale ha escluso previsioni per il Myanmar per il periodo 2022-2024.

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