Parole al vento – Nina Cassian
Scritto da Radio Bullets in data Aprile 21, 2023
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La protagonista di questo episodio di PAROLE AL VENTO è Nina Cassian. La sua poesia è incontro con un io profondissimo, che dalla più intima soggettività arriva a esplorare il tema dell’io come paradigma di identità, appartenenza, differenza ed esilio. Le Parole al Vento di Nina Cassian sono sensazioni e radici, che dalla Romania si propagano in maniera universale.
Io sono io.
Sono personale,
soggettiva, intima, singolare,
confessionale.
Tutto quel che mi accade e si ripete
accade a me.
Il paesaggio che descrivo
sono io stessa.
Se vi interessano
gli uccelli, gli alberi, i fiumi,
consultate i libri degli esperti.
Io non sono un dato uccello,
un dato albero,
un dato fiume.
Io sono registrata solo
come un Sé,
Io, ovvero Io.
Nina Cassian nasce in Romania il 27 novembre del 1924. Ed è proprio con il suo immenso io che Nina Cassian impara a fare i conti durante tutta la sua vita. Lei che definisce la scrittura la condanna ineludibile di tutta la sua vita.
Nella ben nota posizione ‘assisa’
come le Tre Scimmiette – Una Non Vede,
Una Non Sente, Una Non Parla –
con la cenere della sigaretta
che cade sulle cosce nude,
davanti a me il mare,
dietro, la morte,
saggio tra i denti una sillaba di eternità
come se fosse una moneta dubbia.
Le unghie si ritraggono,
si gonfiano le dita.
Non scivolano più
sotto il ponte abbattuto dei miei anelli.
Sono la Scimmia Condannata a Scrivere.
Perchè condannata a scrivere? Nina Cassian esplora l’arte attraverso la pittura, la recitazione e lo studio del pianoforte. Ma è attraverso la scrittura che Nina scava più profondamente dentro di sé, vivendo la propria condanna. Nella Romania della fine degli anni Quaranta, e fino alla metà degli anni Cinquanta, Nina Cassian compone versi encomiastici verso il regime comunista, quello stesso regime che in precedenza aveva stroncato i primi passi artistici di Nina, defindendola poesia d’avanguardia decadente.
Volevo restare a settembre
sulla spiaggia pallida e deserta,
volevo caricarmi di cenere
delle mie volubili gru
e che il vento grave dormisse
come acqua nelle reti fra le chiome;
volevo una notte accendermi
una sigaretta più bianca della luna
e intorno a me – nessuno, solo il mare
con la sua forza grave e latente;
volevo restare a settembre,
presente al trascorrere del tempo,
una mano fra gli alberi e l’altra
nella sabbia canuta – e scivolare
nell’autunno insieme all’estate…
Ma a me sono stati prescritti,
è chiaro, più penosi abbandoni.
Mi è toccato strapparmi a paesaggi
a cuore impreparato
e mi è toccato lasciare l’amore
quando ancora amare vorrei…
Dopo essersi finalmente allontanata dalla poesia di regime, Nina Cassian approda alla sua poesia, a quell’io che diventa ancor più io. Nel 1985 accetta l’invito a tenere un corso di scrittura creativa negli Stati Uniti, dove chiederà asilo politico. Qui Nina farà i conti con l’esilio, con la lontananza dalla sua terra, con quell’io che può moltiplicarsi a dismisura, ridefinendo il senso dell’appartenenza e della propria identità. Un io mai uguale a sé stesso. Un io che vive anche una nuova condizione di alterità rispetto alla vita in una terra straniera.
«Sono qui che aspetto – come ho aspettato un anno dopo l’altro – / che mi neghino / il diritto alla poesia, a un’arancia, / fors’anche alla condizione di essere umano / la mia identità – sempre più incerta […] alla fine / i dinieghi che mi assediano / definiscono la mia stessa persona / proprio come il lanciatore di coltelli / ricava la sagoma perfetta della vittima / dai coltelli lasciati sul fondale».
Nina Cassian muore a New York il 15 aprile del 2014. Le sue PAROLE AL VENTO sono inchiostro di un io caparbio, intenso e che, pur avendo vissuto gli ultimi 30 anni circa della sua vita negli Stati Uniti, non le impediranno di scrivere:
Pur se verrò sepolta
in una terra aliena:
risorgerò un giorno
nella lingua romena.
Dafne Malvasi
Sono Dafne, una napoletana che non ama il caffè ma ha una venerazione per la mozzarella di bufala.
Leggo, ascolto, scrivo e racconto storie di donne: le loro parole e le loro vite come forma di (r)esistenza. Amo la poesia e i sud del mondo. E tutto ciò che non conosco e mi sorprende con una felicità inattesa.
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