Qui dovevo stare

Scritto da in data Maggio 7, 2021

Nella cornice di un paese allo sbando, il racconto delle persone comuni porta dritto alla verità delle cose. Cambiamenti, scelte: come vengono vissuti? Valentina Barile ne parla su Radio Bullets con Giovanni Dozzini – giornalista e scrittore – a proposito del suo ultimo libro “Qui dovevo stare” (Fandango Libri).

Foto in copertina: ©Elisa Pietrelli

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Falce e martello

«Ho sognato il Tordo e non mi ricordo cosa mi stava dicendo il Tordo quando ho smesso di dormire all’improvviso e il soffitto era buio e le gambe di Caterina erano sopra il mio stomaco e allungando il braccio ho potuto afferrare il braccio soffice di Pamela come se cercassi di non cadere e cercassi un appiglio per non cadere e dovessi assicurarmi che Pamela era lì, che Pam era lì e che Pam non si sarebbe mai tirata indietro al momento di dovermi salvare dal burrone». – da “Qui dovevo stare”, Giovanni Dozzini.

«Il tempo di Luca Bregolisse è il tempo dei pensieri di ciascun essere umano, di ciascuna persona. Il lettore in questo romanzo è chiamato ad assistere allo scorrere dei pensieri di Bregolisse, allo scorrere dei suoi sentimenti, delle sue emozioni, però non si tratta di un flusso ininterrotto nella misura in cui la storia non comincia al mattino e non finisce alla sera dello stesso giorno, non è un Ulisse di Joyce, ma ci sono comunque dei frammenti di vita di Bregolisse che vengono raccontati. Sono tre lunedì di fila, e poi anche i giorni successivi, rispettivamente. Chiaramente la circolarità del tempo è importante, è un elemento importante, così come è molto importante il ritmo, il tempo della scrittura, quindi il suo fluire ritmico. Per me il suono di ciò che scrivo è importante quasi quanto il contenuto e la forma sintattica e semantica».

Sedici giorni di ragionamento interiore scanditi nel tempo del racconto dai giorni della settimana che si ripetono come dei promemoria rinviati a ripetizione. Chi può decidere se stare o meno in un luogo, in un tempo, in che modo vivere se non sé stessi. Difficile da dire se sei un quarantenne e vivi in un paese in cui non c’è definizione. Giovanni Dozzini: «Non è facile dire perché chi votava falce e martello oggi vota destra. Ci sono molte ragioni, naturalmente. La società in cui viviamo è complessa, articolata, frastagliata e molto spesso le ragioni individuali non si sovrappongono. È vero che ci sono evidentemente dei paradigmi che si ripetono e che è possibile individuare. Io credo che nella mia terra, per esempio, che è l’Umbria, la sinistra ha pagato il perpetuarsi del potere: la sinistra ha governato in Umbria per settant’anni quasi ininterrottamente, e un potere che non passa mai di mano diventa per forza conservatore. Quindi, questo è il problema principale, dopodiché in democrazia è normale e anche sano che ci sia un ricambio. Purtroppo, dalle mie parti, la classe dirigente spesso è della destra, è assolutamente inadeguata. Abbiamo subito danni notevoli in questi anni, nelle città, e in questi mesi alla regione, perché il modo in cui è stata gestita la pandemia dalla destra che governa l’Umbria è veramente disastroso».

Cos’è la destra cos’è la sinistra?

«Sono sporco e cammino come un orco e quelli come me quando varcano questo cancello di solito hanno fatto qualcosa che non avrebbero dovuto fare, e tagliando il cortile vedo le macchine degli sbirri parcheggiate, e poca gente, e vedo due sbirri che fumano e uno in borghese al telefono e quello dentro al gabbiotto mi dice di aspettare in corridoio senza sollevare lo sguardo dal telefono e senza muovere i muscoli che non siano quelli della lingua e delle labbra». – da “Qui dovevo stare”, Giovanni Dozzini.

Giovanni Dozzini – ©Elisa Pietrelli

«Non so se “Qui dovevo stare” è un imperativo oppure in qualche maniera un rimpianto. Il titolo può avere anche una connotazione ambigua. Io so che tutti gli imperativi morali poi sono in fondo discutibili e possono anche celare il proprio contrario. Io sono convinto che al di là di quello che pensi il protagonista del mio romanzo, Luca Bregolisse, non ci sia nulla di inevitabile nelle traiettorie degli uomini e delle donne. Ogni percorso poteva essere diverso da sé stesso e se è stato quel che è stato è perché si sono fatte delle scelte ben precise in certi momenti piuttosto che in altri. Quindi, ecco, diciamo che è chiaro che tutta la parabola di Bregolisse rappresenta un po’ un’indagine anche sugli snodi che possiamo affrontare nella nostra esistenza e che ci possono portare da una parte o dall’altra».

Elucubrazioni interiori che generano flussi di coscienza in un personaggio-persona che attraversa i giorni, le settimane della sua vita e quella degli altri. Giovanni Dozzini conclude su Radio Bullets: «La scelta del registro narrativo di questo monologo interiore per me è molto importante anche per capire proprio il senso del romanzo. Io ho raccontato la storia di Bregolisse da dentro la storia di Bregolisse perché ci tenevo moltissimo – come sempre, d’altronde, ma in particolare in questo caso – a non apparire un narratore giudicante. Quindi star là dentro mi ha aiutato a evitare un approccio che potesse sembrare gonfio di giudizi perché poi, diciamo che la biografia di Bregolisse parte in una maniera simile a quella in cui è partita la mia, e poi deraglia rispetto alla mia traiettoria e quindi, ecco, nel momento in cui ti scosti da qualcuno, che fino a non molto tempo fa faceva la tua stessa strada, il rischio di diventare moraleggiante e grosso… io non volevo, perché la letteratura non deve esserlo mai moraleggiante, la letteratura deve suscitare interrogativi, non deve mai pretendere di dare risposte facili».

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