Geografie: Antonella Anedda racconta

Scritto da in data Aprile 16, 2021

Il tempo, lo spazio. I mutamenti. Attraverso le mappe, i nomi e gli aggettivi tracciamo un itinerario che unisce le latitudini e le anime che le abitano. Valentina Barile su Radio Bullets con Antonella Anedda – poetessa e saggista – e il suo ultimo libro “Geografie” (Garzanti).

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Poesia e geopolitica

«Il viandante ha pochi amici. Il fuoco tende verso l’alto, il monte pesa in basso. È un’unione passeggera. Il monte è l’albergo. Il viandante non resta lì a lungo perché deve continuare a viaggiare. Non è facile trovare il proprio posto quando si viaggia in un paese straniero. Se il viandante non si fa distrarre da piccineria conclude in fretta i litigi: sul monte c’è un fuoco, il giorno dopo si spegne. Il lato incoraggiante del viaggiare è che puoi voltare la solitudine in direzioni diverse puntandola sui luoghi. Una carta geografica ha i confini che non hanno i muri, con i fiumi tranquilli, i monti di gesso, il mare teso. Non ci sono vivi, non ci sono morti. Nessuna storia, nessun taglio del tempo. Peccato per le luci. Pazienza per il grumo di lecci, per il cambiamento delle stagioni, le ortiche, lo sciame degli insetti, i falchi, i gridi dei pavoni, ma è una liberazione immaginare di essere le sagome dei piloti sulle carte nautiche». – Geografie (Garzanti).

Antonella Anedda: «Ho cercato il più possibile di allontanarmi da me stessa, quindi anche da una ipotetica storia di me stessa, o meglio, la storia che tutti noi ci raccontiamo su noi stessi, per invece raccontare, far parlare i luoghi il più possibile. Per quanto mi riguarda, se esiste un luogo più privilegiato di un altro, no. Ho parlato del treno che unisce un quartiere all’ospedale e che prosegue invece fino a un lago, quindi a un luogo idilliaco, quindi ho descritto la parte delle fermate che precedono l’arrivo in quest’ospedale molto grande, molto conosciuto, quindi no. Non credo che un luogo naturale abbia un maggiore significato di un luogo metropolitano. Non credo che l’ispirazione – chiamiamola così – venga da un luogo piuttosto che da un altro».

Memoria

La memoria, per quanto possa essere patrimonio del singolo, si esteriorizza in oggetti percepibili dagli altri nel suo viaggio attraverso le fonti storiche. In questo modo diventa cultura condivisa e rafforza i singoli ricordi. Ricordare vuol dire attribuire significati, dal passato al presente e dal presente al passato. Antonella Anedda su Radio Bullets: «C’è un tentativo di raccontare il brano, il capitolo su Lesbo e sulla presenza dei migranti siriani a Lesbo credo che lo spieghi nel senso che Lesbo è, ovviamente insomma, sia per la poesia che per la scienza, un luogo importante. È il luogo dove Aristotele ha concepito la sua storia degli animali e, ovviamente, il luogo di Saffo. È un luogo archeologico importante perché c’è la foresta pietrificata. Ma è stato ed è tuttora un luogo di approdo, un luogo di arrivo per persone che scappavano da una guerra di cui noi – noi tutti – siamo ampiamente responsabili».

Identità

“Geografie” racconta l’anima dell’essere umano che muta, si sgretola per poi ricomporsi nella deriva dei continenti. L’uomo si muove da sempre, attraversa terre, oceani, e porta sulle spalle le vicende dei suoi antenati. Antonella Anedda: «I fossili ci rivelano l’invasione della terra da parte dei pesci, la trasformazione del respiro, la formazione del collo, dei gomiti, la modificazione della coda. E quindi il tiktaalik, che appunto significa grande pesce d’acqua dolce, il nome che gli hanno dato gli anziani Inuit del territorio artico in cui è stato trovato, è un po’ l’emblema di queste “Geografie”. Il tiktaalik, un pesce dalla testa piatta, aveva ancora le pinne, le squame, ma anche le spalle, i gomiti e i polsi, quindi è una trasformazione che ovviamente non è solo in avanti − come sappiamo, il modello di Darwin alla fine erano i coralli, quindi con ramificazioni imprevedibili. E questa trasformazione del tiktaalik, questo gomito – il gomito come quello che abbiamo noi – che gli ha permesso di uscire dall’acqua, questo sì, mi è sembrato un motivo, se non di speranza, di fiducia in queste possibilità di trasformazione che abbiamo noi, noi esseri umani specie tra le specie, non specie privilegiata».

Antonella Anedda

«Credevamo davvero in un mondo senza recinti, grandi spazi, grandi terre. Il deserto ha confini? O si sposta a seconda del vento? E il mare? Acque territoriali. Il peschereccio è confinato in acque territoriali. Faccio fatica a immaginare una linea d’acqua da non attraversare, schiere di pesci a catena, fili d’alghe, cerchi di boe con le bandiere poi travolte da onde? Come dobbiamo pensare? Il confine neutro dell’aggettivo latino confinis ha a che fare con la fine. Le linee, che individuano e separano i luoghi, segnano la fine di essi. Dentro le linee c’è un dato luogo, il quale si estende e allarga verso la fine. Donde quella varietà di parole, così ferme e taglienti – limiti, termini, confini, frontiere – con cui indichiamo le linee costitutive dei luoghi. L’identità storica dei luoghi non è disgiungibile dalle linee che li circoscrivono e definiscono». – “Geografie”, Antonella Anedda (Garzanti).

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