6 marzo 2021 – Notiziario Africa

Scritto da in data Marzo 6, 2021

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  • Senegal: terzo giorno di scontri nella capitale Dakar, cresce la tensione in uno dei paesi considerati più tranquilli del continente.
  • Somalia: un’autobomba e un assalto a una prigione: al-Shabaab colpisce ancora.
  • Algeria: forte preoccupazione per la crescente repressione.
  • Etiopia: Tigray l’Onu chiede che le truppe eritree si ritirino dalla regione.
  • Rd Congo: due whistleblowers condannati a morte in contumacia.

Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giusy Baioni. Musiche di Walter Sguazzin

Senegal

Sono ormai tre giorni che Dakar, la capitale del Senegal, è scossa da disordini con centinaia di manifestanti nelle strade a chiedere il rilascio del leader dell’opposizione Ousmane Sonko, al quale è stato ordinato di essere tenuto in custodia durante un’udienza in tribunale. Il suo arresto ha scatenato la peggiore violenza nel Paese degli ultimi anni. Fonti sul posto ci confermano la tensione crescente e la preoccupazione per come potrà evolvere la situazione.
Nella Medina, quartiere popolare di Dakar, centinaia di ragazzi si sono scontrati con la polizia antisommossa, tra pneumatici bruciati e barricate improvvisate. L’arresto di Sonko, popolare tra i giovani e visto come sfidante chiave del presidente Macky Sall, ha scatenato i peggiori disordini degli ultimi anni in uno stato dell’Africa occidentale spesso descritto come un faro di stabilità. Almeno una persona è stata uccisa nelle proteste.
I primi scontri erano scoppiati mercoledì mentre Sonko si recava in tribunale per accuse di stupro − accuse che lui nega e che i suoi sostenitori vedono come una montantura. Sonko è stato poi arrestato con l’accusa di disturbo dell’ordine pubblico, uno sviluppo che ha scatenato ulteriori proteste. Fonti sul posto ci confermano una situazione estremamente tesa i cui possibili sviluppi preoccupano non poco.

Somalia

Più di 20 persone sono state uccise in Somalia venerdì sera dopo che un’autobomba è esplosa appena fuori da un ristorante vicino al porto della capitale Mogadiscio: lo ha riferito l’agenzia di stampa EFE. Altre 30 persone sono rimaste ferite. «L’esplosione è stata molto forte e ha causato significative distruzioni e vittime civili», ha detto un testimone all’Afp. Nessun gruppo ha rivendicato la responsabilità, ma il paese è continuamente vittima di attacchi da parte di al-Shabaab.

La Somalia si trova in una situazione di stallo istituzionale, con un presidente il cui mandato è scaduto e senza che un successore sia stato designato. Intanto, sempre ieri, a Bosaso almeno sette soldati sono stati uccisi quando i combattenti al-Shabaab hanno fatto irruzione in una prigione nello stato semi-autonomo del Puntland. Al-Shabaab ha detto di aver liberato almeno 400 prigionieri, molti dei quali suoi membri, nell’assalto alla prigione principale di Bosaso, la città più grande del Puntland. «La scorsa notte molti uomini ben armati ci hanno attaccato da varie direzioni. Abbiamo reagito, ma alla fine sono entrati con la forza nella prigione centrale causando esplosioni. Hanno liberato i prigionieri e ne hanno portati via la maggior parte», ha riferito a Reuters Mohamed Abdi, una guardia carceraria. «C’è stata una battaglia infernale… Mentre combattevo all’interno, abbiamo perso cinque soldati».

Secondo il portavoce di al-Shabaab «i prigionieri includevano uomini e donne membri di al-Shabaab in prigione per oltre 10 anni». Il comandante della polizia di Bosaso, il colonnello Hussein Ali, ha dichiarato che è in corso un’operazione per riprendere i prigionieri fuggiti o portati via dai combattenti.

Algeria

L’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite è molto preoccupato per una «repressione continua e crescente» contro i membri di Hirak in Algeria, e chiede la fine delle detenzioni arbitrarie. A metà febbraio i manifestanti pro-democrazia hanno ripreso le loro marce pacifiche, interrotte per un anno dall’epidemia di Covid-19. Venerdì 5 marzo erano ancora in migliaia per le strade.

https://twitter.com/UNHumanRights/status/1367874412452708357

Dalla ripresa delle manifestazioni sono già centinaia gli arresti. E sarebbero «quasi mille» a essere stati perseguiti dalla nascita del movimento, due anni fa, secondo l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Alcuni per aver partecipato direttamente alle marce pacifiche, altri per aver pubblicato messaggi critici del potere sui social media. Tra questi, «almeno 32 sono attualmente detenuti» per aver semplicemente esercitato i loro «diritti fondamentali», secondo l’Alto Commissario. L’agenzia delle Nazioni Unite chiede il loro rilascio immediato e la revoca delle accuse contro di loro. È anche preoccupata per aver ricevuto «denunce di tortura e maltrattamenti in detenzione» inflitte a membri dell’Hirak, «comprese violenze sessuali», accuse su cui si chiede vengano rapidamente svolte indagini «imparziali e rigorose».

Nonostante la repressione, ieri ad Algeri e in altre città migliaia di algerini sono nuovamente scesi in piazza, pacificamente. Chiedono uno «stato civile e non militare».

Repubblica Democratica del Congo

Due wistleblowers, Gradi Koko Lobanga e Navy Malela, sono stati condannati a morte in contumacia nella Repubblica Democratica del Congo.

Una sentenza che è stata emessa per aver denunciato Afriland First Bank che a sua volta ha sporto denuncia contro i suoi due ex dipendenti, accusandoli di «furto di documenti, violazione del segreto bancario, falsificazione e uso di falsi, denunce calunniose, tutto in una banda organizzata».

L’annuncio della condanna a morte ha suscitato indignazione da parte delle organizzazioni per i diritti umani.

I due condannati ora sono in esilio in Europa con le loro famiglie.

Nel luglio 2020, il PPLAAF e l’ONG anti-corruzione Global Witness avevano rivelato – su segnalazione di Lobanga e Malela – che il miliardario israeliano Dan Gertler, che ha attività minerarie nella RDC, sembrava «aver utilizzato una rete di riciclaggio di denaro, che si estendeva dalla RDC all’Europa fino a Israele, per eludere le sanzioni statunitensi contro di lui». Le due ONG hanno affermato che Gertler, che è vicino all’ex presidente Kabila, aveva «aperto conti bancari nelle filiali congolesi della Afriland First Bank con sede in Camerun». Sottoposto alle sanzioni americane nel 2017, Gertler è stato accusato di aver causato la perdita di «1,36 miliardi di dollari di entrate fiscali» nella RDC nel 2010, per la sua presunta attività criminale svolta mentre era al potere il presidente Joseph Kabila, di cui era amico. Nel dicembre 2020, durante gli ultimi giorni dell’amministrazione Trump negli Stati Uniti, il Dipartimento del Tesoro della nazione ha rilasciato una licenza che autorizzava Gertler a fare affari sia nel paese che con le banche statunitensi.

Dal 2003 è in vigore un’interdizione temporanea dell’applicazione della pena capitale nella RDC.

Etiopia – Tigray

Giovedì le Nazioni Unite hanno affermato che «è abbondantemente chiaro a tutti» che le truppe eritree stanno operando in tutta la regione del Tigray settentrionale dell’Etiopia, e rapporti «ben confermati» suggeriscono che siano responsabili di atrocità. «Le forze di difesa eritree devono lasciare l’Etiopia, e non devono essere abilitate o autorizzate a continuare la loro campagna di distruzione prima di farlo», ha detto il capo degli aiuti delle Nazioni Unite Mark Lowcock al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Anche il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha invitato le truppe eritree a lasciare il Tigray.

Sia il governo etiope che quello eritreo hanno negato che le truppe eritree si trovino nel Tigray, nonostante dozzine di resoconti di testimoni oculari e di ammissioni di eritrei da parte dell’amministrazione regionale del Tigray nominata a livello federale.

Repubblica Popolare del Congo

È iniziata ieri la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 21 marzo in Congo-Brazzaville. A 77 anni, di cui 36 cumulativi a capo del paese, il presidente uscente Denis Sassou-Nguesso cerca un quarto mandato. Affronterà sei avversari. Ieri ha lanciato la sua campagna nella città mercantile di Pointe-Noire, una città con molti oppositori. Il presidente uscente ha consegnato i suoi messaggi elettorali: «pace, ripresa e diversificazione dell’economia».

Il Congo-Brazzaville e i suoi cinque milioni di abitanti stanno attraversando una crisi economica inasprita dalla pandemia Covid-19. In caso di vittoria, il candidato presidente promette di rilanciare questa economia e di cambiare l’immagine di un paese che importa derrate alimentari fino a 700 miliardi di franchi CFA all’anno.

Sudafrica

Giovedì la Corte Costituzionale sudafricana ha chiesto al suo presidente di scusarsi e di ritirare le dichiarazioni pro-israeliane rese a giugno, che avevano provocato proteste in un paese fortemente impegnato per la causa palestinese.

Il giudice Mogoeng Mogoeng aveva nuovamente suscitato scalpore a dicembre definendo «satanici» i vaccini contro il coronavirus. In uno scambio video organizzato nel giugno 2020 dal quotidiano israeliano The Jerusalem Post, il giudice, parlando a fianco del rabbino capo del Sudafrica Warren Goldstein, aveva deplorato il sostegno del suo paese ai palestinesi dalla fine del regime di apartheid sudafricano nel 1994. Il Consiglio di giustizia, a cui aveva fatto appello l’ONG #Africa4Palestine, ha ritenuto le osservazioni «offensive» e «particolarmente provocatorie» chiedendo al giudice di «ritirarle senza riserve e di ripristinare l’immagine della giustizia» pubblicando un testo di scuse entro 10 giorni.

A giugno, l’African National Congress (ANC), al potere in Sudafrica dal 1994, ha denunciato il sostegno di Mogoeng Mogoeng allo «stato israeliano dell’apartheid». Israele è stato a lungo accusato di avere legami privilegiati con il regime “razzista” sudafricano bianco prima del 1994, in particolare fornendo armi nonostante un embargo internazionale. Nel 2013, i leader israeliani non hanno partecipato al funerale di Nelson Mandela, cui hanno partecipato funzionari di tutto il mondo, incluso il presidente palestinese Mahmoud Abbas.

Guinea

I funzionari dell’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno detto venerdì che il rischio che un’epidemia di Ebola si diffonda ai vicini della Guinea è «molto alto» e che alcuni di quei paesi non sono preparati per le campagne di vaccinazione. Il rappresentante dell’OMS in Guinea, Georges Alfred Ki-Zerbo, ha detto in un briefing virtuale che finora sono stati identificati diciotto casi, di cui quattro morti. Finora 1.604 sono stati vaccinati contro Ebola nel nuovo focolaio locale.

Coronavirus

Finalmente stanno arrivando i vaccini anche nel continente africano. Grazie al programma Covax dell’OMS, nei giorni scorsi sono stati consegnati i primi lotti: un milione di dosi di AstraZeneca in Kenya, che verranno destinati anzitutto ai 400mila operatori sanitari del paese; ieri il primo vaccinato (sempre con AstraZeneca) in Nigeria è stato un medico che da un anno cura i pazienti Covid.

Il Sudafrica sta invece negoziando con una piattaforma dell’Unione Africana per acquistare vaccini Covid-19 per almeno 10 milioni di persone. Al paese sono state provvisoriamente assegnate 12 milioni di dosi sviluppate da AstraZeneca, Pfizer e Johnson & Johnson in un piano di vaccinazione dell’AU, ma non è chiaro quanti vaccini avrebbe cercato di acquistare dopo aver interrotto il piano di utilizzo di AstraZeneca, ritenuto inefficace proprio per la variante sudafricana.

Kenya

I leader tribali nel Kenya settentrionale si sono impegnati venerdì a porre fine alle mutilazioni genitali femminili (MGF) e ai matrimoni precoci nelle loro comunità, un passo salutato dal presidente Uhuru Kenyatta come «un’importante pietra miliare» nel sostegno ai diritti delle ragazze. Secondo le Nazioni Unite, in Kenya una donna su 5, di età compresa tra i 15 e i 49 anni, ha subito MGF che può causare gravi problemi di salute e serie complicanze durante il parto.

Il Kenya ha messo fuorilegge la pratica un decennio fa, ma la stessa continua in alcune comunità come la tribù semi-nomade dei Samburu, che la considerano necessaria per l’accettazione sociale e il miglioramento delle prospettive di matrimonio delle loro figlie. Circa l’86% delle donne e delle ragazze di Samburu è stato escisso, secondo l’UNICEF, e Kenyatta ha affermato che la dichiarazione degli anziani di Samburu di porre fine alle MGF è un passo fondamentale verso la realizzazione del suo obiettivo di sradicare la pratica entro il 2022.

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