Etiopia: breve storia del conflitto in Tigray
Scritto da Barbara Schiavulli in data Novembre 19, 2020
Per un attimo si era pensato che potesse essere una nuova potenziale frontiera dell’economia africana: quell’Etiopia che aveva rilasciato i prigionieri politici, che aveva promesso libertà di stampa, quel Paese del fragile Corno d’Africa che rischia di precipitare in una nuova e sanguinosa guerra civile. Ferite aperte, conflitti irrisolti, ingiustizie percepite.
Il governo federale dell’Etiopia ha dichiarato guerra alla sua stessa regione settentrionale del Tigray, facendo temere un lungo conflitto in quello che è il secondo paese più popolato dell’Africa. La regione del Tigray è uno dei 10 stati federali semi-autonomi del paese, progettati secondo linee etniche, e ospita principalmente il popolo Tigray che costituisce circa il 6% della popolazione etiope che conta oltre 110 milioni di abitanti. Il Tigray è stato a lungo un centro di potere e influenza, controllando il governo del Paese per tre decenni. Nel 1975, il Tigray People’s Liberation Front (TPLF) ha scatenato una guerra contro il governo militare Derg ad Addis Abeba, che alla fine ha rovesciato nel 1991.
Il TPLF ha poi dominato l’alleanza al potere composta da quattro partiti etno-regionali, fino a quando il primo ministro Abiy Ahmed, membro del gruppo etnico Oromo, è salito al potere nel 2018. Gli altri partiti della coalizione erano: l’Oromo Peoples Democratic Organization, l’Amhara National Democratic Movement e il Southern Ethiopian People’s Democratic Movement.
Due eserciti forti a confronto
L’esercito, forte e indurito dalla battaglia del Tigray, ha anche preso il controllo della guerra dell’Etiopia contro la vicina Eritrea che ha infuriato dal 1998 al 2000 sul territorio di confine conteso. La guerra è stata dichiarata ufficialmente finita solo nel 2018 con uno sforzo da parte del premier Ahmed, che gli è valso il Premio Nobel per la Pace. La gloria del TPLF è diminuita quando Ahmed è salito al potere nel 2018, dopo che anni di proteste antigovernative hanno costretto il suo predecessore Hailemariam Desalegn a dimettersi. Sotto Ahmed, i leader del Tigray hanno detto di essere stati ingiustamente presi di mira da procedimenti penali per corruzione, di essere stati rimossi da ruoli importanti e di essere diventati il capro espiatorio di tutti i mali del Paese.
Elezioni indipendenti
Un anno fa, il TPLF si è ritirato dalla coalizione di governo dopo che Ahmed lo ha fuso nel Partito per la Prosperità Nazionale. Lo scontro è diventato più intenso dopo che il Tigray ha tenuto elezioni indipendenti a settembre, sfidando il governo di Ahmed che ha rinviato le elezioni nazionali a causa della pandemia di coronavirus. La capitale Addis Abeba ha stabilito che il governo del Tigray era illegale e, in rappresaglia, il Tigray ha detto di non riconoscere più l’amministrazione di Ahmed.
Il governo federale ha poi tagliato i finanziamenti alla regione, il che è stato ritenuto dal TPLF “un atto di guerra”. Il 4 novembre il premier ha dichiarato che il TPLF aveva oltrepassato la “linea rossa” attaccando una base militare federale nel Tigray, costringendoli a rispondere. Il TPLF ha poi accusato Ahmed di aver inventato la storia per giustificare il dispiegamento dei militari contro di loro e in poche ore le cose sono precipitate, con Ahmed che ha affermato che raid aerei erano già stati lanciati contro le risorse militari del Tigray e ha promesso che non si sarebbero fermati.
A due settimane dall’inizio del conflitto − che assomiglia sempre più a una vera e propria guerra civile − il governo afferma di essersi assicurato una serie di township nella regione del Tigray occidentale. Questa è la zona per restare collegati con il Sudan, da dove potrebbero arrivare rifornimenti per le forze del Tigray. Le forze governative hanno anche ripreso il controllo di aree a sud, lungo il confine con la regione dell’Amhara in Etiopia.
Migliaia di persone in fuga
Vittime sono state segnalate da entrambe le parti, ma con le comunicazioni ancora bloccate, è difficile verificare quanto entrambi raccontino di quello che sta accadendo sul posto. Un fatto è che entrambi gli eserciti sono forti e la prospettiva di una guerra civile non è così azzardata, mentre il mondo ha gli occhi puntati sulla pandemia e sulla telenovela delle elezioni americane. L’esercito del Tigray ha una forza di circa 250mila soldati, senza contare che non è impossibile che il conflitto si allarghi investendo paesi fragili come la Somalia, l’Eritrea, Gibuti e il Sudan. Nel frattempo più di 25mila rifugiati etiopi sono già fuggiti dai combattimenti dirigendosi verso il Sudan, dove i gruppi umanitari e le Nazioni Unite si stanno affrettando a fornire servizi.
Ti potrebbe interessare anche:
- Etiopia: un conflitto per il potere con influenze ben oltre il Tigray
- Etiopia: la peggiore siccità in 40 anni
- La guerra in Etiopia: ultime notizie
- Egitto: oltre i confini la caccia ai dissidenti
- Dormire in un mare di stelle
- Usa 2020, Carole Beebe Tarantelli: la ragione dei movimenti
- Biden e le speranze afgane
- Spazi pubblici appassionati e desideranti
- La lezione di Enea
- L’infinito in 500 metri
- Amnesty in vista del G20 chiede la liberazione delle detenute in Arabia Saudita
- Malala, la ragazza che voleva andare a scuola
- Uganda: rilasciato Bobi Wine, sale il bilancio delle violenze
- Egitto: altri 45 giorni di detenzione a Zaki
E se credete in un giornalismo indipendente, serio e che racconta recandosi sul posto, potete supportarci andando su Sostienici