Elezioni Venezuela 2024: cosa c’è da sapere

Scritto da in data Luglio 23, 2024

BOGOTA’ – È come se il Venezuela fosse spaccato in due. Come se si guardasse a due paesi completamente diversi e che raccontano storie differenti.

Da una parte il governo che dice che va tutto bene e che il presidente Nicolas Maduro riconquisterà un terzo mandato perché il paese è sulla via della prosperità.

Dall’altra l’opposizione che invece parla della stanchezza della gente, della voglia di tornare a sperare: e secondo i sondaggi è in testa in questa corsa al voto piena di insidie.

La posta in gioco

La sensazione principale è che non conterà solo quello che sceglieranno gli elettori e le elettrici, ma se queste preferenze saranno rispettate.

Le ultime elezioni risalgono al 2018: macchiate da varie irregolarità tanto da essere considerate illegittime dall’Unione Europea e dai paesi di tre quarti del mondo.

Ora Maduro sta cercando di ottenere un altro mandato di sei anni. Ce la farà? In modo libero e giusto?

D’altra parte, fino ad alcuni mesi fa, da più parti c’era la certezza che queste elezioni neanche ci sarebbero state queste elezioni.

Poi grazie agli Accordi delle Barbados, firmati nell’ottobre 2023 dal governo Maduro e da un’alleanza di partiti di opposizione nota come Unitary Platform, le cose si sono evolute.

L’accordo ha stabilito le condizioni per le elezioni, tra cui il fatto che dovessero svolgersi nella seconda metà di quest’anno, l’attuazione di riforme elettorali e la presenza dell’osservazione internazionale.

Si doveva poi, garantire la partecipazione dell’opposizione e il processo di elezioni primarie. Gli Stati Uniti, che non erano parte degli accordi, hanno accettato di eliminare alcune sanzioni per far sì che Maduro mantenesse le sue promesse alle Barbados.

Alcune condizioni sono state garantite: l’opposizione ha tenuto le sue primarie nell’ottobre 2023. E Maduro ha fissato la data per il 28 luglio, il compleanno del suo defunto predecessore Hugo Chávez, segnando una data alquanto anticipata ma che rientra nell’intervallo promesso.

Altre condizioni sono state violate, a partire dalla squalifica di gennaio della candidata presidenziale Maria Corina Machado, che ha vinto le primarie dell’opposizione con il 93 percento dei voti.

Questo ha provocato proteste internazionali e la ripresa di alcune sanzioni.

Non accetteremo niente di meno

Le sanzioni

A partire da gennaio 2019, durante la crisi presidenziale venezuelana, gli Stati Uniti hanno applicato ulteriori sanzioni economiche a individui o aziende nei settori petrolifero, dell’oro, minerario e bancario e un programma di sussidi alimentari.

Le aziende del settore petrolifero hanno eluso le sanzioni PDVSA (Petróleos de Venezuela, S.A. è la compagnia petrolifera statale venezuelana) per continuare le spedizioni di petrolio.

Nell’ottobre 2023, l’amministrazione del presidente americano Joe Biden ha temporaneamente revocato alcune sanzioni statunitensi sui settori petrolifero, del gas e dell’oro in cambio della promessa del rilascio dei prigionieri politici e di elezioni libere nel 2024.

Le sanzioni sono state reimposte ad aprile, quando il Dipartimento di Stato americano ha affermato che l’accordo di Barbados per tenere elezioni libere non era stato pienamente onorato.

Ora la Unitary Platform, una piattaforma di partiti di opposizione, ha un nuovo candidato, l’ex diplomatico Edmundo González Urrutia, e i sondaggi suggeriscono che ha un netto vantaggio, di ben 50 punti, su Maduro.

Il contesto elettorale

Le elezioni in Venezuela sono supervisionate dal Consiglio elettorale (CNE).

Mentre una volta l’organismo includeva componenti considerati parte dell’opposizione, nel giugno 2023 l’assemblea costituente controllata dal governo ha sostituito tutti i 15 membri per creare un consiglio unanimemente pro-Maduro.

Finora il CNE ha preso diverse decisioni che i controllori e gli osservatori stranieri considerano antidemocratiche, come la squalifica dei partiti e dei candidati dell’opposizione.

In base agli Accordi di Barbados, il CNE è stato incaricato di aggiornare il registro elettorale.

In questo momento il registro include circa 21,6 milioni dei 28,8 milioni di cittadini venezuelani.

Dei circa 8 milioni di venezuelani che vivono fuori dal paese, solo circa 228.000 sono registrati all’estero.

Questo perché le regole per il voto per corrispondenza in Venezuela sono onerose, richiedendo agli elettori e alle elettrici di essere registrati presso un indirizzo estero per almeno tre anni e di risiedere in quel luogo legalmente.

A chi cerca lo status di rifugiato o l’asilo è vietato partecipare.

Inoltre gli elettori registrati devono recarsi presso un consolato per esprimere il proprio voto.

Ma in molti paesi come gli Stati Uniti, gli edifici governativi venezuelani sono stati chiusi, senza lasciare seggi disponibili per il voto .

Anche per chi vive nel paese, la registrazione rimane difficile, poiché deve essere eseguita negli edifici ufficiali nelle capitali degli stati.

Nel 2023, si stimava che ci fossero 3,5 milioni di potenziali nuovi elettori che non erano registrati nel paese.

Il CNE è anche incaricato di facilitare la partecipazione degli osservatori elettorali internazionali.

In base agli Accordi di Barbados, il regime di Maduro ha promesso che missioni di organismi come l’UE, l’ONU, l’Unione Africana e il Carter Center avrebbero potuto osservare le elezioni.

Ma così non è stato: il regime ha revocato l’invito dell’UE a maggio.

Altri gruppi, come il Carter Center e l’Unione Africana , sono ancora in programma per osservare con piccole missioni.

Oltre al CNE, l’esercito venezuelano svolge un ruolo nella supervisione delle elezioni. Storicamente, l’esercito è stato fedele a Maduro, aiutandolo a rimanere al potere.

Ma oggi potrebbe essere anche la chiave per garantire che la volontà degli elettori e delle elettrici venga rispettata.

Nicólas Maduro, Partito Socialista Unito del Venezuela

PR – 11/04/2013 – CARACAS – INTERNACIONAL – ELEICOES VENEZUELANA 2013 – Nicolas Maduro realizou nesta quinta-feira (11), a ultima atividade de campanha, com um comicio no centro de Caracas, que levou 3 milhoes de pessoas as ruas. Foto: Joka Madruga / TerraLivrePress.com

Maduro ha preso in mano le redini del paese dopo la morte del suo mentore, Chávez, nel 2013 e da allora ha supervisionato l’accelerazione del crollo democratico ed economico del paese.

Dal 2014 al 2021 il PIL del Venezuela si è ridotto di quasi tre quarti.

D’allora, il paese ha registrato una piccola crescita, ma rimane impantanato nell’iperinflazione, con un debito di 154 miliardi di dollari , nell’emigrazione di massa e in un settore petrolifero paralizzato.

La sua carriera è cresciuta all’ombra di Chávez.

Dopo aver lavorato come autista di autobus e sindacalista, è stato eletto all’Assemblea nazionale nel 2000.

Da lì, ha ricoperto il ruolo di ministro degli Affari esteri (2006-2012), vicepresidente (2012-2013) e presidente ad interim dopo la scomparsa di Chávez.

Si è dichiarato vittorioso in un’elezione presidenziale speciale del 2013 con l’1,6 percento in più dei voti rispetto al suo più vicino rivale.

L’opposizione ha protestato contro i brogli elettorali e l’uso ingiusto delle risorse statali da parte di Maduro per la campagna elettorale.

In qualità di presidente, l’impegno ideologico di Maduro nei confronti della rivoluzione bolivariana di Chávez, lo ha portato a riempire le istituzioni di alleati, a promuovere politiche economiche che massimizzano il controllo statale e a perseguire un programma di politica estera in opposizione agli Stati Uniti.

A sua volta il Venezuela è sprofondato in fondo agli indici globali incentrati su libertà e democrazia, in mezzo a controlli ed equilibri in calo: i chavisti controllano la magistratura e le corti elettorali del paese.

L’opposizione controllava l’Assemblea nazionale dopo le elezioni del 2015, ma nel 2017 la corte suprema del paese ha sciolto la legislatura.

Nello stesso anno, Maduro ha chiesto l’elezione di un’assemblea costituente in una competizione boicottata dall’opposizione. L’assemblea costituente ha sottratto l’Assemblea nazionale per diventare di fatto l’organo legislativo.

Maduro ha usato il controllo che ha delle corti e della legislatura per favorirsi le elezioni di quest’anno. Ha incarcerato più di 270 voci dissidenti, ha riunito i membri della corte elettorale e ha squalificato i candidati presidenziali .

Dalla sua parte ha la forte struttura del partito chavista che può aiutare la sua campagna elettorali. E può sfruttare le reti clientelari. Maduro ha già aumentato la spesa pubblica dell’80 per cento da gennaio a maggio e aumentato il reddito mensile dei dipendenti pubblici.

Ma l’entusiasmo calante e le risorse statali potrebbero ostacolare le capacità elettorali dei chavisti.

Maduro mantiene una prolifica presenza mediatica nel paese, apparendo in televisione e radio. Nel frattempo, alle figure dell’opposizione è vietato apparire nella maggior parte delle stazioni radio e TV.

E Maduro sta sfruttando Tik Tok, espandendo il suo uso dei social media per ritrarsi come carismatico, per attrarre i giovani elettori e le giovani elettrici.

Edmundo González, Piattaforma unitaria

L’ex diplomatico e accademico 73enne non aveva intenzione di diventare il candidato presidenziale per l’opposizione venezuelana.

González è stato confermato come candidato ufficiale dopo che i sostituti di Machado, come l’accademica Corina Yoris, sono stati squalificati. Ma anche se non era così noto qualche mese fa, ora González è in testa nei sondaggi e, insieme a Machado che lo accompagna ovunque, è protagonista di grandi raduni in tutto il paese.

Presentandosi come candidato alla riconciliazione, la sua piattaforma articola una transizione verso una democrazia pluralistica, toccando temi di amnistia per il regime di Maduro e ricostruzione delle istituzioni.

Al di fuori della facilitazione verso una transizione democratica, González si rimette al programma politico di Machado, notando che lei, non lui, era la scelta principale degli elettori.

 Ha sostenuto la stabilizzazione della macroeconomia del paese sviluppando le sue riserve energetiche, nonché promuovendo il nearshoring e gli investimenti nelle infrastrutture.

González parla anche del suo lungo incarico nel servizio estero del Venezuela per distaccarsi da qualsiasi ideologia politica particolare.

Sottolinea di aver servito amministrazioni successive durante incarichi in Algeria, Argentina, Belgio, El Salvador e Stati Uniti. In un’intervista con El Pais si è descritto “come un democratico, una persona moderata, lontano da posizioni estreme”.

Tuttavia, anche se González fosse la prima scelta degli elettori, persistono le preoccupazioni che potrebbe essere squalificato all’ultimo o, se dovesse vincere, dopo le elezioni.

Almeno quattro persone del suo team, ma in realtà probabilmente molte di più, sono già state arrestate con l’accusa di istigazione all’odio e cospirazione.

Altri candidati

Altri otto candidati si presenteranno sulla scheda per la presidenza.

Sebbene ci fosse il potenziale per alcuni di questi candidati di dividere i voti dell’opposizione, finora nessuno di loro ha superato il 2 per cento nel sondaggio Meganalisis di maggio 2024.

Mai si è vista una scheda più confusa, neanche alle prime elezioni in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein dove c’erano decine di candidati che nessuno conosceva.

In Venezuela, i candidati compaiono sotto ogni partito che rappresentano, il che significa che ci sono 38 primi piani anche se ci sono dieci candidati.

Maduro compare in tredici posizioni, Gónzalez solo tre volte.

Molti altri candidati, come il pastore evangelico Javier Bertucci, l’avvocato Antonio Ecarri e il comico Benjamin Rauseo, stanno cercando di presentarsi come una terza via, rimproverando il chavismo ma criticando la Piattaforma Unitaria sia per la sua strategia che per le sue politiche.

I media

Queste elezioni non saranno facile da raccontare dai media, perché alla maggior parte dei giornalisti e giornaliste internazionali è stato negato il visto per entrare in Venezuela.

Anche a noi di Radio Bullets: abbiamo ripiegato trasferendoci al confine colombiano venezuelano per essere il più vicino possibile e avere accesso ai venezuelani fuoriusciti.

I colleghi e le colleghe all’interno parlano di continue intimidazioni, aggressioni, minacce.

Dicono anche che nelle ore precedenti il voto potrebbe saltare internet e girano circolari che dicono che i gestori non devono ripristinare le connessioni prima del 29 luglio, il giorno dopo le elezioni.

Secondo Reporter senza Frontiere che pone il Venezuela al 159 posto su 180 nell’indice della libertà di stampa, da quando è salito al potere nel 2013, Nicolás Maduro ha mantenuto una politica di “egemonia della comunicazione” stabilita dal suo predecessore, Hugo Chávez.

Il Venezuela vive in un clima di restrizione informativa, in cui le misure governative minacciano l’esercizio stesso del giornalismo indipendente.

È frequente che i giornalisti vengano picchiati o minacciati nell’esercizio del loro lavoro, quando ci sono conflitti politici o durante i periodi elettorali.

La Procura generale e il Difensore civico sono sotto il controllo di Maduro, di conseguenza non contribuiscono a garantire la sicurezza dei giornalisti, e gli atti di violenza fisica o verbale che subiscono sono raramente oggetto di un’indagine.

Il Venezuela non vuole i giornalisti

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