Quando scompare una lingua indigena – Ep. 5

Scritto da in data Maggio 21, 2021

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Di Alessandra Fiorentini.

«Con l’estinzione delle lingue originarie si produce un grande danno all’identità dei popoli che le parlano e alla memoria collettiva, provocando una perdita di conoscenze chiave per il futuro delle comunità indigene. Quando scompare una lingua indigena, l’umanità viene privata della visione del gruppo umano a cui appartiene e si perdono i benefici del continuare a trasmettere un insieme di saperi, di conoscenze ambientali, tecnologiche, sociali, economiche o culturali, accumulate lungo i millenni».

A spiegarlo ad Alessandra Fiorentini ai microfoni del podcast “L’eterna lotta per (r)esistere”, in onda su RadioBullets, è padre Giuseppe Auletta della Consolata, sin dal 1976 impegnato nella sua missione per i popoli indigeni dell’Argentina.
Alle spalle, una lunga esperienza. Dopo alcuni anni a Buenos Aires, dal 1983 fino al 2000, è stato nella provincia del Chaco, dove ha vissuto al fianco del popolo Toba o Qom. Fino al 2016, nella provincia di Salta, per accompagnare Kollas, Guaraní, Wichí, Tapietes e altri. Dalla fine del 2019 a oggi, è accanto al popolo Huarpe, nella provincia di Mendoza, ai confini con il Cile.
Della scomparsa delle lingue dei popoli originari non esita a dire: «Si deve, in parte, all’inadeguato sistema di educazione esistente, salvo i casi in cui è stata incorporata quella che chiamiamo “educazione interculturale bilingue”, che continua a essere però limitata ad alcune province. Tuttavia, si riscontra un fenomeno positivo di riscatto delle tradizioni orali che in qualche modo contribuiscono al mantenimento delle lingue originarie. Inoltre, in Argentina si stanno sviluppando diverse azioni tendenti a rafforzare le lingue indigene. Si tratta di iniziative elaborate insieme da organizzazioni, attivisti e popoli indigeni».
Ma a essere a rischio, purtroppo, non è solo la lingua di queste comunità. Il Covid-19, infatti, ha colpito duro tra queste comunità, già prese di mira da multinazionali e realtà che puntano a sfruttare le risorse e a impossessarsi delle terre. Ma con padre Auletta in questo podcast si affronta soprattutto il problema della comunicazione nell’emergenza e della lingua. Perché l’informazione, in un contesto di prevenzione e di rischio, può salvare anche delle vite.
«Come in altre parti del mondo, qui in Argentina la pandemia è stata affrontata raccomandando la quarantena, l’isolamento e l’uso obbligatorio della mascherina. E in diverse comunità si è cercato di trasmettere nelle lingue originarie le misure restrittive e così pure le azioni coordinate tendenti a proibire o limitare l’entrata di persone estranee nelle comunità. Ciò l’ho potuto constatare nella realtà in cui opero attualmente, nel territorio del campo Lavallino, abitato dal popolo Huarpe, e che ha fatto sì che  non si verificassero casi di contagio». Altrove non è così, purtroppo. «In altre province, ci sono state situazioni veramente complicate, come nel barrio Toba, nel Chaco, dove i contagi si sono estesi con una certa drammaticità e con diversi casi di decessi».
In un’intervista intensa, padre Auletta racconta quindi dell’arrivo del Covid-19, della ricchezza culturale e linguistica delle popolazioni che ha incontrato ma anche delle tante altre minacce che già da molto tempo stanno mettendo a rischio la loro esistenza.

“L’eterna lotta per (r)esistere” è il podcast dedicato al mondo, quasi dimenticato, delle popolazioni indigene. Ideato da Patricia Fortunato, Niccolò Cicchetti, Alessandra Fiorentini e Anna Scacchioli, è stato realizzato all’interno del laboratorio sperimentale di Lingua, linguistica e giornalismo del corso in Traduzione, mediazione e interpretariato della SSML San Domenico di Roma, tenuto da Angela Zurzolo. Attraverso il metodo e gli strumenti giornalistici, questo gruppo di studenti ha raccontato con passione un tema scarsamente attenzionato dai media, provando a usare nella narrazione un primo approccio sociolinguistico e antropologico, con l’aiuto prezioso di intervistati di grande esperienza.

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