“Souza”, il primo romanzo di Nina Avellaneda
Scritto da Valentina Barile in data Novembre 11, 2022
Una storia enigmatica che arriva dal Cile. Personaggi e vite, passato e presente che si incrociano in contesti diversi. Sullo sfondo, una storia d’amore che si dissolve nell’interpretazione libera dei lettori. Valentina Barile su Radio Bullets con Nina Avellaneda, scrittrice cilena, e il suo primo romanzo “Souza”, pubblicato da Edicola Ediciones e tradotto da Marta Rota Núñez.
Mistero
La narrazione si apre con una scena in cui un uomo comune incontra il suo doppio. «È proprio questo il centro del racconto da cui si apre tutto ciò che viene dopo. E tutto ciò che gira intorno a questo evento, i personaggi, le situazioni, le emozioni, apre questa scena che, per me, rappresenta un mistero. Infatti, è così che nasce questo libro, dal desiderio di scrivere una scena», dice Nina Avellaneda.
Il mistero non è solo nella relazione tra i personaggi, ma dentro le loro personalità e nella trama. Souza è un operaio, e il suo doppio è Jorge Luis Borges, il famoso scrittore argentino. Perché il doppio di Souza è Borges, cos’hanno in comune i due uomini − uno venuto dalla fantasia, un altro reale − per entrare in contatto nella narrazione? Nina Avellaneda: «Sono soggetti che abitano anche altre dimensioni. Borges, attraverso il suo pensiero e la sua scrittura, Souza, grazie alla sua pacatezza, sensibilità e sapienza innata. Uno dei commenti più belli a questo libro è: «ciò che contraddistingue Souza, ciò che quindi lo pone al centro della narrazione, non è il suo massimo grado di acculturazione quanto la sua coscienza più intima di essere altro». Queste sono le parole di Carlos Henrickson, critico e scrittore. E mi sembra una interpretazione molto pertinente, anche se non l’avevo pensata così. Sostengo che Borges, nella sua interiorità venuta fuori dalle interviste registrate − non nella sua letteratura, ma in Borges in quanto essere umano −, anche se non avesse scritto niente sarebbe stato come Souza: un uomo paralizzato dalla sua incapacità di esprimere emozioni attraverso le parole».
Commozione
Le vite dei personaggi sembrano sbiadirsi l’una nell’altra, nei passati di ognuno, e la musica viene fuori dal libro abbracciando i lettori. Nina Avellaneda: «A proposito della musica, con questo libro io volevo scrivere di cose che mi piacciono, quelle che ti sono intorno armonicamente, che ti fanno saltare dal letto. Tra queste c’è il mio amore per la musica brasiliana, quella tradizione che comincia dalla bossa nova in poi, passando per la tropicale e la popolare».
La commozione rappresenta l’elemento principale della narrazione che risolve il mistero, e che genera un punto di rottura tra ciò che si osserva, si ascolta e si prova. Avellaneda conclude: «La commozione mi serviva per contrastare le parole. Non sono necessariamente opposte, ma tutto ciò che riguarda le parole non ci arriva sempre, o rischia di essere scarso, mentre la commozione crea confusione, trambusto che, a me, nella narrazione servivano, perché l’incomprensione, il mistero mi generavano curiosità e la curiosità dà vita alle cose sconosciute, insondabili, impraticabili. Misteriose».
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