19 dicembre 2020 – Notiziario Africa

Scritto da in data Dicembre 19, 2020

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  • BURUNDI: morto l’ex presidente Pierre Buyoya (in copertina)
  • NIGERIA: il presidente Buhari riceve gli studenti liberati
  • CENTRAFRICA: tensione alle stelle con gruppi ribelli in movimento
  • ETIOPIA: una taglia per chi contribuirà alla cattura dei leaders tigrini
  • GUINEA: morto in detenzione l’oppositore Roger Bamba
  • MALAWI nominato “paese dell’anno” da The Economist

Questo e molto altro nel notiziario Africa di Radio Bullets, a cura di Giusy Baioni. Musiche di Walter Sguazzin

Burundi

È morto giovedì a 71 anni Pierre Buyoya, ex presidente del Burundi e per otto anni Alto rappresentante dell’Unione Africana per il Mali e il Sahel.

Buyoya era stato ricoverato a Bamako una settimana fa per Covid-19, ma le sue condizioni si erano improvvisamente aggravate, tanto che si era deciso il trasferimento in Francia. L’uomo è spirato dopo l’atterraggio, mentre veniva trasferito all’ospedale

Pierre Buyoya è stato presidente del Burundi per due volte, dal 1987 al 1993 e poi dal 1996 al 2003, giungendo al potere in entrambi i casi con un colpo di Stato. Militare di formazione, il maggiore Buyoya viene oggi ricordato anche per essere stato fra i protagonisti della firma degli accordi di Arusha, che segnarono la fine della sanguinosa guerra civile burundese. Viveva da anni fuori dal paese, ricoprendo l’incarico di Inviato speciale dell’Unione Africana, perché nel 2018 era stato processato e condannato in contumacia per l’uccisione del primo presidente hutu democraticamente eletto, Melchior Ndadaye, che dopo soli tre mesi di governo fu rovesciato e ucciso, proprio col secondo golpe che riportò Buyoya al potere. Poche settimane fa Buyoya aveva rinunciato all’incarico di Alto rappresentante dell’UA per «potersi difendere dalle accuse». Nessuno ha ricordato, invece, il suo coinvolgimento anche nell’uccisione del rappresentante dell’OMS Kassi Manlan, avvenuto nel 2001: un caso che all’epoca fece scalpore, per il quale Buyoya e sua moglie erano stati accusati durante un processo che poi si risolse in un nulla di fatto. A suo tempo, era stata la stessa difesa degli altri imputati a sostenere che il vero mandante dell’assassinio fosse Buyoya, ma le prove non furono ritenute sufficienti. Buyoya non fu nemmeno incriminato, mentre sei degli accusati furono assolti nel 2008. Il dott. Manlan stava cercando di recuperare ingenti finanziamenti stanziati dall’OMS per la lotta alla malaria, che erano misteriosamente spariti.

Lontano dal paese da anni, l’ombra di Buyoya aveva continuato ad aleggiare sul Burundi, fino a oggi. Forse è per questo che, mentre sono giunte le condoglianze dagli alti ranghi della politica africana (in primis il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat), nemmeno una parola è invece giunta dall’attuale presidente Evariste Ndayshimiye. Anche molta parte del popolo burundese ha accolto la notizia con l’unico dispiacere che l’ex presidente non abbia potuto scontare l’ergastolo a cui era stato condannato in contumacia. Non a caso, l’ex presidente era soprannominato “Gustav”, con il nome del notissimo coccodrillo più grande e più vecchio del Burundi. Di certo con lui muoiono molte verità.

Nigeria

Sono oltre 300 gli studenti nigeriani liberati, dopo essere stati rapiti dalla loro scuola una settimana fa in un attacco rivendicato da Boko Haram. Secondo il governatore Aminu Bello Masari, in totale sono 344 i ragazzi liberati. «Abbiamo recuperato la maggior parte dei ragazzi. Non sono tutti», ha detto. Il governo afferma che non è stato pagato alcun riscatto e che hanno negoziato con i rapitori.

Sempre secondo il governatore Masari, le forze di sicurezza hanno circondato l’area dove i ragazzi erano trattenuti ed è stato detto loro di non sparare. Cosa che effettivamente non sarebbe avvenuta.

Il rapimento era avvenuto venerdì scorso alla scuola secondaria di scienze di Kankara, nello stato di Katsina, ed era stato rivendicato dal gruppo militante islamista di Boko Haram in una registrazione audio non verificata.

Nel 2014 il gruppo aveva rapito circa 200 studentesse nella città nordorientale di Chibok. Mai, però, si era spinto così lontano dal suo terreno abituale d’azione. Secondo alcuni, a rapire materialmente gli studenti sarebbe stato un gruppo locale di banditi al soldo di Boko Haram.

Il presidente Muhammadu Buhari ha scritto su Twitter che è stato un «enorme sollievo per l’intero paese e la comunità internazionale», ma ha anche chiesto ai nigeriani di essere «pazienti ed equi» mentre il governo deve affrontare pressioni sulle sue sfide alla sicurezza.

Buhari, che viene da Katsina, aveva ripetutamente sostenuto che Boko Haram è stato «tecnicamente sconfitto». Il presidente ha incontrato ieri i ragazzi liberati, molti dei quali scalzi, traumatizzati e in lacrime davanti alle telecamere.

Republica Centroafricana

A nove giorni dalle elezioni presidenziali e legislative in Repubblica Centrafricana, la situazione in materia di sicurezza si è gravemente deteriorata. Diverse località della parte occidentale del paese sono state attaccate ieri da membri di vari gruppi armati, secondo l’ONU. La Minusca (missione Onu nel paese) vi ha dispiegato importanti rinforzi e si dice in «massima allerta» in altre regioni, compresa la capitale, Bangui.

La Missione delle Nazioni Unite in Centrafrica (Minusca) condanna una serie di «attacchi coordinati», destinati a «impedire» lo svolgimento delle elezioni previste per il 27 dicembre. Da fonti concordanti, diverse località occidentali del paese sono state investite venerdì da uomini armati.

L’ONU afferma di aver dispiegato rinforzi a Bossemptele e Bossembele, a 150 chilometri a nord-ovest di Bangui, e afferma che anche le località di Bozoum e Yaloke sono state prese di mira. Attribuisce questi attacchi a elementi di tre gruppi armati: 3R, MPC e anti-balaka.

Nostre fonti sul posto confermano preoccupanti movimenti di ribelli in diverse parti del paese, attacchi armati e l’assalto alla sede di una Ong. Il timore tra la gente è che si prepari qualche tentativo di sabotaggio delle elezioni.

Secondo le Nazioni Unite, due membri delle forze governative sono stati uccisi durante l’attacco di Yaloke. Fatou Bensouda, la procuratrice della Corte penale internazionale, assicura di seguire da vicino l’evoluzione della situazione.

Nel pomeriggio di ieri, fonti di sicurezza hanno anche segnalato movimenti insoliti di uomini armati in altre parti del paese, su diverse assi che portano alla capitale Bangui. La Minusca si è dispiegata in vari punti strategici per la capitale.

Nel suo comunicato, nota anche che «gli incidenti di sicurezza si sono moltiplicati e intensificati» in Centrafrica «a seguito dell’invalidazione della candidatura dell’ex presidente Bozizé» alla corsa per la presidenza.

Mercoledì, molti di questi gruppi, tra i più importanti, hanno minacciato in un comunicato comune di utilizzare «tutti i mezzi di coercizione» contro il potere del presidente uscente Faustin Archangel Touadera, se quest’ultimo si ostinasse a organizzare lo scrutinio. Lo accusano di aver organizzato una “rapina elettorale”. Finora non vi è stata alcuna reazione ufficiale da parte delle autorità, ma dietro le quinte, diplomatici regionali e internazionali moltiplicano le iniziative per cercare di calmare la situazione.

Etiopia

L’Etiopia ha offerto ieri una ricompensa di 10 milioni di Birr (260.000 dollari) per informazioni sulla posizione dei leader fuggitivi del Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (TPLF).

I leader del TPLF, probabilmente nascosti nelle montagne circostanti da quando i governativi hanno perso il controllo della capitale del Tigray il 28 novembre, avevano detto che avrebbero continuato a combattere.

Alcuni collegamenti telefonici sono stati ripristinati dopo un blackout in atto da quando l’offensiva federale era iniziata il 4 novembre, ma l’accesso ai media è ancora limitato e le informazioni restano difficili da verificare.

Guinea

Un oppositore guineano in detenzione da settembre nella capitale Conakry è morto nella notte tra mercoledì e giovedì 17 dicembre. La sua famiglia, che ha dato la notizia, ha parlato di “un crimine di stato”. Il governo attribuisce la sua morte a una malattia.

Roger Bamba, quarantunenne, era un membro della cellula di comunicazione e leader dei giovani dell’Unione delle forze democratiche della Guinea (UFDG), il principale partito di opposizione guidato dal Cellou Dalein Diallo. Arrestato il 6 settembre 2020, in piena campagna elettorale, prima della rielezione incostituzionale di Alpha Condé, è stato detenuto nella prigione centrale di Conakry.

Secondo il Dipartimento di Giustizia, è morto all’Ignace Deen Hospital, dove era stato trasferito il giorno prima. Secondo una dichiarazione dell’ufficiale delle comunicazioni del ministero, Roger Bamba è morto di «cirrosi epatica che gli ha fatto gonfiare lo stomaco e i piedi». In un comunicato, il ministero «ricorda che è diritto delle famiglie e dei parenti richiedere l’autopsia».

«Mio marito è stato avvelenato – ha accusato davanti alla stampa la moglie −. È stato maltrattato durante la detenzione. È un crimine di stato”. Roger Bamba era stato arrestato dopo «aver scambiato sms (sulla situazione politica) con uno sconosciuto che alla fine ha sporto denuncia contro di lui», ha dichiarato la moglie all’AFP.

Altre cinque figure dell’opposizione, tra cui quattro membri dell’UFDG, sono in detenzione da novembre, accusate di essere coinvolte nelle violenze che circondano le elezioni presidenziali.

Togo

In Togo, Brigitte Kafui Adjamagbo-Johnson e Gérard Djossou sono stati rilasciati provvisoriamente e posti sotto controllo giudiziario giovedì 17 dicembre. I due membri della Dynamique Monseigneur Kpodzro (DMK) erano stati arrestati alla fine di novembre con l’accusa di «mettere in pericolo la sicurezza interna dello Stato e raggruppare i criminali». «L’istruttoria non è chiusa. Possono essere richiamati in qualsiasi momento», ha dichiarato il pubblico ministero.

Ha dichiarato il loro avvocato: «Poche settimane di detenzione li hanno esauriti, ma sono combattenti per la libertà, sono in piedi, determinati per il loro impegno politico. I nostri clienti sono stati accusati di associazione a delinquere e di pericolo per la sicurezza interna dello Stato. Di fronte a un simile reato, se il pubblico ministero non ha potuto opporsi alla richiesta di rilascio provvisorio, è perché non ci sono prove rilevanti».

Mozambico

Mentre la crisi umanitaria si aggrava in Mozambico, con centinaia di migliaia di persone in fuga dal gruppo islamista che terrorizza la provincia settentrionale di Cabo Delgado, le Nazioni Unite hanno lanciato un appello venerdì per 254 milioni di dollari.

Il gruppo, conosciuto localmente come Al-Shabab, ha scatenato una violenta campagna nella provincia di Cabo Delgado, ricca di gas, a partire dal 2017, ma che negli ultimi mesi si è acuita. Da allora ha ucciso più di 2.300 persone e ne ha costrette fino circa 420.000 a fuggire.

L’ONU si aspetta che la situazione peggiori e ha avvertito che 1,1 milioni di persone potrebbero avere bisogno di aiuto il prossimo anno.

«Abbiamo assolutamente bisogno che la comunità internazionale agisca, e lo faccia ora. Non dobbiamo aspettare», ha detto Valentin Tapsoba, direttore dell’ufficio regionale dell’UNHCR per l’Africa australe.

Dopo le violenze delle ultime settimane, sono migliaia i rifugiati che si sono riversati nelle città vicine, presso parenti o accolti da estranei, mentre i servizi locali non sono in grado di reggerne l’urto, ha avvertito l’ONU.

Somaliland

La regione somala del Somaliland (autoproclamatasi indipendente) ha annullato il suo primo torneo di calcio femminile, sostenendo che fosse contrario ai dettami dell’Islam e che violasse gli aspetti etici della religione.

Il direttore sportivo della regione presso il ministero dei Giovani e dello Sport, Abdirashid Aidid, ha dichiarato a Reuters che la mossa è arrivata a seguito di proteste pubbliche.

L’annullamento ha suscitato indignazione tra i gruppi per i diritti delle donne.

Le sessioni di allenamento erano state inizialmente trasmesse in tv e dopo la visione da parte del pubblico, alcuni leader religiosi hanno condannato la federazione.

Coronavirus

Una seconda ondata di infezioni da coronavirus sta colpendo l’Africa occidentale e centrale.

Nigeria, Niger, Mauritania, Burkina Faso, Mali, Togo e Repubblica Democratica del Congo sono tutti a livelli record di infezione, secondo i dati mostrati da Reuters. Anche in Senegal le infezioni stanno aumentando rapidamente.

Rispetto agli Stati Uniti e all’Europa, la regione è stata finora risparmiata dal peggio della pandemia. I paesi dell’Africa occidentale e centrale riportano tra decine e poche centinaia di nuovi casi giornalieri, anche se i tassi di test in Africa sono tra i più bassi al mondo.

Ma mentre le temperature calano e i governi lottano per imporre restrizioni di mesi, alcuni esperti temono che questo aumento sarà peggiore del primo.

Il Mali ha riportato un record di 155 nuovi casi il 7 dicembre, rispetto a meno di 20 un mese prima.

All’inizio di novembre, la Repubblica Democratica del Congo aveva circa 20 nuovi casi al giorno. Mercoledì ha riportato un record di 345. Il presidente congolese Félix Tshisekedi ha decretato un coprifuoco nazionale illimitato per far fronte alla seconda ondata di Covid-19. Un provvedimento che è entrato in vigore ieri, venerdì 18 dicembre. In tutto il paese sono stati registrati circa 15.000 casi di cui oltre 360 decessi, su un territorio grande come l’Europa occidentale, ma le autorità sono preoccupate. È però la capitale Kinshasa da sola a rappresentare i tre quarti dei casi, seguita dalle province del Nord Kivu, Kongo Central e Haut-Katanga, regioni a forte attività economica.

Secondo Jean-Marie Kayembe, capo dell’assistenza medica all’interno del comitato di risposta al virus, in alcuni ospedali il personale infermieristico è sopraffatto. Gli ultimi dati che mostrano più di 300 casi in un giorno che hanno preoccupato le autorità, sebbene questi dati ufficiali non rappresentino la reale situazione sul campo. «Non abbiamo una grande capacità di rilevamento e soprattutto perché la malattia nell’85% della popolazione di persone infette, positiva, risulta asintomatica», ha sottolineato ancora Kayembe.

Ma la società civile è preoccupata, perché questo coprifuoco è illimitato e si applica alle province che hanno pochissimi casi, come Maniema, che ne ha appena 12.

Intanto, dal Sudafrica giunge una notizia preoccupante: il ministro della Salute ha annunciato ieri che è stata identificata una nuova variante del virus, che sarebbe responsabile della seconda ondata di infezioni. Il Sudafrica ha registrato il più alto numero di infezioni da coronavirus in Africa, avvicinandosi ai novecentomila, con oltre ventimila decessi correlati. Una ripresa nei casi ha visto il governo stringere le restrizioni sulla società di questa settimana.

I Paesi africani sono pronti al vaccino anti-Covid?

Francia-Nigeria-Benin

I deputati francesi hanno finalmente deciso, nonostante la mancanza di accordo dei senatori su un testo comune: la Francia ha un anno di tempo per restituire le opere d’arte al Benin e al Senegal.

Le 26 opere del tesoro di Béhanzin e la sciabola con fodero detta El Hadj Omar Tall, cessano di far parte delle collezioni nazionali francesi a partire dalla data di entrata in vigore della legge.

Tuttavia, l’approvazione di questo disegno di legge non è stata rapida come previsto. I senatori, soprattutto di destra, hanno criticato l’esecutivo per aver ceduto beni culturali a un paese straniero senza chiedere il parere al Parlamento. I senatori avevano proposto di creare una struttura responsabile per «meglio inquadrare scientificamente» le future restituzioni. Proposta respinta dal governo e dalla maggioranza. Di conseguenza, martedì il Senato ha rifiutato di votare il disegno di legge.

Se la spada El Hadj Omar Tall era già stata restituita lo scorso anno a Dakar, la Francia ora dovrà riconsegnare alle autorità beninesi le 26 opere del tesoro di Béhanzin, sottratte nel 1892 dal generale Dodds durante il saccheggio del Palazzo di Abomey.

Questi pezzi saranno inizialmente esposti temporaneamente al Museo Internazionale della Memoria e della Schiavitù di Ouidah prima di essere trasferiti definitivamente al Museo dell’Epopea delle Amazzoni e dei Re di Dahomey.

Malawi

Il Malawi è stato nominato paese dell’anno da The Economist, in seguito alla decisione della Corte suprema di annullare le elezioni presidenziali.

Scrive The Economist: «(…) il premio di quest’anno va a un paese dell’Africa meridionale. La democrazia e il rispetto dei diritti umani sono regrediti in 80 paesi tra l’inizio della pandemia e settembre, stima Freedom House. L’unico posto in cui sono migliorati è stato il Malawi.

Per apprezzarne i progressi, bisogna considerare ciò che è accaduto prima. Nel 2012 è morto un presidente, la sua morte è stata coperta e il suo cadavere è volato in Sud Africa per “cure mediche”, per guadagnare tempo in modo che suo fratello potesse subentrare. Quel fratello, Peter Mutharika, non è riuscito a prendere il potere in quel momento, ma è stato eletto due anni dopo ed era candidato alla rielezione. Il conteggio dei voti è stato truccato con liquido correttivo sui fogli dei conteggi. Gli osservatori stranieri lo approvarono comunque, cinicamente. I malawiani lanciarono proteste di massa contro le “elezioni col correttore”. I giudici del Malawi hanno rifiutato valigie di tangenti e hanno annullato il voto. Una seconda tornata elettorale trasparente a giugno ha messo fuori gioco Mutharika e ha insediato la scelta del popolo, Lazarus Chakwera. Il Malawi è ancora povero, ma i suoi abitanti sono cittadini, non sudditi. Per rilanciare la democrazia in una regione autoritaria, (il Malawi) è il nostro paese dell’anno».

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