20 febbraio 2021 – Notiziario Africa

Scritto da in data Febbraio 20, 2021

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  • Somalia: manifestazioni pacifiche disperse con la forza in pieno caos istituzionale (copertina)
  • Etiopia: il Tigray detta le condizioni per avviare i colloqui di pace
  • Algeria: grazia ai detenuti di Hirak, liberato il giornalista Khaled Drareni
  • Liberia: giudici finlandesi indagano sui crimini di guerra
  • Sud Sudan: violenze senza fine, secondo le Nazioni Unite
  • Rwanda: la figlia di Rusesabagina fa appello al Belgio, intanto un’altra attivista è stata arrestata
  • RdCongo: dopo ebola, segnalati diversi casi di peste

Questo e molto altro nel notiziario Africa di Giusy Baioni. Musiche di Walter Sguazzin

Etiopia

Guerra nel Tigray a una svolta: ieri le forze tigrine hanno elencato otto condizioni per l’inizio dei colloqui di pace, tra cui la nomina di un mediatore internazionale e l’accesso senza ostacoli degli aiuti umanitari.

Liya Kassa, portavoce del TPLF, il partito dei leaders tigrini ed ex partito di governo, ha chiarito le loro condizioni per partecipare ai colloqui in una dichiarazione sulla pagina Facebook di Dimtsi Weyane TV, una stazione di proprietà del TPLF

Nessuna reazione ufficiale, finora, da Addis Abeba. A novembre, mentre il conflitto era ancora acceso, il governo aveva detto che non avrebbe negoziato fino a quando i suoi sforzi per ripristinare lo stato di diritto non fossero stati completati. Dopo aver dichiarato la vittoria a fine novembre aveva puntato sull’arresto dei membri principali del TPLF, alcuni dei quali sono latitanti.

L’elenco delle richieste di TPLF include:

– Il ritiro delle truppe eritree dal Tigray. Sia l’Etiopia che l’Eritrea negano la loro presenza.

– Il ritiro delle altre “forze d’invasione”, fra cui certamente ci sono le milizie Amhara, ma probabilmente anche altri combattenti stranieri.

– Un’inchiesta indipendente sulla “pulizia etnica” e la distruzione causata dal conflitto.

– Accesso alla regione per gli aiuti umanitari per i 4.5 milioni di tigrini fortemente provati dal conflitto.

– Il rilascio incondizionato dei prigionieri politici.

– Lo scioglimento dell’amministrazione ad interim istituita dopo il conflitto dal governo centrale.

– Qualsiasi colloquio di pace dovrebbe essere guidato da un mediatore internazionale indipendente.

Il TPLF sostiene anche che i funzionari eletti a settembre in una votazione regionale, che il governo di Abiy Ahmed ha definito illegale, dovrebbero essere autorizzati a tornare.

Nella regione di oltre cinque milioni di persone, si ritiene siano morte migliaia di persone e 950mila siano fuggite dalle loro case.

Somalia

A Mogadiscio regna una calma precaria, dopo diversi incidenti armati in corso da giovedì. Ieri si è tenuta un’importante marcia pacifica nel centro città, nonostante il divieto da parte delle autorità, ufficialmente per le norme sanitarie. La manifestazione è stata dispersa dalle forze armate che hanno sparato senza per fortuna provocare morti. Secondo Reuters, alcuni soldati hanno invece preso parte alle manifestazioni dalla parte dell’opposizione.

Il motivo delle proteste è il vuoto istituzionale in cui versa il paese dall’8 febbraio, quando è scaduto il mandato del presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo. Una situazione di empasse molto pericolosa per un paese instabile come la Somalia.

Farmajo vuole tenere le carte in mano, nonostante ripetute richieste di dimissioni. I candidati dell’opposizione, inclusi due ex presidenti, e gli stati di Jubaland e Puntland, non ne riconoscono più la legittimità.

In queste condizioni, i partner internazionali del governo somalo stanno cercando di mediare. Ieri il presidente della Commissione dell’Unione Africana ha messo in guardia contro il rischio che grava sui progressi degli ultimi dieci anni in Somalia. L’ambasciata americana ha chiesto la fine delle violenze e il rispetto dell’impegno a raggiungere un accordo affinché si possano finalmente tenere le elezioni presidenziali.

Farmajo proviene dal potente clan Darod. Ma la maggior parte delle unità militari dentro e intorno alla capitale provengono dal clan Hawiye, fortemente rappresentato nell’alleanza di opposizione che accusa il presidente di aver manipolato le commissioni elettorali per restare al potere, non ne riconosce più la legittimità e chiede l’istituzione di un comitato di transizione perché la costituzione somala non prevede un’estensione del mandato del presidente oltre 4 anni.

Algeria

In Algeria il presidente Abdelmajid Tebboune ha annunciato giovedì lo scioglimento del Parlamento e l’organizzazione di elezioni legislative anticipate. L’annuncio è stato dato durante un discorso alla nazione, una settimana dopo il ritorno dalla Germania dove era in cura a seguito di complicazioni per coronavirus.

Altro gesto di pacificazione: la grazia presidenziale concessa a una cinquantina di militanti di Hirak. E così è stato: ieri più di trenta prigionieri politici sono stati rilasciati, tre giorni prima del secondo anniversario della nascita di Hirak.

Tra i liberati c’è anche il giornalista Khaled Drareni, condannato a due anni di carcere lo scorso settembre per “istigazione a manifestare” e “indebolimento dell’unità nazionale”, diventato il simbolo della lotta per la libertà di stampa in Algeria.

Questa grazia, con l’annuncio dello scioglimento del Parlamento e l’organizzazione di elezioni legislative anticipate, fa parte del tentativo del Capo dello Stato di calmare la ribellione politica e sociale che si sta preparando nel paese e di prevenire le mobilitazioni, secondo l’analista dell’International Crisis Group e specialista in Algeria, Michaël Ayari.

E dall’Algeria giunge anche un’altra notizia: giovedì è stato condannato a morte Abdelmalek Hamzaoui, accusato dell’assassinio del francese Hervé Gourdel, rapito e decapitato nel 2014 nella regione di Tizi Ouzou da un gruppo jihadista che si dichiarava Stato islamico.

Liberia

I giudici finlandesi stanno ascoltando testimoni in Liberia e stanno girando il nord del paese per un processo storico contro un signore della guerra accusato di aver commesso atrocità nella guerra civile liberiana.

Gibril Massaquoi è accusato di responsabilità per crimini di guerra e crimini contro l’umanità tra il 1999 e il 2003, inclusi omicidio, stupro e uso di bambini soldato.

Massaquoi, 51 anni, ex membro anziano del Fronte unito rivoluzionario, vive in Finlandia dal 2008 ma è stato arrestato a marzo dopo che una ONG per i diritti umani ha indagato sui suoi precedenti durante la guerra civile.

Le indagini potrebbero costituire un precedente, in quanto pochi hanno affrontato processi per crimini di guerra commessi in Liberia.

Con una mossa storica, i giudici finlandesi stanno anche raccogliendo prove sul suolo liberiano ed è la prima volta che si svolgono procedimenti per crimini di guerra nel paese.

Circa 250mila persone sono state uccise tra il 1989 e il 2003 in un conflitto caratterizzato da violenze brutali e stupri, spesso perpetrati da bambini soldato.

Sud Sudan

Gli esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite affermano che in Sud Sudan persistono livelli molto elevati di violenza. Nel loro ultimo rapporto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, affermano che negli ultimi mesi si è assistito a un’intensificazione della violenza, con centinaia di civili uccisi o sfollati.

Il Sud Sudan ha un governo di unità nazionale, ma continuano le orribili violenze a livello regionale. Le milizie armate sono divise secondo linee etniche. I villaggi vengono bruciati, donne e ragazze rapite e violentate, ragazzi reclutati con la forza come bambini soldato.

Gli esperti dell’Onu affermano che molti combattenti hanno armi sempre più sofisticate, suggerendo il coinvolgimento dello Stato o anche di forze esterne. Circa il 75% del paese è ora colpito dalla violenza. Il rapporto delle Nazioni Unite invita il governo nazionale a compiere un autentico sforzo per ripristinare la stabilità, il che includerebbe assicurare alla giustizia coloro che hanno commesso atrocità. Con due anni di ritardo, il mese scorso il governo del Sud Sudan ha deciso di istituire un tribunale ibrido per perseguire le violazioni dei diritti umani.

Nigeria

Le autorità hanno annunciato di aver avviato mercoledì scorso le trattative per il rilascio degli oltre 40 studenti catturati nel villaggio di Kagara, nel centro-ovest del paese. Secondo il governatore Abubakar Sani-Bello, i negoziati per il rilascio sono a buon punto. Le autorità locali hanno invitato tutti i capi tradizionali a collaborare con le autorità, in particolare per fornire informazioni sugli «elementi criminali che, si dice, si nascondano nelle loro comunità».

Anche un leader religioso musulmano, lo sceicco Ahmad Gumi, ha incontrato gli autori del rapimento nella foresta dove si sono ritirati. Da gennaio questo mufti di Kaduna assiste i governatori che cercano di negoziare accordi di amnistia con gruppi armati nella Nigeria occidentale. Non è raro che si paghino grossi riscatti in cambio di prigionieri, anche se le autorità non lo ammettono mai pubblicamente.

Rwanda

Carine Kanimba, la figlia di Paul Rusesabagina, l’eroe che ha ispirato il film “Hotel Rwanda”, ha invitato ieri le autorità belghe a intervenire per liberare e rimpatriare suo padre, che ha nazionalità belga, e denuncia un processo iniquo.

«Ci sono giorni in cui piango molto, non riesco a dormire, non mangio affatto, sapendo che mio padre è seduto in una stanza senza finestre, senza luce e senza nessuno con cui parlare, non uno di cui può fidarsi in questo paese. Perché se dicessero qualcosa, se qualcuno si schierasse con lui o lo difendesse in Rwanda, significherebbe opporsi al presidente, opporsi al dittatore, il che è impossibile in questo paese», ha detto Kanimba.

Rusesabagina, 66 anni, è stato processato mercoledì a Kigali con accuse che includono il terrorismo, provocando richieste internazionali per il suo rilascio. L’ex direttore dell’Hotel des Mille Collines di Kigali è stato arrestato alla fine di agosto in Rwanda in modo ingannevole, mentre saliva su un aereo che pensava fosse diretto in Burundi: secondo i suoi avvocati, un “rapimento”. Secondo un’inchiesta di Jeune Afrique, ciò sarebbe avvenuto con la complicità di un vescovo di una chiesa del risveglio locale.

«Quello che rischia non è solo l’ergastolo, ma anche la morte. Sappiamo che Paul Kagame non ha problemi a uccidere i suoi oppositori politici, i suoi critici e persino attivisti per i diritti umani e giornalisti che osano dire qualcosa», ha detto sua figlia.

Paul Rusesabagina, il cui processo è iniziato mercoledì, è accusato di presunto sostegno al National Liberation Front (FLN), un gruppo ribelle accusato di attacchi mortali in Ruanda. L’avvocato della famiglia, Vincent Lurquin, in una conferenza stampa ha criticato il governo belga, denunciando quello che lui definisce «un silenzio che rischia di diventare complice». Secondo lui, Bruxelles «può chiedere al governo rwandese di trasferire» Paul Rusesabagina in Belgio, dove è già stata aperta un’indagine contro di lui su richiesta di Kigali.

E intanto suscita scalpore e proteste davanti alle ambasciate rwandesi in Occidente un altro caso, quello di Yvonne Idamange, una giovane youtuber madre di quattro figli, che all’inizio della settimana ha registrato un video dai contenuti esplosivi contro la dirigenza del paese. In particolare, afferma senza dubbi che il presidente Paul Kagame è morto e che tale verità viene tenuta nascosta. La donna è stata subito arrestata e si teme per la sua incolumità. Per lanciare il video, aveva scelto il primo anniversario della morte del cantante Kizito Mihigo, arrestato nel febbraio 2020 e morto “suicida” (così recita la versione ufficiale) mentre era in custodia cautelare. Da tempo si rincorrono voci sullo stato di salute del presidente Kagame e più volte ne è stata annunciata e poi smentita la morte.

Niger

Si è conclusa ieri a mezzanotte la campagna elettorale per il ballottaggio delle presidenziali in Niger. 7,5 milioni di elettori domani sceglieranno fra Mohamed Bazoum, candidato del partito al governo PNDS, e Mahamane Ousmane, candidato dell’RDR Tchanji.

Madagascar

In Madagascar, nella città di Tamatave sulla costa orientale del Paese, giovedì una manifestazione studentesca è degenerata in uno scontro con la polizia. Uno studente è stato ucciso a colpi di arma da fuoco e un altro, ferito, è in ospedale. Gli studenti chiedono il pagamento delle loro borse di studio universitarie che aspettano da quasi quattro mesi, e anche quaderni e penne per lavorare.

Francia

Un rifugiato sudanese ieri ha accoltellato e ucciso un dipendente in un centro per richiedenti asilo nella città di Pau, nel sud della Francia, dopo che la sua richiesta di asilo politico è stata respinta. Una fonte della polizia ha detto che il richiedente asilo sudanese ha ucciso il direttore del centro pugnalandolo ripetutamente alla gola. L’aggressore era arrivato in Francia cinque anni fa e aveva già commesso atti di violenza con un coltello nel 2017. «È un dramma terribile − ha detto il sindaco di Pau Francois Bayrou − tanto più perché la vittima ha trascorso tutta la sua vita professionale aiutando migranti e richiedenti asilo».

Repubblica Democratica del Congo

Almeno 30 persone sono morte a causa di diverse forme di peste nella provincia nord orientale dell’Ituri negli ultimi dodici mesi. In totale sono stati individuati più di 500 casi nello stesso periodo, secondo il ministro provinciale della Salute, che indica come la maggior parte dei casi siano di peste bubbonica. Vengono segnalati anche casi di peste polmonare. Sono interessati i territori di Djugu, Mahagi e Aru, nella zona sanitaria di Biringi. Una delle paure oggi è una più ampia diffusione della malattia. Infatti, più di diecimila rifugiati sud sudanesi vivono vicino a Biringi.

Gabon

Almeno due persone sono morte durante le proteste a Libreville, in Gabon, contro le nuove misure anti-Covid-19 del governo. Da mercoledì si ripetono le proteste delle casseruole: ogni sera per cinque minuti la gente si affaccia sulle strade, picchiando pentole e altri oggetti, contro quelle che chiamano misure “suicide” adottate dal governo per combattere il coronavirus. Ma durante la notte tra giovedì e venerdì, la protesta è degenerata nel caos. E due manifestanti sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco. La nazione centrafricana ha confermato 13.107 casi di coronavirus con 75 decessi registrati.

Coronavirus

L’Africa ha ufficialmente superato la soglia dei centomila morti dall’inizio della pandemia. Ma il bilancio nel continente, che ha 1,2 miliardi di abitanti, è probabilmente ben più alto.

I 55 paesi della regione hanno un totale di 100.000 decessi (per 3.793.660 casi segnalati), secondo un conteggio AFP. La regione, relativamente risparmiata, è l’ultima, oltre l’Oceania, a raggiungere questa soglia varcata ad aprile dall’Europa. Ma queste cifre si basano solo sui rapporti comunicati quotidianamente dalle autorità sanitarie di ogni paese e riflettono solo una frazione del totale effettivo delle contaminazioni.

Intanto Mswati III, monarca assoluto di eSwatini (già Swaziland), ha annunciato di aver contratto il virus e di essere guarito grazie ai farmaci antivirali inviatigli dal presidente di Taiwan.

I leader dei paesi del G7 in riunione virtuale hanno parlato ieri della pandemia di Covid-19 e più in particolare hanno approfondito la questione della condivisione dei vaccini. Sono state promesse molte donazioni, la comunità internazionale si sta mobilitando per sostenere i paesi più poveri a cominciare dall’Africa: a disposizione ci saranno 7,5 miliardi di euro per il programma di vaccinazione Covax per i paesi più poveri, un raddoppio. Il piano delle Nazioni Unite vuole fornire 1,3 miliardi di dosi di vaccini a 92 paesi entro la fine dell’anno.

La Germania sta aumentando i suoi aiuti di 1,5 miliardi. Joe Biden vuole sbloccare quest’anno e nel 2022 quattro miliardi di dollari. Emmanuel Macron chiede che Europa e Stati Uniti cedano 13 milioni di dosi ai paesi africani per consentire la vaccinazione del loro personale infermieristico.

«La pandemia sarà sconfitta solo quando il mondo intero sarà stato vaccinato», ha detto Angela Merkel parlando di «una questione fondamentale di equità». Molti progressi sono ancora da fare, perché nei paesi più poveri è stato finora effettuato solo lo 0,5% delle vaccinazioni.

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