¡Bienvenido Biden! Sfide & speranze per l’America Latina

Scritto da in data Gennaio 23, 2021

Cambierà qualcosa per l’America Latina adesso che il presidente degli Stati Uniti è J. Biden? Dal Messico al Brasile, una panoramica delle possibili mosse degli Stati Uniti nella regione. Stefania Cingia su Radio Bullets, musiche ed effetti sonori originali di Luca Massari.

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Vedere una città come Washington militarizzata con trentamila uomini dispiegati a difendere il nuovo presidente degli Stati Uniti nel giorno del suo giuramento, ci ha fatto pensare a quante sfide dovrà affrontare Joe Biden, i suoi uomini e le sue donne. E il punto è che la città-fortezza non si stava difendendo da un attacco terroristico esterno, come siamo stati abituati a immaginare negli anni, ma da uno interno. Joe Biden avrà parecchio da ricostruire, a partire dall’immagine degli Stati Uniti nel mondo.

Il muro della vergogna

A noi interessa chiederci se e come la sua elezione avrà influenza in America Latina. La risposta è chiaramente «yes, no doubts». Cominciando proprio da mercoledì 20 gennaio, quando il neo presidente ha firmato 17 decreti tra cui lo stop alla costruzione del muro conosciuto come “muro della vergogna” al confine tra gli Stati Uniti e il Messico per fermare i migranti.

Oggi si dice stop a questo muro e dal Messico arrivano messaggi di felicitazioni per il nuovo presidente. Marcelo Ebrard, segretario delle relazioni estere del Messico si felicita su Twitter della decisione, e aggiunge che Joe Biden ha aperto la strada alla cooperazione e alla comprensione.

Sembra sia davvero così: restando in tema immigrazione, il neo presidente intende presentare un progetto al Congresso per permettere la naturalizzazione di 700 mila giovani arrivati come irregolari da bambini insieme ai genitori. Sono conosciuti come “los soñadores”, i sognatori.

Guatemala, Honduras, El Salvador

Non solo: Biden ha destinato quattro miliardi di dollari per aiutare i governi del Centro America a contrastare la povertà, la violenza e, quindi, a combattere la sfida sempre presente della gente che fugge dai propri paesi.

Biden si concentrerà anche su Guatemala, Honduras ed El Salvador. Sui primi due paesi abbiamo le immagini di pochi giorni fa di una carovana di circa seimila persone, composta principalmente da honduregni, fermata con la violenza al confine con il Guatemala: le autorità hanno utilizzato gas lacrimogeni per disperdere i migranti, che si sono sparpagliati nei territori vicini.

Cosa c’entrano gli Stati Uniti con la crisi migratoria tra Honduras e Guatemala, vi chiederete? I migranti di questa carovana, come di tante altre partite nel tempo, sono gli stessi che poi spingeranno per entrare negli Stati Uniti quando arriveranno in Messico a Tijuana. Cosa farà Biden lo sapremo nei prossimi mesi: i migranti sperano in un cambio deciso rispetto alla precedente amministrazione, anche se membri del gabinetto del neo presidente hanno chiesto ai migranti di tornare a casa e hanno assicurato che non ci saranno cambiamenti immediati nella politica migratoria.

Ma l’America Latina non è importante agli occhi degli Stati Uniti solo per il tema migrazioni. Restando in Centro America, il Guatemala si è svincolato dalla Commissione contro la Corruzione dell’Onu nell’agosto 2020, e oggi è uno dei paesi più corrotti del mondo con il presidente dell’Honduras Juan Antonio Hernández accusato di narcotraffico. Di El Salvador ne abbiamo parlato ampiamente su Radio Bullets per la situazione delle carceri a rischio esplosione mentre il presidente Bukele sta gettando le basi per un governo dittatoriale.

Messico e droga

Sul Messico − cosa ve lo diciamo a fare − i cartelli della droga sono potentissimi, basta nominare il Cartello di Sinaloa e il Cartello di Jalisco: chili e chili (e chili) di droga passano la frontiera con gli Stati Uniti con i più svariati metodi: con sottomarini, con ultraleggeri, con muli, con cani, con tunnel. Insomma, il Messico è il portone di ingresso della droga e sta a Biden provare a farlo diventare una porta, magari a chiuderlo (glielo auguriamo). Solo che il presidente Andrés Manuel López ha attuato la politica “abbracciare invece di sparare” verso i narcotrafficanti: non sta funzionando.

Il Messico inoltre è l’unico grande paese della regione legato economicamente agli Stati Uniti; il resto della zona è legato alla Cina. In diversi paesi la finanza pubblica è legata in gran parte alla domanda cinese: per esempio, l’Ecuador vende quasi il 100% del suo petrolio proprio alla Cina. Cosa significa? Che il governo cinese ha più che una forte influenza nell’area latina e secondo Biden questo significa una minaccia per la sicurezza nazionale.

Più a sud…

Andiamo più a sud. Venezuela: il paese è in crisi da anni e migliaia di venezuelani hanno lasciato il paese, molti di loro per andare verso nord. Inoltre l’Onu ha pubblicato l’anno scorso un report in cui lancia l’allarme sull’aumento del traffico di droga in Venezuela, sostenendo la connivenza tra il governo e i cartelli della droga.

In Brasile, dove il presidente Jair Bolsonaro era molto vicino a Donald Trump, imprescindibile è convincere il presidente brasiliano a cambiare il suo atteggiamento verso i cambiamenti climatici e, quindi, anche sulla distruzione dell’Amazzonia. Una vera sfida diplomatica.

Dal centro al sud America, Biden potrebbe incarnare i valori che anche l’America Latina auspica per sé: i diritti umani, la democrazia, la lotta contro la corruzione, la volontà di combattere il cambiamento climatico. Obiettivi non da poco. Ma se gli Stati Uniti lo sperano, dopo la pagina buia dell’amministrazione Trump, perché non potrebbe sperarlo anche l’America Latina? Con l’augurio che la regione possa prendere il meglio dalla nuova amministrazione e che gli Stati Uniti mantengano le promesse positive.

Auguri e in bocca al lupo al nuovo presidente. O come si direbbe in Sud America: ¡Suerte!

 

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