L’America Latina appartiene a (qualche) Dio

Scritto da in data Giugno 20, 2020

“E’ molto probabile che con questo vaccino vorranno iniettarci un microchip con la geolocalizzazione”. Dove avete già sentito questa frase? Al bar? In tv? Letta sui social? Aggiungo ancora un pezzo di dichiarazione: “Il coronavirus è stato inventato in laboratorio, il vaccino sarà uno strumento di controllo per l’umanità e questa crisi è il risultato di una lunga serie di peccati”. In una riga: paura, senso di colpa, religione. Oggi non parliamo di un paese specifico dell’America Latina, ma vediamo una panoramica più generale sui discorsi ultraconservatori che le organizzazioni politiche e religiose stanno portando avanti dall’inizio di questa pandemia.

Invece di leggere prova ad ascoltare

Le dichiarazioni che avete appena sentito provengono dall’argentino Alberto Savazzini, fan di Bolsonaro e leader dell’organizzazione Dios Es Amore (sigla I.D.E.A), una piccola chiesa evangelica a Buenos Aires. Non è il solo a pensarla in questo modo.

Quello che il mondo ha provato in questo periodo può collocarsi sotto la categoria della vita che chiamerei: incertezza. Nessuna cura specifica, trattamenti clinici sperimentali, poca conoscenza del virus, unità di terapia intensiva collassate, migliaia di morti, milioni di contagiati, crisi economiche galoppanti, disoccupazione, isolamento, paura.

In questo mare di incertezza, appunto, si sono inserite decine di organizzazioni religiose fondamentaliste per diffondere messaggi pericolosi e ambigui, questionando sulle misure sanitarie e provando a boicottare i diritti umani già acquisiti nei paesi latini, come il diritto all’aborto legale, il matrimonio tra persone dello stesso sesso e l’educazione paritaria.

L’inchiesta

L’inchiesta di Ojo Público, giornale on line peruviano che tratta argomenti scomodi al potere, a fianco di Agencia Pública e PopLabMx, si focalizza sui discorsi di leader religiosi e politici ai tempi della pandemia in Perù, Argentina, Brasile e Messico. L’inchiesta ha costruito una base di dati di 298 azioni compiute tra marzo e maggio, azioni che vanno da raccomandazioni che contrastano con le regole sanitarie divulgate dai governi e agenzie ai discorsi contro i diritti umani, dai rimedi falsi alle iniziative legali per diminuire l’accesso all’aborto legale nei paesi in cui è previsto.

Non è la religione che lega queste organizzazioni, ma l’agenda, l’obiettivo, il fine. Appena i primi casi di Coronavirus sono stati trovati in America Latina, diverse organizzazioni religiose e ultraconservatrici hanno rifiutato la quarantena obbligatoria, hanno diffuso teorie negazioniste sul Coronavirus e hanno attaccato l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Alcuni leader di queste organizzazioni hanno gioito quando Trump ha dichiarato il ritiro dei finanziamenti all’OMS.

Con i loro discorsi negazionisti sulla pericolosità del Coronavirus hanno messo a rischio la vita dei loro seguaci, predicando la fede come unico metodo di guarigione, organizzando manifestazioni di massa, dicendo che la pandemia è una tattica di Satana, diffondendo rimedi falsi come abluzioni con gel disinfettante e tè con cannella tre volte al giorno tutti i giorni.

La disinformazione sul Coronavirus non è stata portata avanti solo da leader religiosi che possiedono spazi nelle radio e pagine internet. Anche i presidenti dei paesi latini non sono immuni dal diffondere castronerie: Andrés Manuel López Obrador, presidente del Messico, nei primi momenti della pandemia aveva dichiarato che “dobbiamo abbracciarci, non succede nulla”. Il presidente del Brasile Jair Bolsonaro sottostimava la pandemia andando in manifestazione e condannando alla morte migliaia di persone.

L’agenda comune

Parlavamo prima di agenda comune: cosa accomuna diversi gruppi religiosi di quattro paesi latini? Perché hanno interesse a diffondere bufale sul Coronavirus? Più del 60% delle azioni e discorsi analizzati connessi alle dure critiche e misure legali di questi gruppi religiosi e politici avevano come obiettivo contrastare l’aborto legale.

Argentina. In Argentina, paese in cui l’aborto legale è consentito se la donna è stata violentata o la sua salute è a rischio, durante la pandemia le autorità hanno emesso delle norme che definivano i servizi di interruzione legale di gravidanza come essenziale. Apriti cielo: la coalizione politica di estrema destra, il Frente NOS, tramite il suo leader ha dichiarato che con gli ospedali chiusi non era essenziale garantire il diritto all’interruzione di gravidanza alle donne. Insieme ad altre organizzazioni, cercava di bloccare gli ambulatori dedicati a questo servizio.

Messico. In Messico, i gruppi religiosi hanno segnalato che la pandemia è il castigo di Dio per l’aborto e il matrimonio tra persone dello stesso sesso, e che anzi, l’aborto è la causa stessa del Coronavirus. L’interruzione legale di gravidanza in questo paese trova ferrea opposizione in uno degli uomini più vicini al presidente, Arturo Fanela, capo della Confraternidad Nacional de Iglesias Cristianas Evangélicas, che raggruppa più di 7.000 chiese nel paese. Immaginatevi il numero dei seguaci.

Brasile. In Brasile esiste il diritto all’interruzione di gravidanza in casi di violenza sessuale, rischio di vita per la donna e anencefalia del feto. L’Ospedale Pérola Byington di San Paolo è il polo di riferimento per aiutare le donne vittima di violenza sessuale che arrivano da tutto il paese. Durante la pandemia lo Stato di San Paolo ha deciso di convertirlo in un luogo di detenzione Covid-19. L’ospedale ha dichiarato che l’iniziativa serviva per ridurre la circolazione di persone e prevenire il contagio. Grazie alla pressione pubblica, il polo ha ripreso le sue normali funzioni.

Perù. In Perù solo l’aborto terapeutico è legale. Una direttiva sanitaria durante la pandemia garantiva l’accesso ai servizi di pianificazione famigliare e di tutela dei servizi della madre durante la pandemia. Norme questionate da un gruppo di organizzazioni connesse alla piattaforma “Con mis hijos no te metas”, cioè con mio figlio non ti mettere (in mezzo).

Preoccupante? Direi. Anche perché l’idea di usare la paura del virus per limitare diritti umani è quantomeno creativa; pericolosa è sottinteso.

Le chiese evangeliche

La Chiesa Cattolica ha ancora il primato dei fedeli in America Latina, ma diversi gruppi evangelici stanno prendendo piede e, cosa più temibile, stanno creando alleanze con strutture politiche. In Brasile i seguaci evangelici sono il 26%, in Perù sono il 15%, in Argentina il 13% e in Messico il 9%.

In Brasile gli evangelici sono una delle maggiori forze politiche. Molte chiese sono proprietarie di mezzi di comunicazione, come la Igreja Universal do Reino de Deus, che ha anche influenza in Perù e in Argentina. La Iglesia Universal è vincolata al partito politico repubblicano, che tra i suoi affiliati conta due figli di Bolsonaro, il consigliere Carlos e il senatore Flávio. Il capo di questo partito politico è il deputato Marco Pereira e la sua candidatura alla presidenza della Camera dei Deputati il prossimo anno sarà appoggiata dal presidente Bolsonaro, in alleanza con Edir Macedo. Chi è Edir Macedo? È il capo spirituale della Igreja Universal, uno dei più potenti uomini del Brasile e uno dei più ricchi: 1.100 milioni di patrimonio secondo Forbes, due milioni di anime di seguaci e un enorme potere mediatico grazie al colosso Rede Record, di cui è proprietario. Il cerchio si chiude e il problema è che si stringe sulla laicità dello stato e sui diritti umani. In Brasile la Costituzione garantisce lo Stato laico, però attualmente non pare sia così.

Com’è la situazione in Brasile, più nel dettaglio? Alla prossima puntata de El regreso de América Latina: con questo podcast inizia la serie di quattro puntate sui poteri religiosi e politici ai tempi del Coronavirus in Brasile, Perù, Argentina e Messico. Poteri molto forti che intaccano la laicità degli stati ed esigono un ridimensionamento, se non proprio una cancellazione, di alcuni diritti umani fondamentali. Religioni che avrebbero altro da fare che occuparsi di politica, partiti politici che dovrebbero stare lontano dalle religioni. Uniti contro la libertà dell’individuo, nello specifico della donna. Ne vogliamo parlare? Ovvio che sì.

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