La leggenda di Mrs Macquarie

Scritto da in data Giugno 13, 2020

C’è una leggenda che quasi da sempre influenza la mia vita ed è la leggenda di Mrs. Macquarie.

Invece di leggere prova ad ascoltare: la musica e la narrazione renderanno l’esperienza più coinvolgente!

Devo dire che ci ho litigato un sacco di volte con questa signora, più o meno dai 18 anni in poi, da quando, per la prima volta, mi sono seduta sulla pietra che porta il suo nome.

Siamo a Sydney, precisamente nel sobborgo di Manly, e dopo aver attraversato la splendida Manly beach, camminando poi su un sentierino di roccia stretto stretto, a picco sull’Oceano, e percorrendo poi l’incantevole Shelley Beach, si imbocca uno sterrato che si inerpica su di un’altura.

La strada per arrivarci non è semplicissima, ma il rumore del Pacifico che si infrange sulla scogliera, unito al suono delle onde e all’odore dolce dei frangipane, rende la situazione così esaltante che l’unica cosa che si vuole è arrivare in cima per scoprire che cosa ci sia, per riempirsi gli occhi di blu.

Il golfo del Porto di Sydney, una volta arrivato in cima, si staglia fresco, splendido, spavaldo come un adolescente, immenso come un uomo vecchio cent’anni.

Vengono in mente le leggende antiche che qualcuno laggiù mi aveva raccontato, come quella di quegli esploratori che attorno al 1700, sbarcando sulle coste dell’Australia, si ritrovarono circondati da animaletti neri, urlanti, con la bocca iniettata di sangue e gli occhi spalancati. Pensarono proprio fosse il diavolo e, identificando quell’area con il nome Tasmania, coniarono così il nome Diavolo della Tasmania, un’immagine molto diversa da quella che è nel nostro immaginario moderno.

Mi ha sempre fatto sorridere l’immagine di Taz associata a questa leggenda.

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La storia di Elisabeth Macquarie

Ma torniamo a Mrs. Macquarie, nata Elisabeth in una Londra di fine ‘700 e vissuta saltando da un salotto all’altro, immersa nei cliché borghesi dell’Inghilterra di quei tempi.

Per lo meno questo accadde fino a che Elisabeth non incontrò Lachlan Macquarie, che divenne poi suo marito e che, si dà il caso, venne imbarcato un giorno assieme alla sua signora alla volta di quella terra tanto sconosciuta, quanto Inospitale, in cui Mamma Inghilterra aveva deciso di inviare i suoi galeotti per far espiare le loro pene e addomesticare quella landa abitata da animali assurdi e uomini selvaggi.

Fu così che Lachlan fu nominato Governatore del New South Wales (Nuovo Galles del Sud) e fu lì che, circondato da galeotti spesso colpevoli solo di aver rubato una mela al mercato, si trovò a vivere per sempre assieme alla sua consorte.

Ma Elisabeth soffriva, soffriva. Dov’erano i salotti, i bei vestiti, le comodità, i pettegolezzi, dov’era la sua Londra che l’aveva cresciuta?

L’Australia non era altro che un posto infernale, così lontano, circondato dal Pacifico, non c’era via di uscita. Così un giorno Elisabeth, disperata, si trovò a camminare sola e si spinse giù verso l’Oceano. Decise di inerpicarsi su un’altura, si sedette su una roccia sporgente e rimase lì, scrutando l’orizzonte e cercando di vedere se, per caso, in lontananza, al di là della linea del cielo, si intravedesse qualche nave, in arrivo dall’ Inghilterra, con in pancia ancora l’odore della sua terra, quella stessa nave che laggiù, magari al porto qualcun altro avevo visto, magari pensando a lei, magari prendendola e riportandola indietro. Elisabeth rimase lì fino a che non si fece buio e, delusa dal non aver visto alcuna nave, decise che sarebbe tornata il giorno dopo.

Tornò lì ogni giorno, per tutta la sua vita, con la stessa eterna speranza di essere salvata, ogni giorno sedendosi su quella roccia.

Me la immagino con un abito di cotone e rouches, con la sua espressione triste, magari tenendo tra le mani uno dei frangipane che crescono a Shelley Beach, con i capelli che volano al vento, guardando l’orizzonte, aspettando, aspettando aspettando.

Ho litigato con Elisabeth moltissime volte nella mia vita, quando anche io avrei avuto la tentazione semplicemente di sedermi ed aspettare. Ci ho litigato perché era proprio lei di suggerirmi ad alzarmi ed andare, di riscendere da quella maldetta altura e di incominciare a vivere finalmente, di ricominciare una vita nuova, uscendo da quella maledetta nostalgia che ci attanaglia.

Elisabeth mi ha insegnato che tornare indietro non è quasi mai una buona idea quando si è partiti per un nuovo orizzonte, perché è già il viaggio in sé a cambiarci, il ricominciare, qualsiasi cosa accada, ci rende diversi da noi stessi e tornare indietro significherebbe non trovare più quello che avevamo lasciato, perché è qualcosa dentro di noi ad essere cambiato per primo.

Se andate a Sydney, passate dalle parti del Domain, vicino ai Royal Botanic Gardens, vicino a Shelley Beach e andate a visitare Mrs Macquarie Chair, cogliete un frangipane, sedetevi su quella roccia sporgente, scrutate l’orizzonte, cercate con gli occhi una nave in lontananza, proprio sotto la linea del cielo e poi alzatevi di corsa e lasciate quello che per me è il monumento più bello ai nuovi inizi e all’atto sostanziale del ricominciare a vivere.

Credit photo Prajwal433, Mitch Ames

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