23 febbraio 2021 – Notiziario in genere

Scritto da in data Febbraio 23, 2021

Germania: l’appello agli atleti e alle atlete gay a fare coming out. Gran Bretagna: il governo Tory fa “mea culpa” per i militari gay congedati. Pakistan: uccise quattro donne che lavoravano per una Ong. India: in tribunale vince il #MeToo. Giappone, ci risiamo: leader di partito invita le donne alle riunioni. Purché «stiano zitte». Sudafrica: ministra nella bufera per le sue parole: «un istruito non stupra».

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Germania

«Potete contare su di noi!». In Germania più di 800 tra calciatori e calciatrici hanno firmato un appello rivolto ai loro colleghi e alle loro colleghe gay, spronandoli a fare coming out. «Vi sosterremo, vi incoraggeremo e, se necessario, vi difenderemo dagli attacchi. Perché fate la cosa giusta e noi siamo dalla vostra parte», si legge nel testo pubblicato sul magazine 11 Freunde. «Ancora nel 2021 non c’è neppure un calciatore dichiaratamente omosessuale nelle categorie professionali del calcio tedesco», si legge nell’appello. «La paura di finire aggrediti o discriminati dopo un coming out, e che si possa mettere in pericolo la carriera di calciatore (o di calciatrice) professionista è chiaramente ancora molto grande, al punto che i calciatori pensano di dover nascondere la propria omosessualità». Fra i firmatari ci sono anche interi club di professionisti, come nel caso del Borussia Dortmund, con la firma del direttore generale Hans Joachim Watske.

https://twitter.com/SRTRC_Europe/status/1362083480063082510

Gran Bretagna

Flickr/Number 10 | Boris Johnson

Il governo della Gran Bretagna chiede scusa ufficialmente per avere in passato congedato ingiustamente i militari omosessuali dalle forze armate di sua maestà. Secondo il primo ministro conservatore britannico Boris Johnson si è trattato di «una grande ingiustizia». Solo in seguito alla storica riforma del 2000, infatti, nel paese le persone gay possono prestare servizio militare senza temere di incappare in forme di discriminazione per il proprio orientamento sessuale. Per questo il ministero della Difesa britannico, con l’appoggio di Johnson, ha deciso di restituire le medaglie che i reduci si erano conquistati ma che erano state loro negate proprio per come si era chiusa la loro carriera militare. «Coloro che prestano servizio nelle nostre forze armate meritano ogni riconoscimento per il loro servizio», scrive il premier su Twitter. «È stata una grande ingiustizia che questo sia stato negato ad alcuni membri, semplicemente a causa della loro sessualità. Accolgo con grande favore il fatto che ora possiamo affrontare questo torto storico».

Pakistan

 

Agguato di uomini armati nel nord-ovest del Pakistan, dove sono state uccise quattro donne che lavoravano per una Ong umanitaria. La zona coinvolta è quella della provincia di Khyber Pakhtunkhwa, vicino al confine con l’Afghanistan. Le quattro donne insegnavano lavori artigianali ad altre donne e lavoravano per l’organizzazione no-profit Sabawoon. L’autista del veicolo su cui si trovavano è rimasto ferito nell’attacco. La provincia tribale coinvolta ha visto nel tempo ripetuti attacchi di terroristi islamici contro le forze di sicurezza pachistane, funzionari governativi e anche contro personale delle ong.

India

Wikimedia Commons

In tribunale vince il #MeToo. «Una donna non può essere punita per avere alzato la voce contro le molestie sessuali. Le donne hanno il diritto di esprimere le loro lamentele in qualsiasi contesto e anche dopo decenni»: sono state queste le parole della giudice Ravindra Pandey del tribunale di Delhi che ha dato ragione alla giornalista Priya Ramani, accusata di diffamazione dall’ex sottosegretario agli Esteri MJ Akbar. Nell’autunno del 2018 Ramani era stata la prima ad accusare il politico, appartenente alle fila del partito del Premier, di averla molestata nel 1993. All’epoca lui era un potente editore e un autore di successo. La rivelazione di Ramani aveva dato vita al movimento #MeToo indiano. Una dozzina di colleghe di Ramani la seguirono accusando Akbar di avere abusato di loro in momenti diversi, mentre il movimento nel tempo ha mosso accuse anche contro varie star di Bollywood. Akbar dal canto suo si è sempre detto innocente. Si è dimesso per lo scandalo e ha denunciato la giornalista per calunnia perché le sue affermazioni, dal suo punto di vista, hanno incrinato la sua «stellare reputazione». «Non è stata una battaglia solo per me: mi sono battuta per tutte le donne che hanno avuto il coraggio di parlare, prima e dopo di me», ha detto la giornalista dopo la sentenza. «Questa vittoria le incoraggerà ad avere sempre più coraggio di denunciare, e scoraggerà i potenti dal portare le loro vittime in tribunale». «La Corte ha affermato che anche un uomo famoso e considerato rispettabile può essere un molestatore», fanno notare i movimenti femministi.

Giappone

Wikimedia Commons

Yoshiro Mori, l’ex presidente del Comitato organizzatore delle Olimpiadi di Tokyo 2020 (rimandate al 2021) ha dato le dimissioni nei giorni scorsi. Era al centro delle polemiche per i suoi commenti sessisti nel corso di un incontro online con il Comitato olimpico giapponese: aveva detto che nelle riunioni le donne parlano troppo e che a causa del loro «forte senso di rivalità, se una alza la mano per parlare poi anche tutte le altre vorranno parlare». Mori aveva anche fatto ironia sull’aumento della componente femminile nel board da lui guidato, auspicando che le sette donne cooptate comprendessero di dover stare «al loro posto». La nuova presidente del Comitato organizzatore, dopo le dimissioni di Mori, è Seiko Hashimoto, ciclista e pattinatrice con all’attivo ben 7 partecipazioni olimpiche. Dopo Mori un altro personaggio pubblico in Giappone fa parlare di sé per il suo maschilismo. Si tratta del leader del partito liberale, l’ultraottantenne Toshihiro Nika. Ha proposto a cinque deputate di partecipare alle riunioni dei vertici politici, in genere aperte soltanto agli uomini, a patto però che «restino in silenzio». Nika voleva, dice, «portare una prospettiva femminile» agli incontri. Ma le deputate non potranno, nella sua visione, dire cosa pensano nel corso delle riunioni. Lo potranno fare solo in un secondo momento. «È importante rendersi conto di quello che succede, dare un’occhiata, tutto qui», avrebbe detto il politico secondo la ricostruzione dell’agenzia Reuters.

Sudafrica

Flickr/Government ZA | Angie Motshekga

«Un uomo istruito non commetterà violenze sessuali». Sono state queste le parole della ministra dell’Istruzione sudafricana, Angie Motshekga, durante un discorso ripreso dai media locali e in cui provava a spiegare a degli studenti l’importanza di formarsi un bagaglio culturale. Gli stessi studenti non hanno lesinato critiche. Ogni anno in Sudafrica vengono denunciati quarantamila stupri, ma il dato reale potrebbe essere assai più elevato. Nel 2019, il presidente Cyril Ramaphosa ha definito gli stupri e le aggressioni sessuali nel paese come una «crisi nazionale». Motshekga ha detto in seguito in una nota ufficiale che le sue frasi sono state estrapolate dal contesto. «Lo stupro è effettivamente una questione di potere, quindi il dipartimento ha programmi per educare il bambino ad apprezzare l’importanza di come relazionarsi ai rapporti di potere tra uomini e donne sin dalla giovane età… Gli uomini hanno bisogno di essere educati su come comportarsi con potere, patriarcato e mascolinità negativa o tossica. Anche educare gli uomini alle relazioni di potere è importante nella lotta contro lo stupro», si legge in una parte della nota.

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