Carcere e Covid: la pandemia dietro le sbarre

Scritto da in data Marzo 13, 2021

Dietro Regina Coeli, lo storico carcere romano, dal 2016 si trovano gli uffici del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, organismo statale indipendente in grado di monitorare, visitandoli, i luoghi di privazione della libertà: oltre al carcere i luoghi di polizia, i centri per gli immigrati, le residenze per le misure di sicurezza (REMS) recentemente istituite dopo la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (SPDC), cioè i reparti dove si effettuano i trattamenti sanitari obbligatori, etc. Qui abbiamo incontrato Domenico Schiattone, dirigente dell’Ufficio del Garante, che ci ha raccontato come la pandemia abbia influito sulla vita dei detenuti e delle detenute in Italia.

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Una situazione di sovraffollamento strutturale

Il problema principale degli istituti penitenziari italiani, già rilevato dalla condanna della Commissione Europea dei Diritti Umani che condannò l’Italia nel 2013 per “trattamenti disumani”, è quella del sovraffollamento, migliorato rispetto al periodo della condanna ma comunque rilevante, soprattutto in epoca di pandemia. La mancanza di spazi rende infatti difficile il distanziamento fisico e le profilassi sanitarie. La ristrettezza di spazi e la speranza di poter mettere in atto politiche deflattive che possano commutare la pena detentiva in altre forme, oltre allo sconforto provocato dall’interruzione dei colloqui con i familiari (visti dalle istituzioni come possibile veicolo di infezione), hanno provocato numerose rivolte nelle carceri italiane, riuscendo così a portare il tema all’opinione pubblica ma con la terribile conseguenza di ben 14 detenuti morti durante le sommosse. Morti che si vanno a sommare ai suicidi, ben 21, che hanno visto il 2020 in risalita rispetto all’anno precedente, con “soli” 16 detenuti che hanno deciso di togliersi la vita.

Le misure contro la diffusione del Covid-19

Oltre all’interruzione dei colloqui, che sono ripresi poi da remoto, tutte le attività cui detenuti e detenute avevano accesso sono state interrotte, con qualche timida ripresa in via digitale. Per fermare i focolai di infezione si è cercato inoltre di creare delle sezioni per persone infette e per persone in quarantena, con non pochi problemi dovuti alla carenza di posto. Inoltre è da poco iniziata la campagna vaccinale su chi lavora in carcere, ma anche sulle persone detenute. Da ultimo, alcuni provvedimenti hanno cercato di commutare la pena detentiva, facendo scontare gli ultimi mesi di detenzione ai domiciliari o con braccialetto elettronico, senza tuttavia incidere realmente sul grande numero di persone attualmente recluse.

Immagine di Donald Tong da Pexels.

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