Cresciamo e moltiplicamoci!

Scritto da in data Febbraio 13, 2021

A cura di Loretta Bondì

Intervista con la Casa delle Donne di Terni

Le Case delle donne sono spazi di libertà, sostegno ed elaborazione politica e culturale, laboratori del sociale e hanno tenuto insieme il tessuto delle loro comunità prima e poi nel corso la pandemia. Eppure, negli ultimi anni, hanno subito attacchi in tutta Italia, spesso da parte delle istituzioni locali che dovrebbero sostenerle. Tanto che, due anni fa, una delegazione composta da case delle donne di roma e di altre città del centro Italia, sono andate a Brussels per esporre al Parlamento europeo le loro ragioni.

Qualcosa si è mosso.

Nel decreto di agosto, il Parlamento italiano ha preso atto dell’importanza storica e politica dei luoghi delle donne  votando  lo stanziamento di risorse che servono per la risoluzione del contenzioso tra la Casa Internazionale delle donne e il Comune di Roma, riconoscendo il valore sociale delle attività e il ruolo politico svolto dalla Casa.

Nella finanziaria, poi, questo riconoscimento è stato esteso a tutti i luoghi delle donne, prevedendo un fondo triennale per il finanziamento delle attività di tutte le associazioni che operano per i diritti e la libertà delle donne e introducendo un principio importantissimo, quello per cui gli enti locali debbano dare in comodato gratuito i locali dove si svolgono tali attività. Questi due risultati sono stati il frutto di una grande mobilitazione dei luoghi delle donne, che insieme hanno promosso ed elaborato il testo votato dal Parlamento.

Malgrado questi importanti riconoscimenti, gli attacchi non sembrano fermarsi perché a motivarli è il disconoscimento dell’autodeterminazione delle donne. Un banco di prova e quasi un laboratorio di queste politiche che minano i diritti delle donne è l’Umbria.

Nella regione a guida leghista sta infatti passando una legge regionale che vuole ulteriormente restringere  l’autodeterminazione delle donne, incluso il  diritto a scegliere l’interruzione di gravidanza. In un recente comunicato la RU2020, rete Umbra per l’autodeterminazione, ha denunciato: «Una proposta che stravolge il TITOLO IV del testo di legge riguardante le “politiche per le famiglie” tentando, in maniera neanche tanto velata, di affermare l’esistenza di un’unica tipologia di famiglia, con un’impostazione anacronistica e retrograda».

Ne parliamo con Claudia Monti e Valentina Galluzzi della “Casa delle Donne di Terni”. Claudia e Valentina descrivono, inoltre, la loro Casa, metodologia e intervento sul territorio. Ci parlano di come creano rete a livello regionale e nazionale e inquadrano il dibattito sulle case delle donne nella cornice dei beni comuni da tutelare e moltiplicare.

In copertina: foto della Casa delle donne di Terni

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