Diario dal Cile: 11 settembre
Scritto da Radio Bullets in data Settembre 11, 2023
Dafne Malvasi si è trasferita in Cile. Per il tempo che starà in Sudamerica, ci accompagnerà nel paese a 50 anni dal colpo di stato.
Sto scrivendo adesso e non so neppure che ora sia. So solo che oggi è l’11 settembre. Quel giorno per cui ha un senso per me essere qui. Stamattina ho parlato pochissimo, ma ho ascoltato tutto il Cile.
Tutte le parole di cinquanta anni di vita e di morte, di attesa eterna, sono state racchiuse in altre parole che si offrono a coloro che aspettano verità e giustizia. Per coloro che attendono ancora di conoscere dove siano i desaparecidos e le desaparecidas. E che pretendono che questo sia loro dovuto come minimo gesto di conforto per alleviare una pena infinita. Che possa permettere infine una riconciliazione pacifica verso il futuro.
Ma non si può fare finta che nulla sia accaduto o che nessuno sapesse. No, non siamo tutti brava gente. Non è solo la Storia o la banalità del male che ci può autoassolvere sempre. Nella testa mi risuonano le parole che ho ascoltato durante tutta la mattina “ni perdón ni olvido”, un mantra fatto di dolore e dignità. E poi le urla, seguite dal silenzio. Minuti di silenzio infiniti, di lacrime infinite.
Alcune persone mi si avvicinano, senza parlarmi, sollevano le foto per mostrarmi i volti dei loro desaparecidos e desaparecidas. Mi mordo le labbra e sento le mani tremare, non trovo nulla di intelligente da dire. Sfioro una foto, è una donna giovanissima con occhi neri immensi che credeva in un mondo nuovo, diverso, giusto. Non riesco a immaginare cosa ne sarà stato del suo corpo inerme, ma colpevole di credere in un futuro. Sento le gambe non reggermi più dopo essere rimasta in piedi tutto il giorno. Non ho mangiato né bevuto nulla. Non volevo allontanarmi nemmeno per un istante perché ero esattamente dove volevo essere.
All’improvviso diventa buio, inizia anche a piovere, poco a poco la folla si allontana e porta via con sé le parole, le lacrime e le foto. Restano gli striscioni, poche persone che discutono animatamente ma che poi si salutano con un abbraccio per tornare a casa. Decido di rientrare a casa anche io e mentre apro la porta sento una voce provenire dalla casa accanto che mi fà “Dafne, entra su. Ho appena preparato la once (merenda preserale diffusissima qui in Cile). Sarai stanchissima”.
Entro in casa dalla vicina, ed in effetti lì in cucina c’è la once che mi aspetta. Un tè caldo che accompagna sia cibo dolce che salato a scelta, tra biscotti, tortine e pane con affettati. La mia vicina è affabile e piuttosto preoccupata nel vedermi con la faccia da straccio che di sicuro avrò. Mi dice di non pensarci più, di mangiare e di riscaldarmi. È quello che faccio e senza dirci nulla ci sorridiamo, sorseggiando il tè.
Ma da quando sono qui, tutto sembra essere più forte di me. Tutto mi vince. Anche le poche parole che mi escono dalla mente nel chiedere “Com’è stato il suo 11 settembre 1973?”. La vicina smette improvvisamente di bere il tè, solleva la testa, mi guarda e mi dice: “Ti dico la verità Dafne, io non votai per Allende. E non perché fossi di destra o fossi ricca. Ma non mi convinceva il suo programma, nessuno voleva fare la fine di Cuba. Degli anni di Allende ricordo la fila che facevo per comprare la carta igienica o il dentifricio. Ero studentessa di Architettura, avevo molti sogni. L’11 settembre 1973 ha cambiato completamente la mia vita. Mi mancava solo l’esame di abilitazione alla professione, che sono riuscita a dare solo nel 1975. Mancavano i professori. Uccisi, scappati o desaparecidos. Ma questo lo seppi solo molti anni dopo. Dell’11 settembre 1973 ho ancora il ricordo chiaro degli aerei che bombardarono il palazzo presidenziale de La Moneda. Ricordo che accesi la radio e lì iniziai a capire cosa stesse accadendo. Ripensandolo ora, mai avrei potuto immaginare che gli Stati uniti con la Cia ci fossero dentro fino al crollo della nostra storia. Che fossero colpevoli e complici degli scioperi dei camion che non rifornivano i supermercati e i negozi, dei prodotti che non arrivavano, della propaganda contro Allende, delle ingerenze politiche continue per sabotare tutto. Si diceva fossero i comunisti a inventarsi tutto… “.
Dopo aver ascoltato ogni parola, l’unica domanda che mi sento di farle è: “E cosa pensa di oggi 11 settembre 2023?”. “Oggi penso solo che dopo 50 anni di bugie e di silenzi, si debba dire tutta la verità. Tutto il Cile deve sapere cosa è accaduto. Ma soprattutto bisogna dire la verità ai cileni e alle cilene che hanno il diritto di sapere dove sono le persone fatte scomparire. Cosa resta di loro… Abbiamo bisogno di verità, tutta la verità, per poter dire nunca más (mai più)”.
Dafne Malvasi
Sono Dafne, una napoletana che non ama il caffè ma ha una venerazione per la mozzarella di bufala.
Leggo, ascolto, scrivo e racconto storie di donne: le loro parole e le loro vite come forma di (r)esistenza. Amo la poesia e i sud del mondo. E tutto ciò che non conosco e mi sorprende con una felicità inattesa.
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