Il corpo è mio (o meglio, dovrebbe)
Scritto da Alice Corte in data Aprile 14, 2021
È uscito il rapporto “Lo stato della popolazione nel mondo 2021. Il corpo è mio. Diritto all’autonomia e all’autodeterminazione” dell’UNFPA – Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione. Presentato il 14 aprile in contemporanea mondiale (in Italia da Aidos – Associazione italiana donne per lo sviluppo), mette al centro l’autonomia fisica (bodily autonomy) e l’autodeterminazione delle donne, ancora lontane da essere raggiunte in molte parti del mondo.
Il rapporto, annuale, nasce in seno alle Nazioni Unite che, adottando l’Agenda 2030 e i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU e da raggiungersi, appunto, entro il 2030), cerca di rispondere a specifici quesiti sullo stato di avanzamento rispetto a diversi indicatori. Quello preso in considerazione per il 2021 è il conseguimento del diritto alla salute sessuale e riproduttiva. I parametri considerati sono due in particolare: la percentuale di donne che, nella fascia di età 15-49 anni, prendono decisioni informate su rapporti sessuali, uso dei contraccettivi e cura della salute riproduttiva; il numero di paesi dotati di leggi e regolamenti volti a garantire un accesso completo e uguale per tutte e tutti, a partire dai 15 anni, ad assistenza, informazioni ed educazione sulla salute sessuale e riproduttiva. Quest’anno si cerca, quindi, di rispondere a quale sia lo stato di avanzamento rispetto a questi parametri.
I dati presentati dal rapporto evidenziano una notevole disuguaglianza di genere nell’accesso ai diritti: in media, nel mondo, le donne avrebbero il 75% dei diritti in meno, e dei 40 milioni di persone vittime di schiavitù, 7 su 10 sono donne. Numerose sono poi le violazioni dell’autodeterminazione femminile per quanto riguarda la salute riproduttiva e sessuale. Solo il 55% delle donne e delle ragazze adolescenti può prendere decisioni autonome sul proprio corpo in materia di sessualità, uso della contraccezione e richiesta di cure per la salute riproduttiva, con il conseguente ricorso alla pratica degli aborti clandestini (3,9 milioni ogni anno solo tra le ragazze tra i 15 e i 19 anni) e sono ancora diffusi i matrimoni di bambine e ragazze minori: attualmente, 650 milioni di donne si sono sposate prima dei 18 anni e ogni anno 12 milioni di ragazze si sposano prima di diventare adulte. Gli abusi di cui sono vittime le donne sono purtroppo ancora numerosi e in molti paesi non è ancora punibile lo stupro coniugale. Il quadro risulta particolarmente complesso anche per le problematiche relative alla pandemia da Covid-19, che rendono ancora più vulnerabili bambine, ragazze e donne in tutto il mondo (per esempio, mettendole a rischio di mutilazioni genitali).
Ci sono prove crescenti che i servizi essenziali di salute sessuale e riproduttiva sono stati considerati «meno necessari» durante la risposta alla pandemia. I numerosi dati presentati nel rapporto, comprensivi dei forti costi sociali e sanitari che l’impossibilità di autodeterminarsi provoca nelle ragazze, sono stati evidenziati perché considerati fondamentali per emanare leggi e agire, andando a ridurre fattori di discriminazione ma anche aumentando la consapevolezza femminile sui propri diritti, come quello di dire no a rapporti non consensuali.
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