Mahsa Amini: “Gridate il suo nome”
Scritto da Radio Bullets in data Settembre 27, 2022
Secondo un gruppo per i diritti umani, sarebbero più di settantasei le persone uccise durante le proteste esplose in Iran contro il regime, da ormai due settimane, in seguito alla morte di Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale perché l’hijab non nascondeva i capelli come, secondo loro, avrebbe dovuto. In queste ore e in questi giorni, l’Iran sta intensificando l’arresto di attivisti e giornalisti, in una repressione che vorrebbe bloccare i disordini esplosi in tutto il paese e anche nel resto del mondo.
Il bilancio ufficiale delle autorità iraniane è fermo a quarantuno, tra cui alcuni agenti delle forze di sicurezza, mentre le persone arrestate sarebbero, sempre secondo le autorità, milleduecento. I manifestanti continuano a scendere in piazza ormai da dodici giorni, donne ma anche uomini. Ragazze che si strappano il velo dalla testa e si tagliano i capelli, ma anche ragazzi che, in segno di solidarietà, con i rasoi elettrici si tagliano i capelli, riferisce AFP.
Le ragazze e i ragazzi urlano il loro dissenso
La folla grida: «morte al dittatore», chiedendo la fine del governo del leader supremo, l’Ayatollah Ali Khamenei, 83 anni. Ragazzi che non si fermano davanti ai lacrimogeni, che diffondono video nonostante i funzionali blackout di Internet. Il gruppo Iran Human Rights, che ha sede a Oslo, ritiene che almeno settantasei persone siano state uccise. Le riprese video e i certificati di morte ottenuti da IHW «mostrano che sono stati usati proiettili veri contro i manifestanti», sottolinea l’ong.
I giornalisti
Almeno venti giornalisti sono stati arrestati da quando sono iniziate le proteste, ha affermato il Comitato per la protezione dei giornalisti che ha sede a Washington. Sono stati fermati anche attivisti e avvocati, tra cui il noto attivista per la libertà di parola Hossein Ronaghi, arrestato nel fine settimana. Ronaghi, critico della leadership iraniana, ha dichiarato in un video pubblicato sul web di aver inizialmente evitato l’arresto scappando dal suo appartamento, quando gli agenti sono venuti a prenderlo. Ma è stato poi arrestato sabato, quando si è recato nella prigione di Evin, a Teheran, per incontrare i pubblici ministeri ed è stato picchiato dagli agenti di sicurezza, ha scritto suo fratello Hassan su Twitter. Sua madre ha detto a Manoto TV in un’intervista che il figlio ha una gamba rotta. Secondo i rapporti, anche gli avvocati che lo accompagnavano a Evin sono stati stati arrestati.
Agli arresti si aggiungono le severe restrizioni a Internet, nonché il blocco di alcuni social, tra cui Instagram e WhatsApp, un modo per impedire che i manifestanti si mettano d’accordo ma anche che si raggiunga il mondo esterno.
.@Meta, are you helping the totalitarian regime of the Islamic Republic suppress the people of #Iran? Did you intentionally disrupt @WhatsApp for users with numbers from Iran?
Or could this be be the work of the Islamic Republic’s infiltrators in Meta and @facebook?#Mahsa_Amini https://t.co/XOW5RarFwq— Hossein Ronaghi (@HosseinRonaghi) September 21, 2022
«Prendendo di mira i giornalisti, dopo aver limitato l’accesso a WhatsApp e Instagram, le autorità iraniane stanno inviando un chiaro messaggio che non ci deve essere copertura delle proteste», ha affermato Reporter senza frontiere.
Il caso cinese
Il suo nome in cinese è scritto come 玛莎·阿米尼, Mǎshā Āmǐní. La sua morte sta facendo notizia a livello internazionale, con manifestazioni che spuntano ogni dove, eppure in Cina, scrive what’sonweibo, l’incidente e le sue conseguenze hanno ricevuto relativamente poca attenzione nei media cinesi, dove la narrativa è più focalizzata su come le risposte occidentali alla questione stiano intensificando i sentimenti antiamericani all’interno dell’Iran.
Sulla piattaforma di social media cinese Weibo, il sito di notizie cinese The Observer (观察者网) ha riportato la morte di Amini e le proteste che ne sono seguite il 22 settembre, ma l’hashtag selezionato per evidenziare il post non si è concentrato su Amini. Sul cinese Tiktok, Douyin, così come su Weibo, il media cinese iFeng News ha pubblicato un video che mostra le proteste filo-governative e antiamericane iraniane del 25 settembre, con interviste a donne velate che parlano a sostegno del loro paese e mostrano slogan e persone che bruciano la bandiera americana.
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