Proteggere la libertà di stampa

Scritto da in data Luglio 29, 2019

Dal 1993 il 3 maggio di ogni anno si festeggia la Giornata internazionale per la libertá di stampa indetta dalle Nazioni Unite. Nonostante si tratti di un principio evocato spesso nell’immaginario collettivo risulta tuttavia complesso definirne chiaramente il contenuto. Quando la stampa di un paese può effettivamente dirsi “libera”? Quali sono, oggi, le strategie più efficaci per difendere questo principio democratico fondamentale?
Ce lo spiega Alfonso Armada presidente della sezione spagnola di Rsf con Francesca Giannaccini da Madrid per Radio Bullets

 

Nel 1787 il deputato inglese Edmund Burke fu il primo a stabilire che la stampa, in un paese, agisce come “quarto potere” accanto alla tipica triade dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Ancora oggi si parla della stampa come “cane da guardia” della democrazia, evocando il suo ruolo garantistico.

Presupposto necessario all’esistenza di una stampa libera è la garanzia di un altro fondamentale principio liberale, quello della libertà di espressione e di informazione definito, nel nostro ordinamento, dall’art 21 della Costituzione.

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Strumenti giuridici equivalenti a livello internazionale sono l’art 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e l’art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani.

Queste norme, lontane dall’essere mere enunciazioni di principio, fungono da primo e importante presidio garantistico contro la censura della stampa, che può essere attuata solo con espressa e motivata autorizzazione giudiziaria. In secondo luogo esse costituiscono la base giuridica per l’adozione di leggi che proteggono l’attività di informazione in generale e, in maniera più specifica, il lavoro del giornalista (basti pensare ad esempio alla legge che in ogni paese tutela il segreto giornalistico sull’identità delle fonti). Altre leggi ancora tutelano la concorrenza nel mercato di informazione evitando che si creino distorsioni o monopoli, nel pieno rispetto del principio del pluralismo informativo.

Riassumendo: la stampa può dirsi “libera” tanto più risulta politicamente indipendente, quando l’attività di informazione è tutelata dalla legge e quando è capace di esprimere una pluralità di posizioni che rispecchiano l’eterogeneità dell’opinione pubblica in un contesto democratico.

Mianacce e aggressioni: giornalisti nel mirino

Tuttavia la forma di oppressione più pericolosa e inquietante ai danni della libertà di stampa rimane purtroppo quella della violenza diretta perpetrata contro giornali e singoli giornalisti. Attentati, minacce e aggressioni spesso intimidiscono anche la stampa più resistente e forte, esautorandola del suo potere di denuncia sociale e rendendola impotente di fronte all’ingiustizia.

Di tutti questi fattori tiene conto annualmente la classificazione mondiale sulla libertà di stampa redatta dalla ONG “Reporter Sans Frontieres” che, riferendosi all’ultima indagine, parlava addirittura di un “ciclo della paura” in cui i giornalisti e reporter rimangono vittime di attacchi sistematici fomentati anche dall’atteggiamento aggressivo di politici e esponenti pubblici. Diminuiscono drasticamente i paesi in cui esercitare la professione viene considerato “sicuro” mentre si registrano significative retrocessioni anche in zone, come l’Europa, considerate a basso rischio.

A guidare la classifica dei paesi più virtuosi troviamo quelli del Nord Europa: apre Norvegia per il terzo anno consecutivo seguita da Finlandia e Svezia.

L’Italia guadagna tre posizioni rispetto all’anno precedente, piazzandosi al 43esimo posto su 180 paesi considerati. Rimane alto il rischio per i giornalisti investigativi dato dalla presenza di organizzazioni criminali e di stampo mafioso mentre menzione negativa viene diretta al Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per la sua minaccia di sottrarre la scorta al giornalista Roberto Saviano.

 Gli Stati Uniti perdono tre posizioni e scendono al 48esimo posto a causa delle ripetute provocazioni da parte del Presidente Donald Trump verso cronisti e addetti stampa.

In Africa, nonostante isolati casi di eccezionale miglioramento (Etiopia e Gambia guadagnano rispettivamente 30 e 40 posizioni), la situazione rimane estremamente pericolosa a causa dell’instabilità politica, così come in Sudamerica (dove si registra un grave peggioramento in Venezuela e Nicaragua), in Asia e in Medio Oriente.

I paesi da bollino nero sono: Cuba, Libia, Egitto, Sudan, Arabia Saudita, Yemen, Somalia, Iran, Azgerbaigan, Vietnam, Laos e Cina, chiude la classifica il Turkmenistan che prende il posto della Corea del Nord che si piazza alla penultima posizione.

Ne parliamo con Alfonso Armada, Presidente della sezione spagnola della ONG, Reporteros Sin Fronteras.

Buongiorno, ci troviamo nella sede principale di Reporteros Sin Fronteras a Madrid in compagnia del Presidente della sezione spagnola, Alfonso Armada. Anzitutto, cosa rappresenta per lei o come definirebbe il concetto di libertá di stampa?

Senza dubbio qualcosa di imprescindibile per qualsiasi democrazia. Sembra una cosa molto astratta, magari difficile da comprendere, ma é fondamentale che chiunque capisca che senza una stampa forte che vigili sul potere economico, politico, religioso e istituzionale una democrazia non puó funzionare e i primi a rimetterci sono proprio i cittadini.

Quali sono stati gli aspetti piú preoccupanti emersi dall’ultima edizione della Classificazione mondiale sulla libertá di stampa?

La sorpresa é che anche molti paesi europei si trovano, oggi, in una situazione critica. A livello globale si sta progressivamente riducendo il numero di paesi considerati “sicuri” o in cui la libertá di stampa non soffre alcuna restrizione. Siamo molto preoccupati per le minacce e pressioni che subiscono ogni giorno i giornalisti in tutto il mondo e per l’estensione del circolo di odio e violenza che comporta inevitabilmente un aumento delle uccisioni in zone critiche ma ormai anche all’interno dell’Europa stessa. É una tendenza estremamente preoccupante per cui non bastano le ONG, serve che tutta la societá ci aiuti a proteggere questo bene democratico fondamentale.

Secondo lei quali sono le strategie che l’Unione Europea potrebbe adottare per migliorare la condizione della libertá di stampa?

L’Unione Europea molte volte si limita a suggerire strategie per preservare il pluralismo o condannare l’atteggiamento di certi governi, come quello ungherese, che attentano alla libertá di stampa o di espressione. Questo accade in Europa, accade in Polonia, accade in Estonia, in Slovacchia, perfino in Italia il discorso sulla libertá stampa é pericolosamente ostile. Credo che l’Unione Europea come organizzazione sovranazionale possa fare molto altro, rafforzando i meccanismi di protezione interna che giá esistono. Recentemente l’Ungheria é stata avvertita circa la possibilitá di sottrarle il diritto al voto. Penso che queste misure siano dure ma adeguate e che vadano nella direzione giusta anche se credo fortemente nella necessitá di agire e coinvolgere maggiormente la cittadinanza per evitare che la situazione peggiori ulteriormente.

Reporteros Sin fronteras come tante altre organizzazioni internazionali e non svolgono un ruolo fondamentale di denuncia, sensibilizzazione, divulgazione e ricerca sulle condizioni della libertá di stampa nel mondo, un indice essenziale per valutare lo stato della democrazia in un paese. Per ulteriori approfondimenti e consultazione dei dati aggiornati sulla Classificazione mondiale si rimanda al sito www.rsf.org.

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