Una sana educazione emotiva
Scritto da Claudio Mochi in data Gennaio 21, 2024
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In queste settimane si è parlato molto di “educazione emotiva”. Di cosa si tratta? È possibile generare dei cambiamenti positivi focalizzando l’attenzione sulle emozioni? Si può orientare l’attività scolastica in modo da coltivare rispetto, gentilezza, empatia?
E se questo fosse realizzabile, varrebbe la pena introdurre delle modifiche sostanziali al modo di interpretare la scuola e la didattica? Infine, tutto questo è possibile introducendo delle lezioni in cui si discute e approfondisce il tema delle emozioni?
Probabilmente avete già un’opinione al riguardo o forse ritenete che l’argomento non sia del tutto rilevante. Seguitemi in alcuni ragionamenti e verificate se qualcosa orienta in modo diverso la vostra opinione, il peso che date a questo tema o se quanto condiviso conferma le vostre valutazioni.
Partire dalla fine
Per soddisfare i più curiosi, partiamo dalla fine: i vissuti emotivi sono le esperienze che hanno il peso maggiore nella strutturazione e la funzionalità del nostro cervello e si comunicano in modo prevalentemente inconsapevole e non verbale.
Ora riavvolgiamo il nastro e procediamo con gradualità riportando l’affermazione di uno degli scienziati che ha studiato con più attenzione lo sviluppo umano: Allan Schore, sostiene che la scoperta più importante della storia è stata quella di documentare che il nostro genoma si sviluppa in base alle esperienze sociali avvenute nei periodi critici.
Tutti i processi in cui siamo coinvolti sono mediati dal nostro sistema neurale e questo si sviluppa e si struttura sulla base delle nostre esperienze. Siamo il risultato di ciò che viviamo.
Questa caratteristica ci rende potenzialmente estremamente adattabili al contesto in cui cresciamo e, al tempo stesso, anche vulnerabili.
Se, infatti, l’ambiente in cui maturiamo non offre delle esperienze positive necessarie per la nostra crescita, ne risentiamo profondamente.
Sulla base di queste informazioni, quali credete sia la funzione principale della formazione scolastica?
Le nostre capacità dipendono dalle nostre esperienze
Stabilito che il nostro sviluppo, le nostre capacità e il nostro benessere dipendono dalle esperienze che viviamo, è importante sottolineare che quelle che hanno maggiore influenza sono di natura relazionale.
La ricerca scientifica evidenzia, infatti, che lo sviluppo del cervello si realizza all’interno della relazione con un altro cervello.
Tra queste esperienze, hanno maggiore impatto quelle precoci e quelle che hanno una connotazione emotiva.
In altre parole, l’aspetto più rilevante per la nostra crescita e benessere è la qualità della relazione di attaccamento e, pertanto, la qualità della relazione emotiva che abbiamo con il nostro caregiver primario.
Le esperienze precoci sono determinanti nello sviluppo delle funzioni cognitive, la regolazione emotiva, le capacità sociali e nel comportamento intenzionale.
Anche se queste hanno un impatto marcatamente più rilevante rispetto a qualsiasi evento di vita, nel corso della nostra intera esistenza le interazioni sociali, e soprattutto le relazioni che hanno una connotazione emotiva, modellano la struttura e le funzioni del nostro cervello.
Se immaginiamo il nostro cervello come una casa, le esperienze affettive precoci rappresentano le fondamenta e ogni altra esperienza affettiva successiva il materiale con cui costruiamo l’intero edificio.
Se pensiamo all’importanza delle esperienze emotive sul nostro benessere, dobbiamo immaginare allo stesso valore che hanno le mura e i pavimenti solidi in una casa.
Focalizzarsi sulla qualità delle relazioni emotive non è un lusso come non lo è terminare un pavimento prima di collocare un divano, una libreria o una nuova cucina.
Nel prossimo contributo espanderemo questo argomento. Per ora vorrei aggiungere un elemento.
Come una casa
Il materiale di costruzione per edificare non è costituito da parole. La vera comunicazione emotiva non è composta di lettere o frasi. A livello profondo, strutturale, non conta quello che diciamo o scriviamo.
“Tesoro, amore, micetto, sei tutta la mia vita,”, sono degli elementi di arredo come dei quadri o degli arazzi che adornano la parete ma non la rendono più robusta o isolante.
Credo che non solo i fatti di cronaca offrano moltissime evidenze a sostegno di questo, ma forse anche la nostra stessa esperienza.
Insomma, il gestore che ci accoglie chiamandoci “cari” non ci vuole veramente bene, ma anche il partner che proclama il suo amore e non lo accompagna dai fatti, nel profondo non ci fa sentire realmente degni d’amore, importanti e speciali.
È un po’ come il progetto di una casa che ricco di dettagli e brillantemente presentato può essere attraente, stimolare la nostra fantasia e persino abbagliarci, ma se non è seguito dai lavori di costruzione non potrà mai soddisfare realmente le nostre esigenze abitative.
Nella comunicazione emotiva non conta pertanto quello che diciamo, ma il tono con cui parliamo, il nostro atteggiamento fisico, la nostra mimica e ancor più il nostro comportamento.
La struttura della nostra casa richiede fatti e non parole. Richiede mattoni ed altro materiale edile per costruire delle pareti e questi non possono essere sostituiti da quadri o librerie.
L’esperienza emotiva avviene in modo non verbale attraverso la relazione.
Proseguendo con la nostra metafora, il materiale che struttura la nostra casa, che consolida ed espande la nostra costruzione proviene dalle abitazioni circostanti.
Come vale per ogni costruzione, la disponibilità di materiale e la sua qualità risultano determinanti affinché l’edificio possa essere solido, funzionale e accogliente.
Una qualità preziosissima per i nostri “mattoni” è la sintonizzazione, ovvero la capacità di entrare in sintonia con lo stato interno della persona con cui si interagisce ed agire di conseguenza.
Questo implica per prima cosa l’interesse nell’altra persona, la capacità di prestarle attenzione, cogliere il suo stato emotivo, il suo livello di attività e rispondere adeguando il nostro comportamento.
Se ci pensiamo, è qualcosa di molto diverso da quello che avviene nelle reazioni di allarme in cui per difesa ci allontaniamo dall’altro attaccandolo, evitandolo o isolandoci completamente dall’intero contesto.
Insomma, qualsiasi destinazione d’uso, un edificio decida di avere, qualsiasi sia il sapere o le ricchezze che vorrà contenere o diffondere, la qualità della sua struttura rimane fondamentale.
Consideriamo anche un altro aspetto: solo una casa ben costruita possiede il materiale e la disponibilità per contribuire alla costruzione o all’abbellimento di altre abitazioni adiacenti.
Se parliamo quindi di “educazione emotiva” come dell’intenzione di rendere l’esperienza sentimentale l’obiettivo centrale o perlomeno di rilievo della vita scolastica, direi che sarebbe non solo utile ma, considerando la nostra natura, necessario inserirla nel contesto scolastico.
Il tempo a scuola è, infatti, un’occasione incredibile per offrire un grande assortimento di materiale di prima qualità.
Interazione e scambio
In ogni interazione avviene in modo inconsapevole uno scambio, un accumulo di esperienze che favoriscono o limitano salute e possibilità future.
Cari ascoltatori, non so cosa ne pensiate, ma secondo me il compito principale della scuola dovrebbe essere quello di fornire le esperienze necessarie per favorire la crescita e la salute estendendo e ampliando quelle vissute in famiglia, oppure supplendo laddove vi siano delle mancanze.
L’esperienza sentimentale dovrebbe essere la priorità dell’attività educativa e di ogni piano didattico e non lasciata unicamente alla grande generosità e competenza relazionale di moltissimi insegnanti.
Ogni giorno un bimbo che trascorre del tempo a scuola torna a casa con un bagaglio di informazioni ma anche di esperienze emotive che consolidano, compensano, abbelliscono o rendono più fragile la “costruzione”.
Pensate a quale impatto diverso possono avere questi due scenari per la studentessa Paola: “Oggi a scuola si è parlato di storia, ho imparato delle nozioni di geografia e nell’arco della giornata mi sono sentita confusa, inadeguata, derisa, esclusa, sbagliata, impaurita, bloccata, presa di mira”.
Oppure: “Oggi a scuola si è parlato di storia, ho imparato delle nozioni di geografia e nell’arco della giornata mi sono sentita importante, accolta, valorizzata, parte di un gruppo, attiva, competente e divertita”.
Quale enorme differenza nei due scenari in termini di rifornimento di benessere quotidiano e spinta per il futuro.
I meccanismi
Prima di lasciarvi permettetemi un’ultima considerazione. Sappiamo davvero molto di come funzionano alcuni meccanismi e di come si possa favorire benessere, sviluppo sano, acquisizione di abilità e competenze fondamentali per una vita fruttuosa e serena.
Senza tornare troppo indietro nel tempo, nell’episodio “L’educazione sentimentale” di Dino Risi del 1963 si evincono in modo brillante molte delle considerazioni che abbiamo fatto.
Eppure, a scuola e nella didattica le innovazioni che vengono introdotte riguardano spesso aspetti non strutturali come piccole variazioni al modo di acquisire i consueti apprendimenti o l’introduzione degli schermi, oppure modifiche nell’arredamento attraverso il ricorso a nuovi banchi e a diversi modi di disporli…
Chi mai penserebbe di realizzare una biblioteca curandosi solo dell’assortimento e dell’organizzazione dei volumi senza pensare alla funzionalità e alla solidità dello stabile?
Chi darebbe la priorità all’accumulo dei testi in un edificio che rischia di essere pericolante? Eppure accade, spesso.
In fondo aveva ragione lo studioso George Land: l’essere umano è una creatura particolare e ambivalente che sporca il proprio nido mentre vola verso la luna.
Claudio Mochi
Claudio Mochi è docente, autore e speaker internazionale esperto in interventi di emergenza e trauma con oltre 20 anni di esperienza in contesti di crisi e post-disastro.
Claudio è Psicologo e Psicoterapeuta, Registered Play Therapist Supervisor™ dell’APT degli Stati Uniti. Fondatore e Presidente dell’Associazione Play Therapy Italia APTI.
Direttore scientifico del programma formativo e del master universitario dell’International Academy for Play Therapy (INA) con sede a Lugano, Svizzera. Nel 2015 ha ottenuto negli Stati Uniti il premio “Outstanding contributions to the practice and teaching of Filial Therapy”.
Pubblicazioni recenti: Cassina I., Mochi C. and Stagnitti K. (eds.) (2023) Play therapy and expressive arts in a complex and dynamic world: Opportunities and challenges inside and outside the playroom, UK: Routledge. Mochi C. (2022) Beyond the clouds: An autoethnographic research exploring good practice in crisis settings, USA: Loving Healing Press. Mochi C. e Cassina I. (2021) Introduzione alla play therapy. Quando il gioco è la terapia, Svizzera: INA Play Therapy Press.
Song credits: J Scott Rakozy_A Mother’s Love
Foto credits: Foto di Clay Banks su Unsplash
Sirene d’allarme: riflessioni e percezioni su quando avvertiamo pericolo
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