Viaggio nei luoghi di Nikolaj Gogol’

Scritto da in data Luglio 14, 2020

Un viaggio nei luoghi delle prime opere di Nikolaj Gogol’ (Mykola Gogol’ in ucraino) in Ucraina, da dove è cominciato il percorso letterario del maestro. Un percorso mistico e fantasioso, colmo di diavoli, di streghe bellissime e di cosacchi coraggiosi, immortalati nel mondo fiabesco delle Veglie alla fattoria presso Dikan’ka.

La prima tappa: Poltava – Dikan’ka – Gogolevo

Poltava 

Per arrivare da Kyiv a Poltava, il capoluogo dell’omonima regione nel nord-est dell’Ucraina, ci vogliono quattro ore. Una parte della regione di Poltava si trova nella regione storica di Sloboda, ricca di fertile terra nera e di infiniti campi colmi di girasoli. Proprio nei pressi della città ha avuto luogo la Campagna di Poltava, tra il 1707 e il 1709, che si concluse con la sconfitta degli svedesi e la vittoria dell’esercito imperiale russo.

Campo di girasoli sulla strada Kiev – Poltava

Ed eccoci a Poltava, dall’aspetto classico di tante di quelle città ucraine di medie dimensioni, dove si mescolano le case antiche, gli edifici quadrati con la vernice scrostata del periodo sovietico e le costruzioni di ogni genere degli anni Novanta, con tanto di insegne di negozi dai colori più disparati. Le strade sono colme di marshrutke, piccoli pulmini baldanzosi di colore giallo, che percorrono la città alla velocità della luce, saltellando da una fermata all’altra. 

Un orecchio estraneo capta subito una parlata tutta locale, non ucraino puro, più un idioma popolare, un calderone dove si sono mescolate tante espressioni colorite, chiamate, appunto: “lingua poltava (польтовська мова), o “surzhyk di Poltava”, colorita e originale, che strappa un sorriso. Vengono in mente i personaggi gogoliani, con quella parlata succosa, che hanno molto in comune con gli abitanti contemporanei di questi luoghi. 

La gente del posto si intromette negli affari altrui con una facilità pari solo a quella con cui rilasciano consigli di ogni genere, anche se ti vedono per la prima volta. Però non è un’interferenza sgradevole o invadente, no. Tutto nella città è intriso dello spirito di provincia e della semplicità che gli abitanti del posto, se volessero, potrebbero insegnare a tutti quelli che passano: la rara arte della lentezza. 

Dikan’ka

Nella stazione degli autobus di Poltava, ci sono un paio di pullman che partono per Dikan’ka, una piccola cittadina, dai dintorni descritti da Gogol’ nella famosa raccolta Veglie alla fattoria presso Dikan’ka.

Alle casse una bigliettaia sorridente e gentile ci annuncia che per il ritorno non esiste nessun orario né tantomeno un pulmino: se si vuole tornare, allora ci si accorda direttamente con l’autista. Sul pullman i passeggeri sembrano usciti dal mondo carnevalesco gogoliano, o forse è solo l’immaginazione che cerca qualcosa in comune con i personaggi del grande maestro. 

A Dikan’ka c’è una chiesa chiamata Troitska, che la leggenda vuole collegata alle opere di Gogol’. Si ritiene che, secondo la trama del racconto La notte prima di Natale, proprio in questa chiesa il fabbro locale Vakula aveva dipinto quel famoso diavolo gogoliano, molto amato dagli appassionati delle opere del maestro.

Sulla parete, appena si entra in chiesa, Vakula aveva dipinto il diavolo nell’inferno, così orribile che tutti vi sputavano mentre passavano accanto; le donne poi, appena un bimbo si metteva a piangere, lo portavano dinanzi al quadro e dicevano: ‘su, guarda che c’è dipinto!’. E il bambino, trattenendo le lacrime, guardava di sbieco il quadro e si stringeva al seno della madre”.

Gogolevo

Dopo Dikan’ka, a soli venti minuti di pulmino, sorge un piccolo villaggio Gogolevo, dove si trova la tenuta della famiglia Gogol’-Yankovsky, ora trasformata in un museo. All’epoca, quando lì crebbe lo scrittore, quel sito portava il nome di Vasil’evka, che riprende il nome di suo padre, Vasyl. 

Se si arriva dopo l’ora di pranzo, nelle ore più calde del primo pomeriggio, il villaggio e i dintorni sono immersi nella natura e avvolti nel silenzio assordante, disturbato solo dal ronzio delle api e dai vigorosi coccodè delle galline che brulicano alla rinfusa nei presi della tenuta. 

A destra della tenuta si trova l’unico negozio del paesino, con salumi, dolciumi e altro cibo impacchettato ed esposto accanto alla carta igienica, alle scope per spazzare e chissà cos’altro. 

Volete un Gogol?”, ci chiede vivacemente la commessa, rallegrandosi del raro visitatore e tendendo una bottiglia di acqua minerale, dove sull’etichetta ci sorride lo scrittore. Da quelle parti c’è una sorgente d’acqua e non avrebbero potuto chiamarla se non L’acqua di Gogol’. 

La casa dei genitori dello scrittore ci accoglie con tanta quiete. La tenuta è circondata da un enorme parco verde e da uno stagno, dove il giovane Nikolaj Vasil’evič amava fare il bagno: un angolo pittoresco dove trascorse l’infanzia e l’adolescenza di giovane scrittore. Sicuramente è qui che la sua fantasia aveva scoperto quella parte fiabesca dell’Ucraina, che una volta descritta, gli portò la fama. 

Accanto alla tenuta, che ospita l’esposizione principale, si trova una piccola ala, una specie di dépendance. Lì dentro Gogol’ si fermava negli ultimi anni della sua vita, tra il 1848 e il 1851: si possono ancora vedere i suoi effetti personali. Nello studio lo scrittore stava lavorando anche sul secondo volume di Anime morte. 

Sulla parete dello studio pende ancora il dipinto chiamato L’Occhio della Provvidenza, che ritrae un uomo sconosciuto dallo sguardo inquietante. 

Da quelle parti dicono che il dipinto fu portato da Gogol’ dopo la stesura del suo racconto Il Ritratto, che narra la storia di un ritratto dallo sguardo terribile, che influenza la vita di coloro che lo possiedono. E anche questo quadro porta una scia mistica, tanto che la madre di Gogol’ aveva paura di entrare nello studio ed evitava di guardarlo. Si dice che tante volte abbia causato ai visitatori del museo emicranie e congiuntiviti. Vero o no, a noi è stato consigliato di non incrociare lo sguardo dell’uomo sul dipinto. 

Lo studio di Nikolaj Gogol’ nell’ala della tenuta di famiglia, a Gogolevo. Sul muro il ritratto “L’occhio della provvidenza”

La replica del tappeto, descritto nel racconto Starosvetskie pomeshiki: possidenti d’antico stampo: “di fronte al divano il tappeto con uccelli che sembravano fiori e fiori che sembravano uccelli”.

La tenuta della famiglia di Gogol’- Yankovsky, ora trasformata in un museo.

L’Ucraina di Gogol’ tra misticità e realtà 

È in questa parte del mondo che si sparpaglia la terra natia dello scrittore ucraino, che ha fatto da sfondo alla miriade di suoi personaggi – comici, mistici, fantasiosi e surreali – e che ebbe un profondo impatto sulle prime opere di Gogol’. Lui è stato il primo, e forse, per certi aspetti, l’unico, a catturare con la penna, l’animo mistico dell’Ucraina. 

Difatti, per chi avesse letto le sue raccolte, come Veglie alla fattoria preso Dikan’ka, quel mondo fantasioso e fiabesco è apparso in tutta la sua bellezza, irto di diavoli buffi, folletti e spiriti maligni, che vivono accanto ai cosacchi e alla gente comune; colmo di balli popolari e di matrimoni ucraini a non finire. Un universo tutto gogoliano, folcloristico e spensierato, firmato dall’apicoltore Ruduj Pan’ko, pseudonimo che Gogol’ usò nelle sue prime opere. 

Tutti i personaggi delle Veglie si prestano al linguaggio fiorito gogoliano, alla sua maestria nel descrivere il dettaglio. Basta ricordare il diavolo onnipresente, buffo, maldestro e birichino, che lo scrittore è riuscito a narrare come nessun altro. 

Davanti un tedesco perfetto: sottile, perpetuamente in moto e pronto ad annusare tutto ciò che gli capitava, il musino terminava, come nei nostri maiali, con un tondo pjatochok (una moneta di cinque kopeki); le gambe erano tanto sottili, che, se così le avesse avute il podestà di Jarechkovo, se le sarebbe spezzate nel primo kazacjok (una danza cosacca). Ma in compenso di dietro era un vero avvocato di provincia in uniforme, perché gli pendeva giù una coda come le falde delle uniformi odierne; soltanto forse dalla barba caprina sotto al muso, dalle piccole corna sporgenti sulla testa, e perché tutto quanto non era più bianco di uno spazzacamino, si poteva indovinare che non era né un tedesco, né un avvocato di provincia, ma semplicemente il diavolo a cui un’ultima notte era rimasta da scorrazzare per il mondo e insegnare i peccati alla brava gente”. 

Invece sull’appartenenza di Gogol’ al mondo russo o ucraino, da tanti in forte disaccordo, ci si potrebbe ricordare alle parole del giornalista russo Leonid Parfenov, che l’aveva battezzato nel suo documentario L’uccello Gogol come un “classico ucraino della letteratura russa”. E perché questa metafora nel nome del film? Proprio perché Gogol’, sia in russo sia in ucraino, è un’anatra marina, un quattrocchi.

La prossima tappa dei luoghi gogoliani in Ucraina: Velyki Sorochyntsi  – Mirgorod

Foto in evidenza: Julia Kalashnyk, viaggio nel pulmino da Poltava a Dikan’ka

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