Con il wireless in testa

Scritto da in data Febbraio 24, 2021

Minuscolo, morbido e controllabile via wireless, attraverso lo smartphone. È l’innovativo impianto cerebrale realizzato da un team di ricercatori coreani. Una soluzione per combattere disturbi neurodegenerativi e dipendenze, ma dal futuro promettente.
Musica: “Going out of my head” – Little Antony & The Imperials
Foto di copertina di Gerd Altmann da Pixabay

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Curare i disturbi neurodegenerativi o le dipendenze lavorando direttamente sul cervello.
Non è fantascienza ma la realtà della scienza applicata alla medicina. E un team di ricercatori di un ateneo coreano sta facendo interessanti passi avanti.

Un impianto cerebrale optoelettronico

I protagonisti di questa promettente storia sono i ricercatori del Kaist – Korea Advanced Institute of Science & Technology – che hanno inventato e stanno testando un innovativo sistema. Si tratta di un impianto cerebrale morbido che, una volta impiantato nel cervello, può essere controllato e ricaricato in modalità wireless.
Frutto di uno studio che lo stesso team aveva iniziato nel 2019, questa nuova versione aggiornata del dispositivo si basa sul ricorso a un sistema optoelettronico, composto da polimeri biocompatibili e dotato di due elementi:

  • sonde ultrasottili, pari all’incirca allo spessore di un capello umano, che in genere non supera i 180 micrometri
  • minuscoli LED montati sulle sonde, grandi quanto un granello di sale

Questi ultimi hanno il compito di stimolare, attraverso la luce, alcuni precisi neuroni bersaglio, attivando così la loro risposta. L’intento è agire sulle parti del cervello per contrastare le malattie neurodegenerative, come il Parkinson e l’Alzheimer. Così come intervenire direttamente sui neuroni per sconfiggere le dipendenze, ma anche la depressione o intervenire sul dolore. Il compito di questo dispositivo è anche quello di trasportare farmaci in loco.

Il segreto della morbidezza

I polimeri che compongono l’impianto sono biocompatibili ma soprattutto sono particolarmente morbidi. Due caratteristiche importanti in quanto, da un alto la biocompatibilità permette al dispositivo di potere restare per lunghi periodi a contatto con i tessuti umani senza creare alcun problema, dall’altro la morbidezza rende l’impianto il meno invasivo possibile e per nulla ingombrante.
Una differenza sostanziale rispetto ai tradizionali impianti cerebrali che fanno uso di strutture sempre molto piccole ma rigide, come minuscole fibre ottiche o piccoli tubi per il trasporto dei farmaci. Strutture quindi che, a lungo andare, possono anche danneggiare le cellule cerebrali.
Il sistema sviluppato in Corea, invece, consente al paziente di muoversi in libertà, continuando a svolgere le proprie attività.

Il controllo e la ricarica sono wireless

Un elemento interessante di questo dispositivo è che può essere attivato a distanza, semplicemente da smartphone attraverso un’App da cui si controllano i LED che danno il via alla stimolazione neuronale. La modalità è quella che già conosciamo grazie a tantissima della tecnologia che usiamo tutti i giorni, ovvero il wireless.
Sin dal primo modello del 2019, il dispositivo è stato dotato di un chip bluetooth a basso consumo energetico che consente di stimolare i neuroni a distanza e in ogni momento. Questo tipo di tecnologia permette quindi, una volta impiantata, di ridurre l’impatto sul paziente e persino il rischio di infiammare i tessuti.
Ma c’è di più, perché anche la batteria dell’impianto cerebrale – che serve per alimentare il chip bluetooth – può essere ricaricata anch’essa in modalità wireless, quindi dall’esterno del corpo. Questo significa ridurre al minimo gli interventi chirurgici, prima necessari proprio per la sostituzione delle batterie scariche.
È stato realizzato un piccolo circuito con integrati:

  • uno strumento in grado di recuperare l’energia prodotta
  • un’antenna
  • il chip bluetooth

L’elettricità è generata nel dispositivo da un campo magnetico alternato esterno, che penetra nei tessuti senza danneggiarli e carica la batteria.

Non solo nel cervello

Proprio per le sue caratteristiche tecniche il dispositivo coreano può essere impiegato non solo con finalità di cura ma anche per lo studio e l’analisi delle diverse attività cerebrali.
Buone notizie anche per le future possibili applicazioni, perché la stessa tecnologia potrà essere pensata per realizzare, per esempio, pacemaker cardiaci che funzionino nello stesso modo. Cure efficaci, quindi, e sempre meno invasive.

La nuova ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nature Communications, il 22 gennaio 2021.

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