Cosa intendiamo per ‘cura’?

Scritto da in data Aprile 6, 2021

A cura di Marcella Corsi, coordinatrice di Minerva – Laboratorio di studi su diversità e disuguaglianza di genere, Sapienza Università di Roma.

La parola italiana afferra solo in parte i significati che il termine abbraccia in altri idiomi. “Care” in inglese vuol dire anche attenzione, protezione, premura, servizio. In tal senso diventa la base per una “rivoluzione della cura” che mira a modificare il paradigma economico dominante, incardinato sul modello del cosiddetto homo oeconomicus.

La crisi da Covid-19 impone una trasformazione culturale che metta al centro la cura come insieme di relazioni che animano la vita sociale, politica ed economica. Ciò implica che le nostre azioni non debbano essere intraprese e valutate solo in base all’interesse personale (“greed is not good”), ma guardando all’impatto che esse hanno sulle altre persone e sulle nostre comunità, anche nel senso della loro sostenibilità, ossia del divenire della nostra esistenza su questo pianeta.

Questo quadro di riferimento ci obbliga ad adottare una “morale della simpatia” simile a quella proposta da Adam Smith nella sua Teoria dei sentimenti morali, portandoci, come economiste ed economisti (femministi), a un’apertura feconda alle contaminazioni tra campi di azione solo erroneamente considerati separati.

Per introdurre un nuovo paradigma, basato sulla cura, bisogna sviluppare e nutrire la contiguità interdisciplinare tra l’economia e le altre scienze sociali (sociologia, politica, giurisprudenza, ecc.) e, così facendo, avvicinare l’economia alle esigenze e caratteristiche di ogni singolo essere umano, facendo tesoro delle differenze di genere (sesso, status sociale, orientamento sessuale, età, ecc.) che gli sono proprie.

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