Un silenzio assordante

Scritto da in data Luglio 5, 2020

Un silenzio assordante. È l’ossimoro per eccellenza, quello che si usa per spiegare una delle figure retoriche più usate nella lingua italiana. La nostra storia comincia proprio con un silenzio, un silenzio durato dieci minuti che la squadra del La Plata Rugby Club dedica a un loro compagno, assassinato dagli squadristi della Tripla A, l’Alianza Anticomunista Argentina, su cui, grazie all’Operazione Condor, il generale Jorge Rafael Videla può già contare nel ’75 pur non essendo ancora salito definitivamente al potere.

Invece di leggere prova ad ascoltare: la musica e la narrazione renderanno l’esperienza più coinvolgente!

El Mono Rocca

Hernan Rocca detto “el mono” è uno studente di medicina e nel tempo libero si diverte a giocare a rugby; gioca come mediano di mischia e indossa la maglia de “i canarios”, così sono conosciuti i giocatori del La Plata Rugby Club, per via del colore giallo che ricorda quello dei calciatori del Boca Juniors. La Plata è una piccola città argentina, a pochi chilometri da Buenos Aires, e la squadra più rappresentativa della cittadina è proprio il La Plata Rugby Club, una società singolare visto che a giocarci sono soprattutto ragazzi provenienti dalle scuole pubbliche. Un connubio, quello tra il rugby e l’università pubblica assai raro in un Sud America dove, spesso e volentieri, la scelta dello sport è legata al censo.

Oltre a essere particolare, la squadra del La Plata Rugby Club è anche forte e punta al titolo, i componenti sono tutti piuttosto giovani e “el mono” Rocca è uno di questi. Frequenta la facoltà di medicina e per lui lo studio viene prima di tutto, anche del rugby; rinuncia a partecipare alla tournée organizzata in Francia con la squadra, ha un esame importante da sostenere e preferisce rinunciare a viaggiare con i suoi compagni. Sarà comunque a disposizione dell’allenatore Hugo Passarella per la prima partita della nuova stagione, contro lo Champagnat in programma la settimana successiva, pochi giorni dopo il ritorno in Argentina della squadra. Dopo aver superato brillantemente l’esame, proprio per tenersi in forma e non perdere confidenza con l’ovale, Rocca va al campo ad allenarsi e non può fare a meno di notare che c’è qualcuno che sta riprendendo gli allenamenti della squadra. Strano, pensa “el mono”: a cosa serve filmare gli allenamenti di una squadra priva dei suoi migliori giocatori e del suo allenatore? Va be’, poco importa, Rocca si allena e poi va verso casa dei genitori dove ad aspettarlo, però, non c’è solo la sua famiglia ma anche gli squadristi della Tripla A che lo rapiscono caricandolo a bordo di una Ford Falcon senza targa. Il giorno dopo, Venerdì Santo, il suo corpo viene trovato senza vita, trafitto da 21 proiettili, bendato e con le mani legate dietro la schiena. Con ogni probabilità, i sicari della Tripla A hanno commesso un errore, il Rocca che cercavano non era Hernan, ma suo fratello Marcelo, lui sì impegnato politicamente, attivista del movimento dei Montoneros. Sì, è vero che anche “el mono” militava nella gioventù peronista ma era un interesse marginale rispetto allo studio e al rugby, come è testimoniato da un meticoloso diario in cui il giocatore raccoglieva ritagli di giornale e appunti con le sue idee e teorie e di gioco. E sì, è vero anche che la squadra del La Plata Rugby Club ha la fama di essere una Escuela de guerilleros (scuola di guerriglieri) perché quasi tutti i giocatori sono iscritti ad associazioni di sinistra, ma fondamentalmente quei giocatori non sono altro che ragazzi appassionati di rugby e infatti, in modo un po’ goliardico, proprio per non prendersi troppo sul serio, si autodefiniscono “Ejército revolucionario del cisne” ovvero Esercito rivoluzionario del cigno.

Il diario di Hernan Rocca

10 minuti di silenzio

Che si sia trattato o no di un errore, l’unica cosa certa è che Hernan Rocca è stato assassinato brutalmente. La squadra de La Plata torna in città e, anche se gli avversari dello Champagnat hanno proposto il rinvio visto quanto accaduto, decidono comunque di giocare la partita. L’assassinio del mono va onorato in campo, col sudore e con la grinta che ha sempre contraddistinto “i canarios”, non prima, però, del minuto di silenzio chiesto ed ottenuto dal capitano del La Plata Rugby Club. Il minuto di silenzio viene rispettato alla lettera: non si muove una foglia all’interno dello stadio e le due squadre si stringono compatte in un abbraccio commosso. Passato il minuto l’arbitro fischia ma nessuno dei giocatori del La Plata si muove. Restano così. Abbracciati ed in silenzio per un altro minuto e poi per un altro ancora. Per dieci minuti consecutivi in campo c’è solo il suono che fa il silenzio. Solo dopo dieci – lunghissimi – minuti, i giocatori si separano e si schierano, pronti per cominciare a giocare e a onorare la memoria del compagno scomparso.

Lo scrittore argentino Ernesto Sabato, fondatore e primo presidente della commissione che si occupa delle ricerche dei desaparecidos, e autore del corposo dossier Nunca más (Mai più), scrive che quel silenzio è stato definito dall’entourage di Videla come un atto “di grave provocazione da tenere nella considerazione dovuta”.

La dittatura argentina

Col passare del tempo, la situazione in Argentina peggiora notevolmente. Un anno dopo l’assassinio di Rocca, con un colpo di stato annunciato, Videla prende pieni poteri e comincia così la sua sanguinaria dittatura militare. Dopo aver sciolto il parlamento e annullato tutte le attività sindacali, Videla avvia il “Proceso de reorganización nacional” che prevede l’instaurazione di un sistema economico neoliberista oltre che una lotta senza quartiere alla minaccia comunista, che viene combattuta anche, se non soprattutto, attraverso il rapimento e l’uccisione di tutti gli oppositori politici. Inizia così un vero e proprio genocidio che conterà, alla fine della dittatura, oltre 30 mila desaparecidos e circa 8 mila morti. Come testimonia il dossier di Ernesto Sabato, per rischiare di essere arrestati e uccisi non è necessario essere direttamente un attivista, basta anche essere un parente o un amico di qualcuno considerato sovversivo.

Emblematico in tal senso il sequestro di alcune delle madri di Plaza de Mayo, un’associazione non armata e non violenta, formata dalle madri e dalle nonne dei desaparecidos, le quali, all’uscita della chiesa di Santa Cruz, tradite da un infiltrato, vengono sequestrate e torturate nella Escuela de Mecanica, il più grande centro di detenzione illegale dell’Argentina.

Kertész – Il difficile nome di un eroe

La Plata Rugby Club

Torniamo alla squadra: come avrete intuito dalla storia di Rocca, il La Plata Rugby Club non è certo al riparo dalla morsa del governo. Anzi quei dieci minuti di silenzio non hanno fatto altro che accendere i riflettori su tutti i giocatori presenti in campo i quali, piano piano, uno dopo l’altro, cominciano a sparire. Il primo a essere disperso è Pablo Del Rivero che nel luglio del 76, appena ventiquattrenne, viene catturato con le stesse modalità del suo compagno ma, a differenza di Rocca, il suo corpo non viene ritrovato. Poi è il turno del ventitreenne Hugo Lavalle scomparso nell’ottobre dello stesso anno.

“Sapevamo ciò che stava accadendo, però i nostri 20 o 23 anni di quell’epoca ci facevano sentire invulnerabili. Percepivamo i pericoli che la militanza implicava, però non si arrivava a comprendere che ‘eliminare la sovversione’ significava eliminare una forma di pensare” racconta in un’intervista Raul Barandiaran che aggiunge:

“Mi chiedo da sempre come sia accaduto che siamo stati l’unica squadra a soffrire tutto questo in una percentuale così alta. Quando iniziammo a giocare a rugby, alla fine degli anni Sessanta, eravamo da poco usciti dal Collegio Nazionale, che dipende dall’università di La Plata. Credo che quella formazione da scuola pubblica ci abbia segnati: eravamo tutti ragazzi attenti a quello che accadeva intorno a noi e fare politica fu una scelta naturale”.

Malgrado tutto, la squadra guidata dal burbero allenatore Hugo Passarella continua a giocare e spesso e volentieri vince anche, nonostante, per forza di cose, sia costretta a schierare giocatori provenienti dalle squadre giovanili. Avendo capito la piega che stava prendendo la situazione, Passarella prova anche ad organizzare una fuga della squadra tramite una tournée rifugio in Francia ma nessuno dei giocatori prende in considerazione l’idea. Fuggire non è un’opzione per i ragazzi che pensano che così facendo mancherebbero di rispetto ai compagni uccisi.

“Avete vent’anni. Vi ammazzano perché non conoscono i vostri pensieri. E questo li fa impazzire”

ripete Passarella ai suoi ragazzi.

Una squadra perseguitata

Più passa il tempo e più la squadra viene decimata; le modalità di sparizione dei dissidenti sono sconcertanti: molti desaparecidos vengono imbarcati a bordo di aerei militari, sedati e lanciati nel Rio de la Plata o nell’oceano, spesso con il ventre squarciato affinché i loro corpi venissero divorati dagli squali. Questa modalità di omicidi di stato è nota come “vuelos de la muerte”.

Alla fine, uno dopo l’altro, sono diciassette i giocatori del La Plata Rugby Club a essere eliminati dalle squadre della morte di Videla. Spariscono tutti: i piloni, le ali, i tallonatori e le terze linee. Sparisce anche il capitano, Mariano Montequin. Sparisce Otilio Pascua, il numero 10, uno dei pochi di cui viene ritrovato il cadavere ripescato in un affluente del Rio Lujan dopo più di un mese di permanenza in acqua con un peso attaccato ai piedi e le braccia legate dietro la schiena.

“Prima uccideremo tutti i sovversivi; poi uccideremo i loro collaboratori; poi i loro simpatizzanti; poi chi rimarrà indifferente; e infine uccideremo gli indecisi”

parole del Generale Iberico Saint-Jean, governatore della provincia di Buenos Aires.

L’ultimo a sparire è Julio Alberto Alvarez, il diciassettesimo ed ultimo giocatore del La Plata Rugby Club presente in campo durante i dieci minuti di silenzio in memoria di Rocca. Viene rapito e dichiarato desaparecidos il 28 giugno 1978, tre giorni dopo la vittoria dell’Argentina ai mondiali di calcio. Di tutta la squadra iniziale del La Plata Rugby Club un solo giocatore è rimasto in vita, Raul Barandiaran. È solo grazie a lui, e al giornalista argentino Gustavo Veiga, che la storia dei 17 desaparecidos della squadra di rugby argentina viene ricordata ancora oggi.

Per non perdere neanche un episodio della rubrica sportiva segui la pagina Facebook di Sportcast e iscriviti al canale su Spotify

Sullo stesso argomento:

Il capitano coraggioso

Tagged as

[There are no radio stations in the database]