Diario di viaggio
I due giorni da Ussita ad Arquata

Scritto da in data Giugno 23, 2020

Le tappe 4 e 5 del Cammino, ovvero da Ussita a Norcia e da Norcia ad Arquata iniziano a farsi sentire. Inizia a farsi sentire anche la visione delle macerie. Rimasta inaspettatamente sola, il viaggio assume un aspetto diverso, né migliore né peggiore, ma mentre prima nei momenti di sconforto cercavo di dare coraggio (mi sa in maniera goffa e forse pure dannosa) ora cerco l’estasi nel conteggio dei passi, il paradiso nelle pause, invoco la dea Kali quando non mi sento più le braccia, schiacciate dal peso dello zaino.

Ussita-Visso

Il tratto Ussita-Visso mi regala la valle e un incontro con scoiattolo (dopo il cerbiattino curioso fermatosi a guardarci lungo la prima tappa, che mi ero scordata di menzionare). La torre che domina Visso è sempre una bella avvisaglia dell’arrivo. A Visso girovago alla ricerca di un alimentari, che poi mi regalerà una notevole pizza con ricotta, non capendo se il problema è la memoria che mi inganna o che le attività sono state spostate sul serio da quando passai qui con la Lunga marcia due anni fa. Prendo poi il sentiero alla volta di Campi di Norcia, il paesaggio della Sibilla è stupendo, rovinato solo a tratti dal ripetuto passaggio di due persone in motocross. A Campi mi fermo poco e riprendo il bosco verso Norcia, sono solo altri 10 km dopo i 20 fatti, che sarà? In realtà gli ultimi 5 sono durissimi, arrivo sull’asfalto e vedo Norcia che però non arriva mai.

Riesco a raggiungere l’ostello quasi alle 21, la proprietaria non aveva capito nulla (che ero sola, che rimanevo una notte e non due, che dormivo nel sacco a pelo) ma alla fine ci capiamo e mi accompagna al ristorante, tutta sudicia, ma l’idea di risparmiarmi ulteriori 800mt non guasta! Mangio una zuppa di lenticchie veramente speciale, pinsa e frittata di tartufo (meno buona della minestra). Finalmente raggiungo l’ostello, la doccia, il letto. E srotolo il sacco a pelo, per la prima volta volta utile e per la prima volta dando un parziale senso al peso portato. Mi ricordo, nel frattempo, della prima volta a Norcia: prima del terremoto, per lavoro, due giorni di fila con colleghi laziali nel weekend del derby, partita che con mio immenso disagio ci siamo dovuti sentire insieme in macchina. La Roma vinse.

Norcia

La seconda volta a Norcia, sempre per lavoro, fu sotto Natale e dopo il terremoto. La chiesa di San Benedetto, patrono d’Europa, crollata, quasi a monito. Il bar fuori le mura che era nostro ufficio. Ora è ancora diversa. La mattina dopo, dopo abbondante colazione, arrivo a Porta Ascolana, attraverso la via che ospita i container delle furono botteghe del centro. Compro il pranzo e mi incammino verso la salita, che mi porta forse lungo la tappa più bella. Da Norcia ci si inerpica per 1000 mt tra sentiero, bosco, roccia, tra monte Calarelle e monte Castello ci si infila su una sella da cui, immensa, si apre la piana di Castelluccio in fiore. Dopo la discesa la si percorre tutta e dopo la solitudine ecco gli umani sempre di più, e io sola da ore, sudicia, con quest’appendice-zaino gigante, come un’aliena tra loro. Volevo sostare una mezz’ora ma non ce la faccio tanto è il caos! Anche qui però affiorano i ricordi, penso al ristorante dove mangiammo con due amiche anni fa, che ora è macerie, mentre l’agriturismo dove passammo la notte sembrerebbe intatto. Quella volta affrontammo l’escursione a Palazzo Borghese, un trekking semplice e molto panoramico.

Arquata

Cammino alla volta di Arquata dopo un gelato e scopro che bar e attività commerciali molto più a misura di misantropa si trovano un po’ più avanti, ma pazienza, sarà per la prossima volta…mi avvio fino a Forca di Presta (anch’essa molto affollata di escursionisti della tarda ora) che conduce ai sentieri per il Vettore. Qui pare abitasse proprio la Sibilla. Io però viro verso Pretare, su un sentiero bellissimo nel bosco, a tratti un po’ impervio. Del paesino, la cui demolizione è stata iniziata quasi subito, non rimane quasi traccia. Scendo ancora verso Arquata, ma mi raccoglie, dopo appena 32 km di passeggiata, Stefano, ottimo gestore del rifugio Mezzi Litri, dove dormo. Finalmente pianto la tenda! E fa già freschetto, la voglia di fare la doccia non è molta…la rimando a dopo cena, sono già le otto e mezza. Mi siedo sola e mi ritrovo in compagnia di alcuni anconetani che stanno facendo il Grande anello dei Sibillini in bicicletta. Le portate non si sprecano, per un prezzo modico, arrivano antipasti (frittata, affettati, formaggi, insalata di orzo e verdure), fettuccine (per me con pomodorini, circa tre etti, agli altri col ragù), lenticchie (con salsiccia per onnivori), ciambellone e crostata. Chi voleva vino veniva rifornito ad libitum. Due chiacchiere postdoccia davanti al fuoco con un signore di Montegallo, che di nuovo racconta le storie della burocrazia che azzoppa la ricostruzione.

Dormo imbozzolata nel sacco a pelo ma felice.

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