Iraq: il premier si dimette, le proteste continuano
Scritto da Barbara Schiavulli in data Novembre 30, 2019
L’annuncio delle dimissioni del premier è arrivato 36 ore dopo che, durante una manifestazione, le forze di sicurezza hanno massacrato 50 persone su un ponte di Nassiriya. Sono 408 le persone uccise dal primo ottobre, quando sono esplose le proteste. 15mila i feriti.
Eppure in Italia se ne parla poco: per Hong Kong – in otto mesi di manifestazioni e con il bilancio di una vittima – l’esposizione mediatica è stata completamente diversa. Forse l’opinione pubblica è abituata ai massacri iracheni, che li compiano gli americani, l’Isis o Saddam Hussein. Forse i morti iracheni non fanno notizia.
Ma la Storia è fatta di massacri che non si conoscono. “Ti pianta l’odio nel cuore”, disse una volta un palestinese che aveva perso uno zio durante un bombardamento israeliano nella Striscia di Gaza. E questa storia andrebbe raccontata sul posto tra la gente.
di Barbara Schiavulli per Radio Bullets
Iraq
Dopo settimane di proteste in arrestabili e la crescente condanna al suo governo, il premier iracheno Adil Abdul Mahdi ha annunciato al parlamento le sue dimissioni dopo poco più di un anno dalla sua nomina.
Mahdi non ha fatto un passo indietro perché lo chiedeva la gente, anche se può essere considerato il loro primo grande successo, ma in realtà ha dovuto rispondere alla richiesta del Grand Ayatollah Ali al Sistani, la massima autorità religiosa sciita in Iraq e come lo chiamano gli iracheni, il Grande Vecchio. Al Sistani ha detto basta, nonostante dall’altra parte, dalla parte del governo, ci fosse l’Iran. Quell’Iran che nei giorni scorsi ha visto il suo consolato bruciare a Najaf e che poi ha accusato il governo di non essere stato in grado di proteggere la sua sede diplomatica, sebbene siano stati uccisi una trentina di manifestanti che tentavano l’assalto all’edificio.
Per Mahdi è stato l’inizio della fine, con la perdita di fiducia da parte degli iraniani e le critiche di Al Sistani, il premier ha dovuto riconoscere che non aveva via d’uscita.
Le proteste continueranno?
Che cosa accadrà ora è abbastanza difficile da prevedere. I manifestanti vogliono un’intera riforma del sistema politico, vogliono che la classe al governo da quando sono arrivati gli americani, sia meno legata agli interessi esterni. La gente resterà in piazza? Se vogliono più di un nuovo primo ministro, probabilmente sì.
Le proteste in Iraq sono state quasi sempre pacifiche e sostenute da alcuni gruppi potenti, d’altro canto il governo ha alcune fazioni armati interessate a sopravvivere, e questo include alcune milizie sciite che sono molto desiderose di zittire il dissenso con la violenza.
A Bassora, militanti di una milizia hanno fatto irruzione nella casa di una coppia considerata coinvolta nelle proteste e li hanno uccisi. Era un messaggio: chiunque si lascia coinvolgere, sarà il prossimo.
Giornalisti nel mirino
E mentre i manifestanti sono l’obiettivo principale delle milizie o delle forze dell’ordine, sulla linea del fuoco ci sono anche i giornalisti. Questa settimana un certo numero di tv e stazioni radio viste come vicino ai manifestanti, sono state chiuse e altre minacciate. Ma anche per i giornalisti che coprono le proteste per strada, lavorare non è facile con le forze di sicurezze e le milizie che li minacciano per essere da quella che loro considerano la parte sbagliata.
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