La linea del colore

Scritto da in data Maggio 22, 2020

Donne e Arte. La pittura come mezzo per raccontare l’identità, la propria, quella di un popolo. La lotta al maschilismo. La direzione opposta a quella degli schiavi: la libertà. Valentina Barile mette in parallelo la vita di due donne: due pittrici di due continenti, l’Africa e il Sudamerica: Lafanu Brown, il personaggio di un romanzo, e Violeta Quispe de Sarhua, la giovane donna peruviana.

Chi è Lafanu Brown?

Igiaba Scego è una scrittice italosomala. Oltre ai suoi romanzi, scrive su Internazionale e Il manifesto.

Nel suo ultimo libro “La linea del colore”, edito da Bompiani, Igiaba racconta vite di donne che dall’Africa hanno migrato verso terre di speranza, incontrando quasi spesso sofferenza, emarginazione, dolore. Violazione della dignità.

Nella narrazione, la linea del colore dipinge destini femminili ponendo le immagini degli uomini su uno sfondo di fine secolo – l’Ottocento – sfuocandole e a volte, facendone assaporare la ferocia.

«Ma ora c’era Lafanu, con i suoi occhi intensi, il suo vestito fiorato, i suoi ritratti, i suoi paesaggi, le sue gerbere in fiore. Una donna nera che aveva deciso con la sua forza di volontà di essere non solo libera, ma un’artista libera in un tempo in cui le donne in generale non erano libere. Tuttavia era proprio nel Diciannovesimo secolo che le donne avevano cominciato a scalpitare, alcune in nome di tutte. Molte avevano fatto della loro vita un monumento. Avevano aperto la strada, vissuto un’esperienza che poteva servire alle altre».

Il personaggio di Lafanu Brown arriva da una commistione di due donne realmente vissute: Edmonia Lewis – scultrice statunitense, prima donna afroamericana a raggiungere fama e riconoscimento internazionale nel mondo delle arti scultoree, che affermò la sua carriera a Roma – e Sarah Parker Remond – ostetrica, conferenziera, abolizionista e membro della Società antischiavista statunitense.

Lafanu è i colori che indossa, la pittura che fa da motore esistenziale per lei e la sua gente, è lo spirito dell’affermazione umana che attraversa i continenti quando il viaggio diventa finalmente possibile senza tradursi in schiavitù. E’ quindi, rottura con il viaggio migratorio attuale dall’Africa all’Europa. Lafanu è anche dolore, che nel romanzo non è il suo unico flagello, ma quello di altre donne che sono state violate del proprio pudore durante la strada della speranza, come Binti, mentre attraversa il deserto per andare in Italia, mai raggiunta.

Una linea dall’Africa al Sudamerica

Violeta Quispe de Sarhua traccia linee di colore ad Ayacucho, una città nelle Ande peruviane meridionali. La giovane donna sceglie la pittura come mezzo per raccontare l’identità del suo popolo, degli eventi che avvolgono l’umanità del pianeta e della lotta al maschilismo, di cui il mondo andino ne è ancora, purtroppo, investito.

Violeta dipinge su las tablas de Sarhua, tavolette di talco costruite e modellate nella sua casa laboratorio. La sua compagna di viaggio è Gaudencia Yupari de Sarhua, sua madre, dalla quale Violeta ha imparato, avendo come ispiratore suo padre Juan Walberto Quispe, uno dei primi fondatori dell’associazione artistica di pittura a Lima.

«Prima di dipingere ho fatto anche altri lavori, ma non riuscivo a sentirmi libera; da quando ho deciso di raccontare e trasferire i miei sogni e la mia lotta nella pittura, sento di poter contribuire a un cambiamento. Io ho trent’anni, e nella mia comunità c’è ancora tanto da fare come donna per raggiungere gli stessi diritti degli uomini. Voglio raccontarti una storia… » – a questo punto, Violeta si avvicina al motore esistenziale che la muove.

La putafina

La putafina – Violeta Quispe de Sarhua

Le sue tavole dipingono il dolore che continua a ferire la libertà di una donna nel mondo: la rappresentazione del corpo femminile con la mammella scoperta per contrastare il pensiero bigotto, il sangue che riga le gambe, visibile da una gonna tirata su, come simbolo di fertilità. Fino alla storia della putafina.

«La putafina è la donna della puna – steppa delle Ande, semidesertica – che vive in eterna solitudine, porta al pascolo i lama e le vigogne, e, ogni tanto, si lascia incantare da un uomo che la inganna fino a farle male, dalle azioni più deludenti al male fisico. La comunità – soprattutto le donne – la giudica per la sua bellezza e la concessione agli uomini, quando spesso sono questi ultimi ad approfittarsene. La putafina è rappresentata da una bambola che poi è diventata il simbolo del nostro Carnevale di Ayacucho, riconosciuto come patrimonio nazionale del Perù».

Warmi Quejakuy - denuncia de mujer, Violeta Quispe de Sarhua

Warmi Quejakuy – denuncia de mujer, Violeta Quispe de Sarhua

La militanza pittorica di Violeta, a metà strada tra gli acrilici e i colori naturali della terra, riportano alla rivoluzione di colori nel Messico di settanta anni fa; gli autoritratti e la presenza di elementi naturali su corpetti, cappelli, tessuti, l’affermazione della femminilità nella pittura di Frida Kahlo. Così, Violeta Quispe de Sarhua, si autodipinge per attestare la sua presenza nel movimento Un violador en tu camino, partito dal collettivo femminista cileno Lastesis e diffusosi in tutto il mondo.

Qammi Kanki huchayuq - El culpable eres tú

Qammi Kanki huchayuq – El culpable eres tú, Violeta Quispe de Sarhua

Le linee del colore partono da un punto e raggiungono le geografie della Terra, ci sono molti luoghi ancora da tracciare, sfumature da riempire, colori da cancellare, dimensioni e spazi da colorare.

Le linee, però, uniscono più punti di un piano. Non si può stabilire quanti ve ne siano perché la Terra non è un piano, ma un solido, e i punti da unire vanno oltre gli emisferi e le latitudini.

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