Ucraina: il fronte della lingua

Scritto da in data Febbraio 16, 2022

KHARKIV − Un gruppo di giornalisti corre lungo il viale verso la piazzetta Sergyivska a Kharkiv, in Ucraina. Si uniscono a un gruppetto di persone, militari, dirigenti, attivisti e semplici cittadini. L’aria è solenne e ci si prepara a sollevare la bandiera ucraina sul pennone a centro metri d’altezza. Ed eccola, vola in alto, accompagnata dall’inno nazionale cantato da un coro nei costumi nazionali. È la Giornata dell’Unità, istituita qualche giorno fa dal presidente Zelensky, dopo che la data del 16 febbraio è balzata sulle pagine dei media occidentali come quella in cui la Russia avrebbe potuto invadere il paese. 

Una normale città di confine

Dopo qualche minuto l’evento finisce e si torna alla normalità. Nella città a soli 40 km dal confine, non c’è panico: i supermercati abbondano di cibo, i negozi sono aperti, così come i bar dove la gente si riunisce la sera. Non lontano il Monastero Svyato-Pokrovsʹkyy (della Santa Intercessione) spunta con le sue cupole dorate, subito dietro a due cari armati che presidiano una delle piazze centrali. Il silenzioso cortile del monastero è tranquillo, si sente a malapena il rumore della strada. 

Lyudmila, sulla sessantina, fa il segno della croce. «Vengo qui a calmarmi», dice mentre freneticamente fruga nella borsa. «Sì, ho paura, ma cosa si può fare? Ci siamo già abituati», continua affrettandosi verso l’uscita. 

È l’abitudine che porta la maggior parte degli abitanti di Kharkiv a mantenere la calma. Mentre tutto il mondo aspetta le prossime mosse della Russia, per molti ucraini si tratta solo di un altro capitolo di una lunga guerra che dura dal 2014. 

L’abitudine a essere cauti

Non a caso nessuno ha avuto fretta di credere alle ultime dichiarazioni dei russi con cui annunciavano il parziale ritiro delle truppe dal confine. Anche il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, è stato cauto. «Noi in Ucraina abbiamo una regola: non crediamo a ciò che sentiamo, crediamo a ciò che vediamo. Se a queste affermazioni seguirà un vero e proprio ritiro, crederemo all’inizio di una vera e propria de-escalation», ha twittato. 

Iryna Holubieva, 40 anni, è la direttrice nazionale degli scout dell’Ucraina. Nata in Crimea ha passato tutta la vita a Kharkiv e si considera una del posto. Sulla potenziale invasione russa ha le idee chiare: «Sì, questo è possibile, il nostro vicino è imprevedibile». Nel frattempo è certa che per la Russia invadere l’Ucraina sarebbe un grande errore strategico, proprio perché i russi riceverebbero una risposta adeguata. A confermarlo è anche l’ultimo sondaggio dell’Istituto Internazionale di Sociologia di Kyiv. Il 37,3% degli adulti sono pronti a prendere le armi e il 25% resisterebbe con la disobbedienza pubblica.  

Kharkiv è una città piena di contraddizioni. Ci sono quelli che simpatizzando con la Russia rimanendo fedeli alla lingua, e quelli che vogliono semplicemente vivere la propria vita senza pensarci troppo. E poi ci sono quelli che resistono con entusiasmo a ciò che è russo, soprattutto dal 2014, l’anno in cui è iniziata la guerra nel Donbass. 

Il fronte della lingua

In quell’anno Iryna decise di passare, assieme al marito, completamente alla lingua ucraina. Voleva che il figlio, nato nella primavera di quell’anno, crescesse in un ambiente di lingua ucraina e che quella diventasse la sua lingua madre. «Il fronte linguistico non è meno importante di altri fronti, in questa guerra ibrida». 

Una scelta fatta da tanti ucraini di madrelingua russa a dispetto della teoria, soprattutto occidentale, che gli ucraini di lingua russa siano filorussi. La lingua russa è uno degli strumenti chiave nella guerra dell’informazione tra Russia e Ucraina, e il Cremlino gioca questa carta molto abilmente nella sua propaganda. «La Russia finisce dove finisce la lingua russa», è una frase famosa detta da Putin che per tanti ucraini si è trasformata in una minaccia tangibile, sfociata poi nella guerra nel 2014. E per questo alcuni scelgono di passare da una lingua all’altra – chi nell’uso quotidiano, chi nel settore pubblico − per avere un’arma efficiente con la quale opporsi alla propaganda di Mosca.

Foto in evidenza: soldati durante la cerimonia dell’alzata della bandiera nazionale, Kharkiv, 16 febbraio 2022 / @RadioBullets

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