Africa: pandemia, inondazioni e chiese inclusive
Scritto da Alice Corte in data Luglio 27, 2020
In Africa il picco della pandemia potrebbe arrivare tra poche settimane. Il Sudafrica resta il paese più colpito. Inondazioni, locuste e conflitto: la difficile situazione somala. In Ruanda una chiesa accoglie la comunità LGBTQ+.
Africa
L’Organizzazione Mondiale della Sanità avrebbe rilevato un’accelerazione nella diffusione del virus Covid-19 in Africa, soprattutto in Sudafrica, dove le persone contagiate costituirebbero per il 61% di quelle in tutto il continente. La preoccupazione maggiore, secondo quanto riportato da Mike Ryan, capo delle emergenze dell’OMS, è che l’infezione possa diffondersi in paesi in cui le condizioni di vita sono già compromesse da fragilità economico-sociali e conflitti. La situazione, per ora molto migliore rispetto a quella degli altri continenti, starebbe cambiando specialmente a causa della diffusione del virus in Sudafrica, dove ci sono state circa quattrocentomila persone contagiate e seimila morti attribuibili al Covid, con un aumento del contagio del 30% nella scorsa settimana. La media, secondo quanto riportato da Amref Health Africa, è di diecimila nuovi casi al giorno nel paese sudafricano. La progressione è, però, molto preoccupante anche in Kenya, Madagascar, Zambia e Namibia. Al momento, in tutto il continente sono stati accertati più di ottocentoventottomila casi che hanno portato alla morte di sedicimila persone, tra cui l’ex presidente della Repubblica del Congo, Jacques Joachim Yhombi-Opango, e l’ex primo ministro somalo, Nur Hassan Hussein. Su Al Jazeera è disponibile una mappa, continuamente aggiornata, dell’andamento pandemico nel continente.
In Sudafrica, quinto paese più colpito al mondo, sono state chiuse nuovamente le scuole, dopo una breve riapertura a giugno tra le proteste di lavoratori e lavoratrici che temevano una nuova diffusione del virus. Oltre alle vittime direttamente collegate alla pandemia, sono aumentate anche quelle per altre malattie, giacché le risorse sanitarie sono state indirizzate al contenimento del Coronavirus, comportando notevoli danni nei confronti di chi era affetto, ad esempio, da HIV e tubercolosi. Altre persone con patologie stanno invece evitando gli ospedali per paura di contrarre il Covid-19. Preoccupante, infine, anche la diffusione del contagio tra operatori e operatrici sanitari, di cui l’OMS non ha dati certi, ma che arriverebbe a circa diecimila persone nell’Africa sub-sahariana.
Altre nazioni del continente, secondo quanto riportato da Deutsche Welle, starebbero invece facendo notevoli e utili sforzi nel contenimento della pandemia. In particolare le politiche di contenimento in Uganda e una piattaforma digitale ruandese per tracciare il contagio. Altri paesi “virtuosi” sarebbero al momento Camerun, Angola, Mauritius e Mozambico.
Somalia
Save the Children ha lanciato l’allarme: centocinquantamila bambini e bambine, con le loro famiglie, sono in fuga dalle zone meridionali della Somalia, a causa della terza inondazione in nove mesi. Dal mese scorso sono 40 i villaggi che hanno subito inondazioni, in una situazione anomala per la stagione secca e che ha portato diverse persone a dover abbandonare le proprie case e terreni. Le alluvioni hanno provocato anche la rovina di molte colture, già compromesse dalle invasioni di locuste, e ora il rischio è che si diffonda la malnutrizione. Altro problema è quello del possibile incremento di infezioni da malaria per un aumento di zanzare.
La Somalia, paese all’estremità orientale dell’Africa e con la linea di costa più lunga del continente, tra Golfo di Aden e Oceano Indiano, è repubblica federale dal 2012. Dal 1986 vive in uno stato di guerra civile permanente, che, dopo diverse evoluzioni, vede al momento la presenza di milizie islamiste del movimento Al-Shabaab, la cellula somala di Al-Qaeda, contrapporsi alle forze governative. Dalle ore 10 del 27 luglio è inoltre iniziato un blocco dei servizi internet in molte città del sud e del centro del paese, dovuto probabilmente alle tensioni politiche iniziate sabato con il voto di sfiducia al Primo Ministro, Hassan Ali Kheyre.
Ruanda
Una chiesa ruandese accoglie fedeli della comunità LGBTQ+ cercando di farli sentire a casa, secondo quanto riportato da Deutsche Welle. La chiesa, che prende il nome di “Chiesa di Dio in Africa”, si trova nella capitale del Ruanda, Kigali, e rappresenta un ulteriore passo verso l’inclusione della comunità LGBTQ+ in una società conservatrice che si sta gradualmente aprendo all’accettazione e al rispetto delle differenze di genere e orientamento. La comunità religiosa si ripropone anche di dare conforto a chi sia stato o stata rigettata dalla propria famiglia e da altri gruppi religiosi o sociali. La nascita di gruppi che accettino persone di orientamenti sessuali o identità di genere diverse da quella eterosessuale e cis, è senz’altro una buona notizia, arrivando da un continente in cui in molti paesi l’omosessualità è ancora punita. Nello stesso Ruanda, nonostante nel regno del Ruanda (XV secolo – 1890) l’omosessualità maschile fosse comune tra i giovani, è stata discussa circa 10 anni fa una legge per renderla reato, con una punizione fino a dieci anni di carcere, ricalcando un disegno di legge ugandese. La legge non è passata, anche grazie all’allora Ministro della Giustizia, Tharcisse Karugarama, il quale affermò che gli atti sessuali sono una questione privata e non un affare statale. Il matrimonio è comunque riconosciuto solo come unione tra uomo e donna.
In 32 paesi africani l’omosessualità – in alcuni casi solo maschile – è criminalizzata e prevede pene che vanno dall’ammenda alla morte (Mauritania, Sudan, Nigeria e Somalia). Tristemente diffusa, soprattutto in Sudafrica, ma sono stati riportati recenti casi anche in Kenya e Tanzania, è anche la pratica degli stupri collettivi contro le donne lesbiche, mirati a “correggerne” la condotta.
In copertina foto di Retha Ferguson da Pexels
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