Come nascono le criptovalute

Scritto da in data Marzo 21, 2023

La suggestiva storia del Bitcoin.

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Cosa sono le criptovalute

Fino a una quindicina di anni fa nessuno conosceva parole come “criptovalute”, “bitcoin”, “blockchain”. Ancora oggi, nonostante questi termini li sentiamo ripetere spesso nei mass media, molti di noi hanno idee vaghe o distorte su cosa significhino. Per comprendere di cosa stiamo parlando dobbiamo partire da alcuni concetti base, perché quando si parla di criptovalute si mescolano questioni di carattere economico-finanziario con questioni di carattere tecnologico, e se non si comprende bene l’intreccio tra questi due piani si rischia di non capire come funziona il meccanismo.
Cominciamo dalle definizioni. Bitcoin è il nome della prima criptovaluta, creata una quindicina di anni fa e ancora la più diffusa anche se, ormai, di criptovalute ce ne sono a migliaia.
Il termine cripto deriva dal greco κρυπτóς e significa “nascosto, coperto”, e infatti la parola crittografia deriva dall’unione di due parole greche: κρυπτóς (nascosto) e γραφία (scrittura). La crittografia, come sappiamo, è una tecnica per convertire dei dati da un formato leggibile a un formato codificato comprensibile soltanto da chi conosce il codice, cioè da chi conosce la chiave di lettura.
Sistemi di crittografia esistono sin dall’antichità e si potrebbero fare numerosi esempi. Ricordiamone uno, semplice e geniale allo stesso tempo, inventato da Giulio Cesare per comunicare con i suoi generali evitando che qualcuno potesse intercettare e capire i suoi messaggi. A ogni comandante Cesare assegnava un numero. Quel numero, che ovviamente doveva restare segreto, era il numero di lettere che ognuno doveva aggiungere a quelle contenute nel messaggio per decifrare il messaggio stesso. Facciamo un esempio pratico per capirci meglio. Se nel messaggio Cesare scriveva la lettera A, il generale a cui era stato assegnato il numero quattro doveva risalire nell’alfabeto di quattro posizioni, e quindi ABCD, quella A doveva essere tradotta con D e via di seguito per ogni altra lettera del messaggio. Ovviamente, se un generale aveva assegnato il numero sette la A la leggeva come ABCDEFG, quindi G. Un meccanismo geniale perché i messaggi scritti erano una serie di lettere senza senso e solo chi conosceva la chiave, cioè il numero che gli era stato assegnato, era in grado di decifrarlo.
Perché è importante la crittografia nelle criptovalute? Perché queste ultime sono sistemi di pagamento digitali che si utilizzano sulla rete internet e, quindi, ci sono fondamentali problemi di sicurezza che vanno risolti prima di poter creare un sistema di pagamento digitale che non sia attaccabile da malintenzionati di qualunque genere.

Crittografia simmetrica e asimmetrica

Per rendere il meccanismo a prova di hacker è necessario passare dalla cosiddetta crittografia simmetrica alla crittografia asimmetrica. Per farla semplice, il sistema che citavamo prima per Giulio Cesare è un sistema di crittografia simmetrica: sia chi scrive il messaggio che chi lo legge usano lo stesso codice. Nella crittografia asimmetrica, invece, il meccanismo è molto più complesso. C’è una chiave pubblica, un codice, conosciuto da tutti quelli che vogliono inviare un messaggio, ma poi chi riceve il messaggio è l’unico che può decifrare quel messaggio utilizzando una propria chiave privata.
In realtà, nelle università americane e nella Silicon Valley in California, dove nasce l’industria informatica, era dagli anni Settanta che si studiavano e si inventavano algoritmi per la crittografia a chiave pubblica, ovverosia la crittografia asimmetrica.
Così come, in ambito di ricerca, si era immaginata la possibilità di creare una moneta digitale, quindi smaterializzata, esistente soltanto su internet. C’erano studi, speculazioni, progetti e anche implementazioni pratiche, algoritmi, che erano stati creati ma ancora in fase sperimentale. Nel 1994 una società informatica americana dimostra però, per la prima volta, che è possibile effettuare un pagamento usando una moneta elettronica tra due computer in assoluta sicurezza. Subito le grandi banche cominciano a investire su queste tecnologie. Ma il sistema è centralizzato e dipendente dalle istituzioni − una banca, un’autorità, un ente finanziario − che monitorano queste operazioni. Manca quella che sarà una delle caratteristiche fondamentali del bitcoin: la decentralizzazione. In pratica un sistema, un meccanismo che garantisca la parità totale tra tutti coloro che vi prendono parte, eliminando qualunque intermediario o qualunque autorità centrale.
Sempre all’inizio degli anni Novanta compare per la prima volta l’idea della cosiddetta blockchain, in pratica un sistema di archiviazione digitale di dati, di qualunque genere, quindi anche di tipo finanziario, che siano certificati e aggiunti in ordine cronologico, che possa essere condiviso da una rete di utenti ma che sia, allo stesso tempo, immodificabile in quanto protetto da un meccanismo crittografico. Blockchain in inglese significa letteralmente “catena di blocchi”, quindi una catena di blocchi di informazioni, di dati digitali.
Questo meccanismo, questa tecnologia, la blockchain appunto, è quella che consente di passare dalla crittografia simmetrica a quella asimmetrica e pone così le basi per consentire la creazione delle criptovalute.

Nascita del Bitcoin

Il 31 ottobre del 2008 su un forum americano di appassionati di crittografia appare un messaggio il cui titolo è composto da tre parole: Bitcoin, P2P, (l’acronimo di peer to peer) ed e-cash paper. Nel messaggio si dice: «Ho creato un nuovo sistema di pagamenti elettronici, interamente peer-to-peer, senza nessuna terza parte fiduciaria». Allegato al messaggio c’è un documento di una decina di pagine dove viene sinteticamente spiegato questo nuovo progetto, chiamato appunto Bitcoin. L’autore del messaggio è un certo Satoshi Nakamoto. Trattandosi di un forum per smanettoni informatici, quel messaggio non ebbe grande eco ma cominciò a girare tra nerd appassionati di tematiche molto specialistiche. Satoshi cominciò quindi a scambiare messaggi con alcuni frequentatori di quel forum coinvolgendoli nel suo progetto. Qualche mese dopo, il 3 gennaio del 2009, Satoshi manda un altro messaggio nel quale sostiene di aver creato, attraverso la blockchain, il primo blocco di Bitcoin, detto anche, con una certa pomposità: “Blocco Genesi”. Quel messaggio attira altri appassionati, tra questi un ragazzo americano che si chiama Hal Finney, un programmatore di videogame che vive in California, il quale a sua volta stava lavorando a un progetto simile a quello di Satoshi. I due si contattano, si capiscono, cominciano a collaborare e tra loro due avverrà la prima transazione in Bitcoin della storia. Si tratta di un semplice test, effettuato il 12 gennaio del 2009, quando dieci bitcoin che all’epoca non valevano nulla, vengono scambiati tra i computer di Satoshi e Finney. Ma cerchiamo di capire le caratteristiche di questo nuovo progetto del Bitcoin.

Caratteristiche principali del Bitcoin

La prima caratteristica fondamentale è che si crea, per la prima volta, una valuta digitale, cioè completamente smaterializzata, che esiste soltanto su internet: non ci sono quindi le monete o le banconote di bitcoin.
La seconda caratteristica importante è l’anonimato. Grazie alla tecnologia blockchain il protocollo rende tracciabile e trasparente la storia finanziaria di ogni singolo indirizzo. Pertanto ogni transazione resta visibile e registrata in eterno. Quel che non è visibile è l’intestatario dell’indirizzo in questione, a meno che non decida lui, liberamente, di associarlo al suo nome o a un suo pseudonimo. Ma questa resta una scelta individuale. La rete certifica crittograficamente le identità attraverso pseudonimi senza bisogno di rivelare il nome anagrafico o altri dati personali.
Altra caratteristica è che non ci sono garanti terzi: banche, istituzioni, governi. È un sistema decentralizzato. Questo punto è molto importante. Le valute tradizionali vengono emesse e gestite da uno Stato attraverso la sua Banca Centrale. Chi può emettere moneta è soltanto la Banca Centrale e qualsiasi violazione a questa regola è un reato perseguibile. Se domani mattina a qualcuno venisse in mente di stamparsi da solo le banconote dell’Euro di cui ha bisogno, ammesso che ne abbia gli strumenti e la capacità tecnica, verrebbe immediatamente arrestato e messo al gabbio. La Banca Centrale, e quindi lo Stato, si fa garante del fatto che quei foglietti di carta colorata che chiamiamo banconote e quelle rondelline metalliche che chiamiamo monete abbiano un valore definito e vengano accettate da tutti. È un’autorità, lo Stato, che stabilisce che un fogliettino colorato con stampato sopra il valore di cinquanta euro, valga cinquanta euro e tutti sono obbligati ad accettare questa convenzione.
Nel progetto del Bitcoin, al posto della terza parte fiduciaria c’è la blockchain, una tecnologia, qualcosa di neutro a differenza di banche e governi, che consente di tutelare sia il mittente che il destinatario dello scambio, che controlla l’ordine cronologico e l’esistenza di ogni transazione, evitando il cosiddetto double-spending, cioè la possibilità di utilizzare lo stesso denaro digitale due volte, quindi evitando le truffe.
È la rete degli utenti che fa da garante, oltre al fatto che tutte le informazioni sono pubbliche. Se qualcuno cerca di fare il furbo viene beccato subito, perde la fiducia della rete e verrebbe messo fuori gioco senza bisogno di coercizione. Non c’è bisogno della polizia per scoprire i mascalzoni e punirli, è la comunità degli utenti che li emargina non consentendogli di fare operazioni.

Come si producono i Bitcoin?

Ma come vengono prodotti i bitcoin? Qui entra in scena la tecnologia della blockchain.
Il bitcoin è una moneta completamente smaterializzata, e chi ha dei bitcoin non possiede qualcosa che esiste materialmente, ha di fatto un insieme di informazioni. Ma dove si trovano queste informazioni? Nella tecnologia blockchain, in questo grande registro pubblico decentralizzato che può essere consultato da tutti, al cui interno sono registrate tutte le informazioni riguardanti proprietà e transazioni di tutti i bitcoin esistenti al mondo.
In pratica, se qualcuno vuole inviare dei bitcoin a qualcun altro, innanzitutto si interroga il registro per verificare che ne abbia effettivamente la proprietà e sia autorizzato a usarli. Se il registro certifica che io sono proprietario di quel bitcoin e gli altri utenti della rete, i cosiddetti miner (minatori in inglese), confermano questo dato, a quel punto può avvenire la transazione e la proprietà di quel bitcoin può passare a un altro utente.
I miner sono di fatto coloro che creano i bitcoin. Nel mondo delle monete tradizionali è la Banca Centrale che stampa la moneta, nel mondo delle criptovalute è la rete degli utenti della blockchain che crea i bitcoin. Tutto il processo di registrazione e verifica delle transazioni avviene utilizzando sistemi crittografati molto complicati che richiedono una grande potenza di calcolo. Quindi, gli utenti che vogliono creare bitcoin mettono a disposizione della rete i loro computer per distribuire questo lavoro e quelli che risultano più efficienti, quelli che hanno messo a disposizione più potenza computazionale, contribuendo maggiormente al sistema con il lavoro di verifica e registrazione, vengono premiati e ricevono in cambio dei bitcoin. Il registro è decentralizzato, non c’è un super computer centrale, magari nascosto in un sotterraneo, ma è distribuito su più computer ognuno dei quali ha una copia dell’intero registro e compete con gli altri per validare le transazioni. Il sistema poi è stato programmato per dimezzare ogni quattro anni la ricompensa da pagare ai miner. Per i primi quattro anni di vita del bitcoin venivano creati cinquanta bitcoin ogni dieci minuti, oggi siamo scesi a 6,25, dal 2024 questo valore si dimezzerà e così andrà avanti fino al 2140, quando, secondo il progetto di Satoshi si saranno creati circa ventuno milioni di bitcoin. Da quel momento in poi non ne verranno creati di nuovi. Porre un limite massimo alla produzione di bitcoin fa sì che questa criptovaluta sia una moneta disinflattiva, a differenza delle monete tradizionali che vengono continuamente stampate e il cui valore, quindi, col tempo si riduce.

Nasce il mercato delle criptovalute

Un’altra data importante nella storia del Bitcoin è il 18 maggio del 2010. Siamo sempre in California e un programmatore informatico di 28 anni, Laszlo Hanyecz che, incuriosito da questa storia dei bitcoin ha cominciato a produrli con il meccanismo del mining accumulando circa 70.000 bitcoin, e decide di provare a usarli per comprare qualcosa. D’altronde non avrebbe senso perdere tempo e risorse per produrre bitcoin se poi non li puoi usare e quindi vuole verificare se sia possibile utilizzare una valuta virtuale per acquistare dei beni reali. Decide quindi di mandare un messaggio al forum − che si chiama Bitcointalk − proponendo di pagare diecimila bitcoin a chi gli consegnerà a casa due pizze. Specifica gli ingredienti preferiti e attende. Per tre giorni non accade nulla, ma il 22 maggio qualcuno bussa alla sua porta e un fattorino gli consegna due belle pizze fumanti che, per l’equivalente di 41 dollari, gli sono state acquistate da un ingegnere californiano, tal Jeremy Sturdivant in cambio dei diecimila bitcoin promessi.
Entrambi i protagonisti di quel primo utilizzo dei bitcoin non erano all’epoca consapevoli della portata di quello che loro pensavano fosse ancora un gioco o una curiosità per genietti dell’informatica. Molti li presero in giro, ma quei diecimila bitcoin dati in cambio di due pizze costate 41 dollari oggi varrebbero, al valore odierno dei bitcoin, la bellezza di 270 milioni di dollari!
Da quel momento in poi sempre più persone si sono avvicinate a quel mondo e hanno cominciato a scambiare bitcoin in cambio di beni reali. Il bitcoin stava diventando un protocollo che consentiva di trasferire valore tra due contraenti in ogni parte del pianeta, praticamente in tempo reale, senza bisogno di passare per intermediari finanziari o pagare commissioni bancarie. Il bitcoin era una moneta virtuale che chiunque poteva creare seguendo procedure e protocolli definiti, su internet, e poteva poi utilizzarla per acquistare beni e servizi. Erano nate le valute digitali. Il progetto di Satoshi Nakamoto era diventato realtà. Di fatto era una rivoluzione ma, un paio di anni dopo, il 12 dicembre 2012, Satoshi Nakamoto invia il suo ultimo messaggio sul forum Bitcointalk e poi scompare.

Chi era Satoshi Nakamoto?

Ma chi era costui? In realtà nessuno lo sa. Di lui si sono perse le tracce, nessuno lo conosce, non ci sono sue immagini e anche i suoi collaboratori iniziali, quelli che assieme a lui hanno trasformato il progetto del Bitcoin in una realtà, o sono morti prematuramente o non hanno mai rivelato nulla. Infinite sono le congetture, le ipotesi, i sospetti sulla reale identità di Satoshi. Era un docente universitario? Un brillante matematico? Un informatico? Un hacker? Un finanziare o tutte queste cose assieme? Nessuno lo sa e forse non lo saprà mai. Secondo alcuni, Satoshi Nakamoto è soltanto uno pseudonimo dietro cui si nasconde un team di persone che vogliono restare anonime. Una cosa certa è che il suo nome, in realtà, è uno pseudonimo di ispirazione giapponese. In quella lingua, Satoshi significa “intelligenza”, “saggezza”, mentre Naka “relazione”, “interno” e Moto “creazione”, “origine”.
Il bitcoin negli ultimi quindici anni ha avuto andamenti altalenanti ma, di fatto, ha creato un nuovo mercato, quello delle criptovalute, sul quale ci sono opinioni molto contrastanti. Ne parleremo prossimamente.

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