Enrico Franceschini, ultimo viaggio in Urss

Scritto da in data Dicembre 17, 2021

I giornalisti hanno il privilegio di assistere a eventi straordinari che cambiano il corso della storia del mondo. Valentina Barile su Radio Bullets con Enrico Franceschini, giornalista e scrittore, e il suo libro “La fine dell’Impero” (Baldini+Castoldi).

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Viaggio al termine dell’Unione Sovietica

Attraverso i reportage scritti per Repubblica, Enrico Franceschini, arrivato a Mosca nell’estate del 1990, racconta il graduale collasso dell’Unione Sovietica fino al dicembre 1991. Oggi, trent’anni dopo, li raccoglie in un libro: «Il viaggio in Urss che compio nel mio libro “La fine dell’Impero” è durato circa un anno, il primo dei miei sette anni come corrispondente da Mosca per il quotidiano la Repubblica; in poco più di dodici mesi fui testimone della crisi della Perestrojka, come si chiamavano le riforme avviate da Mikhail Gorbaciov per democratizzare il comunismo e introdurre la libertà di pensiero, poi del golpe per rovesciare Gorbaciov da parte dei nostalgici del totalitarismo, infine del crollo dell’Unione Sovietica al cui posto sono nati quindici paesi indipendenti a cominciare dalla Russia, il più grande e potente. Ho incontrato tutti i leader di quel periodo intervistandoli più volte, come Gorbaciov, il suo avversario e successore Boris Eltsin, fantasmi del passato ma in carne e ossa come l’ex braccio destro di Stalin e la nuora di Trotsky, che di Stalin fu una vittima. Ma anche molti russi comuni come quelli che la domenica, lavorando nell’orticello privato concesso loro dallo stato, raccoglievano abbastanza patate per sfamarsi tutto l’inverno o come i mafiosi che passavano le vacanze sul Mar Nero e che poi hanno approfittato della privatizzazione dell’economia sovietica, o come i lettoni che lottavano eroicamente per l’indipendenza contro i carri armati dell’Armata Rossa cantando “Va’ pensiero” dal Nabucco di Verdi».

Vivere la Storia

Enrico Franceschini

Cosa vuol dire vivere la Storia, assistere ai cambiamenti? Che effetto fa raccogliere e rileggere ciò che si è scritto su un luogo, un paese in un tempo futuro, quando l’assetto politico ha scenari diversi? Enrico Franceschini: «Le storie che racconto in “La fine dell’Impero” sono gli articoli che scrissi per la Repubblica in quell’anno straordinario tra la fine del 1990 e la fine del 1991. Ho aggiunto al libro un prologo e un epilogo scritti ora, ma ho pensato che trent’anni dopo la fine dell’Urss fosse utile lasciare una testimonianza diretta di quello a cui ho assistito come cronista di un momento storico decisivo. Ancora oggi si legge “Dieci giorni che sconvolsero il mondo”, un libro che raccoglie un reportage a puntate del giornalista americano John Reed per un quotidiano degli Stati Uniti scritto durante la rivoluzione d’ottobre del 1917, cioè la testimonianza su come cominciò quel grandioso e, per molti aspetti, mostruoso progetto che è stata la casa del comunismo mondiale. Senza volermi paragonare a Reed, credo che possa essere interessante raccontare dal vivo anche come quel progetto si è concluso, anzi come è crollato più rapidamente di quanto molti prevedessero; la prova che gli imperi sono a volte come dei castelli di carte e a provocarne il collasso sono i problemi interni, più spesso che una sconfitta da parte di un nemico esterno: una lezione valida anche per la Russia e per il mondo di oggi».

Osservare la Storia

«Trent’anni dopo la fine dell’Urss, la quotidiana lettura dei giornali induce a pensare che tutte le speranze del 1991 siano state tradite. Al Cremlino regna un autocrate che minaccia di trasformarsi in presidente a vita: Vladimir Putin. I giudici obbediscono al potere politico. I media che contano, in primo luogo la televisione, hanno la museruola. I dissidenti vengono incarcerati o assassinati: in patria e perfino all’estero, usando spregiudicatamente, per ucciderli, armi chimiche o batteriologiche come il polonio radioattivo e il gas nervino, ovvero armi di distruzione di massa. Sofisticate interferenze digitali, condotte da squadre di hacker al soldo dei servizi segreti, manipolano elezioni e referendum in mezzo mondo per favorire gli obiettivi russi. L’opinione dominante è che nella Mosca del 2021 non ci sia né libertà né democrazia». – da “La fine dell’Impero” (Baldini+Castoldi). Enrico Franceschini: «Ritrovarmi testimone del crollo dell’Urss è stato indubbiamente il periodo più emozionante e straordinario della mia carriera di giornalista, come corrispondente estero per trentacinque anni – e sono stato quasi dovunque, dall’America al Medioriente, dall’Europa all’Asia – ho seguito le elezioni presidenziali americane, olimpiadi, colpi di Stato, terremoti, ho intervistato attrici di Hollywood, dittatori, ho scritto sull’Intifada palestinese, sulla Guerra del Golfo, sulla Brexit, ho perfino cenato con la regina Elisabetta a Buckingham Palace, ma niente è paragonabile al mio primo anno in Russia. I giornalisti devono raccontare la cronaca e anche questo è importante, anzi è necessario, ma ogni tanto, raramente, diventano testimoni della storia con la maiuscola, come è capitato a me in quei giorni quando ho intervistato Gorbaciov al Cremlino, ventiquattr’ore dopo le sue dimissioni da presidente sovietico, poche ore dopo che la bandiera rossa era stata ammainata sulla cupola dell’ex fortezza zarista che gli faceva da ufficio. Per questo, rileggere gli articoli che ho raccolto nel libro “La fine dell’Impero” mi dà ancora oggi una grande emozione e spero che emozioni anche i lettori».

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